È noto che, in occasione del 150mo anniversario della dichiarazione di san Giuseppe quale patrono della Chiesa universale, il Papa ha indetto uno speciale «Anno di San Giuseppe», durante il quale - come si legge nel Decreto della Penitenzieria Apostolica, col quale si concede il dono di speciali Indulgenze - «ogni fedele sul suo esempio possa rafforzare quotidianamente la propria vita di fede nel pieno compimento della volontà di Dio». Per guidare e accompagnare la nostra riflessione, Francesco ha pubblicato una lettera apostolica nella quale di san Giuseppe ha inteso illustrare un particolare aspetto: quello della paternità. La lettera ha, per questo, come titolo: Patris corde che, secondo una consolidata prassi, è l'espressione con la quale si apre il documento: «Con cuore di padre: così Giuseppe ha amato Gesù, chiamato in tutti e quattro i Vangeli "il figlio di Giuseppe"». Opportuna, dunque, l'iniziativa di ripubblicare un ampio testo del Servo di Dio Antonio Bello nel quale la figura di san Giuseppe è un po' il filo conduttore. Si tratta dell'intervento che egli fece ad Assisi in occasione del 42° Convegno Giovanile che si svolse dal 27 al 31 dicembre 1987 presso la Cittadella di Assisi sul tema: "Catturati dall'effimero?" Questo spiega il sottotitolo della conferenza ora di nuovo pubblicata: "Nella società dell'usa e getta", che fa da sfondo all'esposizione e, in qualche maniera, ne guida la stesura. (Dalla prefazione del Card. Marcello Semeraro) "La carezza di Dio" di don Tonino Bello in una nuova edizione, co-edita con Luce e vita, pubblicata in occasione dell'"Anno di San Giuseppe" indetto da Papa Francesco, con prefazione del Card. Marcello Semeraro e introduzione di Mons. Domenico Cornacchia.
"La politica è anzitutto arte. Il che significa che chi la pratica deve essere un artista. Un uomo di genio. Una persona di fantasia. Disposta sempre meno alle costrizioni della logica di partito e sempre più all'invenzione creativa che gli viene chiesta dalla irripetibilità della persona. La politica è, poi, arte nobile. Nobile perché legata al mistico rigore di alte idealità. Nobile, perché emergente di incoercibili esigenze di progresso, di pace, di libertà. Nobile, perché ha come fine il riconoscimento della dignità della persona umana, nella sua dimensione individuale e comunitaria."
“C’è, nella storia, una continuità secondo ragione, che è il futurum. È la continuità di ciò che si incastra armonicamente, secondo la logica del prima e del dopo. Secondo le categorie di causa ed effetto. Secondo gli schemi dei bilanci, in cui, alle voci in uscita, si cercano i riscontri corrispondenti nelle voci in entrata: finché tutto non quadra.
E c’è una continuità secondo lo Spirito, che è l’adventus.
È il totalmente nuovo, il futuro che viene come mutamento imprevedibile, il sopraggiungere gaudioso e repentino di ciò che non si aveva neppure il coraggio di attendere.
In un canto che viene eseguito nelle nostre chiese e che è tratto dai salmi si dice: “Grandi cose ha fatto il Signore per noi: ha fatto germogliare i fiori tra le rocce!”. Ecco, adventus è questo germogliare dei fiori carichi di rugiada tra le rocce del deserto battute dal sole meridiano.
Promuovere l’avvento, allora, è optare per l’inedito, accogliere la diversità come gemma di un fiore nuovo, come primizia di un tempo nuovo. Cantare, accennandolo appena, il ritornello di una canzone che non è stata ancora scritta, ma che si sa rimarrà per sempre in testa all’hit parade della storia”.
"Perché un'idea possa camminare deve entrare nella struttura. Però a un certo momento deve anche trascendere la struttura e uscirne, altrimenti si assolutizza la struttura. Questa è portata per natura stessa ad autoconservarsi; le lotte più feroci le fanno tante persone di potere non per raggiungere il potere ma per conservarlo. La conservazione del potere provoca più sangue di quanto non comporti la conquista del potere. Bisogna costantemente avere questa capacità critica per sapersi estraniare dalla struttura, per saperne uscire."
C’è nella storia una continuità secondo ragione, che è il futurum. È la continuità di ciò che si incastra armonicamente, secondo la logica del prima e del dopo. Secondo le categorie di causa ed effetto. Secondo gli schemi dei bilanci, in cui, alle voci in uscita, si cercano i riscontri corrispondenti nelle voci in entrata: finchè tutto non quadra. E c’è una continuità secondo lo Spirito, che è l’adventus. È il totalmente nuovo, il futuro che viene come mutamento imprevedibile, il sopraggiungere gaudioso e repentino di ciò che non si aveva neppure il coraggio di attendere. Dio si manifesta attraverso i processi della discontinuità, che è una continuità secondo lo Spirito, il quale soffia dove e come crede, quasi mai secondo logica. Il futuro non viene pensato da Dio come continuità rispetto al presente. Non c’è fedeltà ai suoi progetti che non richieda strappi. Non c'è fede che non postuli la disponibilità a mutare radicalmente i piani dell'esistere. Non c’è Chiesa che possa trincerarsi nell’esigenza di essere eguale a ieri per salvaguardare la propria identità.
Fino a quando nelle nostre città la costruzione del regno non sarà organizzata dagli amici del cambio, dagli appassionati della rivolta, dai poveri che si ribellano, dai condannati alle piccole croci quotidiane, da chi vi rimane schiacciato sotto, da chi è ingiustamente spogliato di tutto come Cristo, da chi viene abbeverato con l'aceto e il fiele di una vita insostenibile, avremo sempre aurore senza mattino. E i macigni continueranno a ostruire i nostri sepolcri, lasciandoci privi di una memoria spiritualmente eversiva. Queste pagine sono dedicate a loro, pietre scartate dai costruttori che fanno le sorti della Storia. Il loro anelito di vita muta in serbatoio di speranze questa allucinante vallata di tombe che è la terra.
Don Tonino aveva di certo intuito che la dignità non è questione di riconoscimento dell'altro. Così come è. Vale per le donne, ma non solo per loro.
Non vorremo però anche noi, come lui scrive a Myriam, essere accusati “di aver fornito imprudentemente ai circoli femministi pericolosi argomenti biblici, strumentalizzabili per le loro rivendicazioni”. Ma vorremmo che queste pagine fossero usate, e le donne soprattutto le usassero, per fare battaglie per riconoscere la dignità a ognuno e ovunque. Al di là delle quote e delle appartenenze. Perché la salvezza è universale: la facciamo tutti ed è un diritto di tutti
"E alla cultura della musica e dell'arte, è possibile far intendere che lo struggente, insoddisfatto, bisogno di comunione, inscritto nei ritornelli delle canzoni o nei cromatismi di una tela, è il sacramento dell'inquietudine che può placarsi solo in te, Signore?
E nella cultura degli Islamici che ci passano vicino, o dei viandanti Indù, approdati da sponde lontane, sarà mai possibile trovare feritoie per il passaggio delle tue verità?" (da Preghiera a Cristo di don Tonino Bello)
"Questa messa laica e sparsa segue le indicazioni desunte nelle numerose riflessioni elaborate dalla stesso do Tonino sulla liturgia eucaristica. Una chiave per me utile è stata l'idea, più volte sostenuta dal vescovo di Molfetta, che La messa dovrebbe metterci in crisi ogni volta e che ci dovrebbe scaraventare fuori, allontanarci dalla ripetizione del già visto per orientarci verso l'inedito. Perchè, come scriveva don Tonino, La pace è finita, andate a messa. Chè se vai a messa è finita la tua pace." Michele Lobaccaro
"Efeso è ancora addormentata.
Ma laggiù, il tempio di Artemide, nelle sue cento colonne di marmo, scintilla ai primissimi chiarori dell'alba.
L'Oriente si tinge di santità.
E nel cielo, di un bianco battesimale, sotto le Pleiadi, è spuntata la stella del mattino.
Buona giornata, Maria!"
"Queste pagine, che non derivano da una elaborazione autonoma e soggettiva, ma da una sorta di scrittura collettiva, sono preziosa indicazione di una strada cje potrebbe far crescere le nostre comunità verso una vera maturità di fede e verso una dignità di autentica partecipazione.
Sono pure avvertimento ad evitare il rischio di teorizzare senza condividere ed esortazione pacata, ma decisa, a credere che il Signore dona lo Spirito senza misura.
Questo libro mostrerà, a chiunque lo legga con attenzione, che il vescovo Antonio Bello era davvero, come è stato scritto da lui, 'un utopista illuminato con i piedi per terra'".
Card. Silvano Piovanelli
"Più che dissipare l'ombra di Caino, dobbiamo accoglierla. Perchè ci talloni in termini critici.
Si dice: "non voglio neanche vedere l'ombra di te" quando uno ci sta sullo stomaco. Invece noi l'ombra di Caino non dobbiamo scrollarcela di dosso, ma dobbiamo accoglierla e dissipare, semmai, lo spirito di Caino che è in noi."
Il rapporto con l'altro, con il diverso, con coloro cioè che non erano riducibili alla sua norma, il Signore l'ha sfuggito o l'ha cercato?
L'ha dribblato o l'ha provocato?
L'ha temuto o l'ha desiderato?
E quando è avvenuto il confronto con l'altro, Gesù ne ha rispettata l'identità o l'ha violentata?
Nelle sue relazioni umane con il diverso, prevale in Gesù il "riconoscimento dell'alterità" o la "smania dell'omologazione"?