Cosa significa "sentirsi" italiani? È la cittadinanza a determinare il vissuto rispetto alla propria identità?, o il sentirsi parte di una comunità? va oltre il possesso di un documento che certifichi i diritti in quanto cittadini di una nazione? In un'Italia sempre più multiculturale e globale si fanno sempre più forti le riflessioni sul multiculturalismo e sulla convivenza in contesti caratterizzati dalla compresenza di più culture. L'identità? di ognuno di noi non è solo culturale, ma sempre multi-culturale, in quanto influenzata e contaminata dalle altre identità? culturali con cui si viene in contatto. L'identità? è ciò che ci distingue dagli altri, ma è anche ciò che ci fa sentire parte di una collettività?. Ha a che fare con le percezioni, con le auto rappresentazioni di sé e con i sentimenti associati alla partecipazione ai riti, alle tradizioni e alle interazioni in specifici contesti e situazioni culturali. "Cittadini globali" propone percorsi di formazione che consentono l'empowerment di persone con background migratorio e la facilitazione di processi di inclusione in una società sempre più multiculturale. Un viaggio per acquisire quelle competenze necessarie per vivere oggi nelle nostre società. Un percorso di formazione che può renderci più competenti nell'entrare in contatto con gli altri. Cittadini globali rappresenta l'opportunità di un viaggio, per imparare a conoscere, rispettare e apprendere dalla cultura delle altre persone rafforzando la propria identità (multi)culturale e la propria cittadinanza globale; ma anche per focalizzare ed impegnarsi, in modo sostenibile, nello sviluppo di progetti personali, professionali e verso la comunità, a livello locale e/o globale.
Il bambino si sviluppa attraverso l'esperire. La consapevolezza di sé infatti è così strettamente legata al fare esperienza che non può esistere l'una senza l'altra e viceversa. Allo stesso modo, via via che in terapia il bambino sperimenta i suoi sensi, il suo corpo, le sue emozioni e il modo in cui può usare l'intelletto, riacquista una sana posizione verso la vita. Amare i bambini, stabilire con loro un rapporto di accettazione di fiducia, conoscere qualcosa del loro sviluppo, di come crescono e apprendono, comprendere i contenuti importanti che corrispondono a particolari livelli di età, sono i presupposti di base necessari per chiunque lavori con i bambini. Le innumerevoli tecniche di psicoterapia con bambini e adolescenti descritte dall'autrice in queste pagine servono a dare al bambino esperienze sensoriali, corporee, emozionali, intellettive e verbali e aprono all'immaginazione dell'adulto (sia esso psicoterapeuta, insegnante, educatore o semplicemente genitore) un'infinita gamma di possibilità creative per comprendere i bambini e aiutarli a superare le loro difficoltà. L'obiettivo di questo approccio nella psicoterapia è quello di aiutare il bambino a prendere consapevolezza di se stesso e della sua esistenza nel suo mondo. Ogni terapeuta troverà il proprio modo di raggiungere quel delicato equilibrio esistente fra il dirigere e guidare la seduta da una parte e, dall'altra, seguire le direttive del bambino. Chi lavora con i bambini utilizza molte tecniche creative, espressive e di gioco, ma talvolta questo lavoro viene mal compreso e visto come un "solo giocare", e invece rappresenta la principale forma di contatto possibile tra l'adulto e il bambino. Un libro realistico, facile, pratico, che può diventare una finestra aperta sul bambino che è in voi e con voi.
L'immagine di un Papa che, vescovo di Roma, voglia essere il parroco di una comunità è sintomatica della portata riformistica della proposta di conversione ecclesiastica sognata da Bergoglio. Sembra che ci si trovi di fronte a un carrierismo alla rovescia: piuttosto che aspirare a dominare, bisogna farsi servitori; piuttosto aspirare a essere primi, bisogna correre a essere ultimi, sull'esempio di Cristo. È una rivoluzione totale. Queste pagine accompagnano il lettore in un viaggio nel pontificato di papa Francesco, un condensato alchemico di quello che, in questi otto anni, ha offerto al mondo intero attraverso il suo specifico servizio alla Chiesa: profezia, sogno, utopia. Prefazione MichaelDavide Semeraro.
È noto che, in occasione del 150mo anniversario della dichiarazione di san Giuseppe quale patrono della Chiesa universale, il Papa ha indetto uno speciale «Anno di San Giuseppe», durante il quale - come si legge nel Decreto della Penitenzieria Apostolica, col quale si concede il dono di speciali Indulgenze - «ogni fedele sul suo esempio possa rafforzare quotidianamente la propria vita di fede nel pieno compimento della volontà di Dio». Per guidare e accompagnare la nostra riflessione, Francesco ha pubblicato una lettera apostolica nella quale di san Giuseppe ha inteso illustrare un particolare aspetto: quello della paternità. La lettera ha, per questo, come titolo: Patris corde che, secondo una consolidata prassi, è l'espressione con la quale si apre il documento: «Con cuore di padre: così Giuseppe ha amato Gesù, chiamato in tutti e quattro i Vangeli "il figlio di Giuseppe"». Opportuna, dunque, l'iniziativa di ripubblicare un ampio testo del Servo di Dio Antonio Bello nel quale la figura di san Giuseppe è un po' il filo conduttore. Si tratta dell'intervento che egli fece ad Assisi in occasione del 42° Convegno Giovanile che si svolse dal 27 al 31 dicembre 1987 presso la Cittadella di Assisi sul tema: "Catturati dall'effimero?" Questo spiega il sottotitolo della conferenza ora di nuovo pubblicata: "Nella società dell'usa e getta", che fa da sfondo all'esposizione e, in qualche maniera, ne guida la stesura. (Dalla prefazione del Card. Marcello Semeraro) "La carezza di Dio" di don Tonino Bello in una nuova edizione, co-edita con Luce e vita, pubblicata in occasione dell'"Anno di San Giuseppe" indetto da Papa Francesco, con prefazione del Card. Marcello Semeraro e introduzione di Mons. Domenico Cornacchia.
Dopo "Il mio Afghanistan", Gholam Najafi torna nella sua terra d'origine attraverso 16 racconti: storie di donne, di infanzie, di amicizie, di difficoltà e di piccole gioie che, come fili intessuti, tracciano la trama dell'Afghanistan, "terra aspra e un non sempre morbido tappeto", come scrive Giampiero Bellingeri nell'introduzione. Storie che sono testimonianza di un legame ancora forte dell'autore con la sua terra e con il distendersi dei suoi ricordi. Introduzione di Giampiero Bellingeri.
"Per essere educatori c'è bisogno di fare un passaggio molto intimo, personale, umanizzante, che non ha a che fare con le capacità organizzative, ma con la capacità di guardarsi e di scoprire che in ognuno di noi, nella nostra vita più intima e profonda, non siamo degli angeli caduti magari per sbaglio sulla Terra: per "annunciare a tutti la Salvezza" dobbiamo imparare a guardare che anche in noi c'è qualcosa che andrebbe "evangelizzato" ancora, di nuovo, forse per la prima volta. Questo è un libro tenero e allo stesso tempo molto duro. È un libro che potrà accompagnare ogni giovane o ogni adulto che sentirà dentro la voglia di donarsi per annunciare la bellezza della proposta del Vangelo. Questo libro aiuta a guardarsi dentro, a essere speleologi della più profonda vita e a considerare con delicatezza le cose (anche nostre) più strambe per provare ad abbracciarle. E poi... non lasciarle."
174 517 Quel numero di matricola impresso sulla pelle, tatuato sul braccio sinistro del prigioniero, è carico di valenza simbolica; è il segno indelebile che marchia il deportato e annienta la sua persona. 174 è il numero del vagone su cui aveva viaggiato, la seconda parte è il numero progressivo delle persone trasportate. Primo Levi era il cinquecento diciassettesimo uomo che scendeva dal treno quel giorno. Era il 26 febbraio 1944, quando varcava la porta di un inferno inimmaginabile.