“C’è, nella storia, una continuità secondo ragione, che è il futurum. È la continuità di ciò che si incastra armonicamente, secondo la logica del prima e del dopo. Secondo le categorie di causa ed effetto. Secondo gli schemi dei bilanci, in cui, alle voci in uscita, si cercano i riscontri corrispondenti nelle voci in entrata: finché tutto non quadra.
E c’è una continuità secondo lo Spirito, che è l’adventus.
È il totalmente nuovo, il futuro che viene come mutamento imprevedibile, il sopraggiungere gaudioso e repentino di ciò che non si aveva neppure il coraggio di attendere.
In un canto che viene eseguito nelle nostre chiese e che è tratto dai salmi si dice: “Grandi cose ha fatto il Signore per noi: ha fatto germogliare i fiori tra le rocce!”. Ecco, adventus è questo germogliare dei fiori carichi di rugiada tra le rocce del deserto battute dal sole meridiano.
Promuovere l’avvento, allora, è optare per l’inedito, accogliere la diversità come gemma di un fiore nuovo, come primizia di un tempo nuovo. Cantare, accennandolo appena, il ritornello di una canzone che non è stata ancora scritta, ma che si sa rimarrà per sempre in testa all’hit parade della storia”.
Ogni viandante ha bisogno di una guida che lo indirizzi sulla strada: don Tonino può esserlo oggi in maniera ancora molto attuale, per la sua capacità di accorgersi delle deviazioni inopportune, di evidenziarle come tali e di saper proporre un’alternativa più ricca di senso. Per questo motivo, specie per chi muove i primi passi del proprio cammino, potrebbe essere utile portare in bisaccia un po’ dell’esperienza di questo prete pugliese.
Don Tonino (così amava firmarsi e così tutti affettuosamente chiamavano mons. Tonino Bello) nacque ad Alessano (Lecce) nel 1935. Ordinato sacerdote nel 1957, fu educatore in seminario e parroco. Nel 1982 divenne vescovo di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi. Costruttore infaticabile di pace e di dialogo, dal 1985 presidente nazionale del movimento Pax Christi, fu pastore mite e difensore dei poveri, degli immigrati e degli ultimi che ospitò anche a casa sua. Colpito da un male incurabile, visse il suo calvario facendone un “luminoso poema”. Morì il 20 aprile 1993. Scrittore ispirato e profeta della speranza, si è imposto all’attenzione del pubblico per la profondità del suo messaggio e la freschezza del suo stile. La pubblicazione delle sue opere è stata possibile grazie all’accurato lavoro della Fondazione Don Tonino Bello in collaborazione con le Edizioni San Paolo.
"Perché un'idea possa camminare deve entrare nella struttura. Però a un certo momento deve anche trascendere la struttura e uscirne, altrimenti si assolutizza la struttura. Questa è portata per natura stessa ad autoconservarsi; le lotte più feroci le fanno tante persone di potere non per raggiungere il potere ma per conservarlo. La conservazione del potere provoca più sangue di quanto non comporti la conquista del potere. Bisogna costantemente avere questa capacità critica per sapersi estraniare dalla struttura, per saperne uscire."
Contenuto
Via Crucis che don Tonino Bello ha offerto al Signore e alla Madre di Cristo nell’aprile 1993, a pochi giorni dalla morte. È la sua Via Crucis, proposta semplicemente a braccio nel momento supremo, come preghiera spontanea. Un inedito elargito dal fratello Marcello Bello perché non vada smarrito e ritorni efficace.
Destinatari
Comunità e devoti.
Autore
DON TONINO BELLO (Alessano 1935 - Molfetta 1993), dal 1982 vescovo di Molfetta, dal 1985 presidente della sezione italiana del movimento internazionale «Pax Christi», intriso di spiritualità francescana, ha indicato con la parola, con lo scritto e la testimonianza un sentiero di autentico rinnovamento della vita cristiana aperto alle sfide del terzo millennio. Testimone di Cristo nel tempo. Amante dei poveri e della povertà. Campione del dialogo e infaticabile costruttore di pace. Cantore della bellezza nella molteplicità delle sue espressioni.
Al vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca viene recapitata una "lettera aperta". Lo scritto è di don Tonino Bello. Narra il "suo" itinerario di fede: dalla famiglia al sacerdozio, all'episcopato... la sequela di Cristo, il servizio alla Chiesa e al mondo, la scelta della povertà e dei poveri... il desiderio grande di continuare a contagiare il mondo con dinamismi di amore. E invita a sostare sulla tomba in Alessano, dove non ci sono i resti mortali ma i semi di cieli nuovi e terre nuove.
C’è nella storia una continuità secondo ragione, che è il futurum. È la continuità di ciò che si incastra armonicamente, secondo la logica del prima e del dopo. Secondo le categorie di causa ed effetto. Secondo gli schemi dei bilanci, in cui, alle voci in uscita, si cercano i riscontri corrispondenti nelle voci in entrata: finchè tutto non quadra. E c’è una continuità secondo lo Spirito, che è l’adventus. È il totalmente nuovo, il futuro che viene come mutamento imprevedibile, il sopraggiungere gaudioso e repentino di ciò che non si aveva neppure il coraggio di attendere. Dio si manifesta attraverso i processi della discontinuità, che è una continuità secondo lo Spirito, il quale soffia dove e come crede, quasi mai secondo logica. Il futuro non viene pensato da Dio come continuità rispetto al presente. Non c’è fedeltà ai suoi progetti che non richieda strappi. Non c'è fede che non postuli la disponibilità a mutare radicalmente i piani dell'esistere. Non c’è Chiesa che possa trincerarsi nell’esigenza di essere eguale a ieri per salvaguardare la propria identità.
Fino a quando nelle nostre città la costruzione del regno non sarà organizzata dagli amici del cambio, dagli appassionati della rivolta, dai poveri che si ribellano, dai condannati alle piccole croci quotidiane, da chi vi rimane schiacciato sotto, da chi è ingiustamente spogliato di tutto come Cristo, da chi viene abbeverato con l'aceto e il fiele di una vita insostenibile, avremo sempre aurore senza mattino. E i macigni continueranno a ostruire i nostri sepolcri, lasciandoci privi di una memoria spiritualmente eversiva. Queste pagine sono dedicate a loro, pietre scartate dai costruttori che fanno le sorti della Storia. Il loro anelito di vita muta in serbatoio di speranze questa allucinante vallata di tombe che è la terra.
Don Tonino aveva di certo intuito che la dignità non è questione di riconoscimento dell'altro. Così come è. Vale per le donne, ma non solo per loro.
Non vorremo però anche noi, come lui scrive a Myriam, essere accusati “di aver fornito imprudentemente ai circoli femministi pericolosi argomenti biblici, strumentalizzabili per le loro rivendicazioni”. Ma vorremmo che queste pagine fossero usate, e le donne soprattutto le usassero, per fare battaglie per riconoscere la dignità a ognuno e ovunque. Al di là delle quote e delle appartenenze. Perché la salvezza è universale: la facciamo tutti ed è un diritto di tutti
Questa Via Crucis, don Tonino Bello l'ha offerta al Signore e alla Madre di Cristo nell'aprile 1993, a pochi giorni dalla sua morte. È la sua Via Crucis, proposta semplicemente a braccio nel momento supremo come preghiera spontanea. Un inedito, elargito dal fratello Marcello Bello, perché non vada smarrito e ritorni efficace
"E alla cultura della musica e dell'arte, è possibile far intendere che lo struggente, insoddisfatto, bisogno di comunione, inscritto nei ritornelli delle canzoni o nei cromatismi di una tela, è il sacramento dell'inquietudine che può placarsi solo in te, Signore?
E nella cultura degli Islamici che ci passano vicino, o dei viandanti Indù, approdati da sponde lontane, sarà mai possibile trovare feritoie per il passaggio delle tue verità?" (da Preghiera a Cristo di don Tonino Bello)
"Questa messa laica e sparsa segue le indicazioni desunte nelle numerose riflessioni elaborate dalla stesso do Tonino sulla liturgia eucaristica. Una chiave per me utile è stata l'idea, più volte sostenuta dal vescovo di Molfetta, che La messa dovrebbe metterci in crisi ogni volta e che ci dovrebbe scaraventare fuori, allontanarci dalla ripetizione del già visto per orientarci verso l'inedito. Perchè, come scriveva don Tonino, La pace è finita, andate a messa. Chè se vai a messa è finita la tua pace." Michele Lobaccaro
"Efeso è ancora addormentata.
Ma laggiù, il tempio di Artemide, nelle sue cento colonne di marmo, scintilla ai primissimi chiarori dell'alba.
L'Oriente si tinge di santità.
E nel cielo, di un bianco battesimale, sotto le Pleiadi, è spuntata la stella del mattino.
Buona giornata, Maria!"
"Queste pagine, che non derivano da una elaborazione autonoma e soggettiva, ma da una sorta di scrittura collettiva, sono preziosa indicazione di una strada cje potrebbe far crescere le nostre comunità verso una vera maturità di fede e verso una dignità di autentica partecipazione.
Sono pure avvertimento ad evitare il rischio di teorizzare senza condividere ed esortazione pacata, ma decisa, a credere che il Signore dona lo Spirito senza misura.
Questo libro mostrerà, a chiunque lo legga con attenzione, che il vescovo Antonio Bello era davvero, come è stato scritto da lui, 'un utopista illuminato con i piedi per terra'".
Card. Silvano Piovanelli