Aiuto contabile in un'azienda diretta da una macchina, l'anonimo protagonista di questo racconto decide di godere in riva al mare le tre impreviste giornate di ferie che la macchina gli ha concesso. E così che comincia il suo viaggio attraverso una città altrettanto anonima, che però non tarda a rivelarsi come sterminata - non una ma nove città, come quelle che Schliemann dovette riesumare prima di approdare alle vestigia di Troia -, mentre intanto prendono corpo le sue fantasticherie su come far guadagnare tempo e spazio all'umanità. Il "Racconto delle nove città" (il cui titolo originale è letteralmente "In memoria di Schliemann") era il racconto prediletto di Nina Berberova, il più moderno secondo una scrittrice che considerava fondamentale l'essere interpreti del proprio tempo. Si tratta di un racconto anti-utopico, ambientato in un futuro 1984 che vuole essere un esplicito omaggio a Orwell; un racconto molto diverso da quelli del periodo in cui la Berberova viveva in Francia, dopo l'esilio dalla Russia natale. Qui non si ritrovano né emigrati russi né ricordi della Russia perduta, e anche i temi più consueti della scrittrice - lo sradicamento dei personaggi, la loro solitudine, lo stesso tema dell'esilio - ritornano sì in questa narrazione, ma spogliati ormai da ogni connotazione realistica.
Dopo le poesie scritte negli anni dal 1921 al 1933, raccolte in volume in questa stessa collana, con questo secondo volume si completa l'Antologia personale di Nina Berberova (San Pietroburgo 1901 - Philadelphia 1993), famosa in tutto il mondo come narratrice e saggista, ma la cui produzione poetica è stata per lungo tempo ignorata. La sua poesia è invece di alta qualità, e forse è rimasta così a lungo sconosciuta anche perché è stato solo dopo il grande e forse ormai insperato successo ottenuto negli ultimi anni di vita che la scrittrice russa ha deciso di raccogliere ciò che considerava il meglio della sua produzione poetica, in vista di una pubblicazione, in lingua russa, apparsa negli Stati Uniti nel 1984.
Narratrice famosa in tutto il mondo, e molto amata anche nel nostro paese, Nina Berberova (San Pietroburgo 1901 - Philadelphia 1993) esordì come poeta giovanissima, quando ancora viveva in Russia. Emigrata prima a Berlino nel 1922, poi a Parigi nel 1923 insieme a Vladislav Chodasevic - uno dei maggiori poeti russi del Novecento - continuò a coltivare la poesia, pubblicando però quasi esclusivamente saggi, romanzi e racconti. Solo ottantenne, dopo i riconoscimenti ottenuti dal volume di memorie "Il corsivo è mio", Nina Berberova decise di raccogliere in volume una scelta delle sue liriche composte fra il 1921 e il 1983, molte inedite, altre apparse nelle riviste russe dell'emigrazione tra gli anni Venti e i Sessanta.
Apparso in russo a puntate nel 1930 sulla rivista "Annali contemporanei", "Gli ultimi e i primi" è il romanzo d'esordio di Nina Berberova. Il romanzo, benché opera prima, ha però un suo fascino tutto particolare, a cominciare dai protagonisti - russi immigrati in Provenza all'indomani della Rivoluzione d'Ottobre - gli "ultimi" di un mondo che non vuole morire e i "primi" di un'epoca ancora da scrivere.
Scritta nel 1937, questa biografia di Borodin appartiene cronologicamente all'epoca dei romanzi brevi che hanno consacrato internazionalmente la gloria letteraria di Nina Berberova, nata a San Pietroburgo nel 1901 ma solo pochi anni prima della morte, avvenuta a Filadelfia nel 1993, arrivata all'attenzione dei lettori di tutto il mondo. Come dichiara l'autrice stessa nella nota iniziale, nulla in questa biografia è inventato. E tuttavia la vita del musicista vi è qui raccontata nello stesso stile, con la stessa concisione, la stessa agilità narrativa che abbiamo potuto ammirare in opere come "Il lacchè e la puttana" e "L'accompagnatrice".
Questo testo del 1965 rappresenta l'omaggio critico che Nina Berberova ha voluto dedicare ad uno dei grandi maestri del Novecento, Vladimir Nabokov, russo come lei e, come lei, forzatamente cosmopolita (entrambi furono costretti infatti a lasciare la propria patria a causa degli avvenimenti successivi alla Rivoluzione d'Ottobre). E proprio il rapporto di Nabokov con la sua terra d'origine è uno degli aspetti su cui si sofferma la Berberova nel suo saggio, anche in relazione al fatto che in inglese e non in russo era stato scritto Lolita, il grande romanzo che, uscito per la prima volta a Parigi nel 1955 e a distanza di pochi anni tradotto ormai in tutto il mondo, ancora non aveva potuto oltrepassare le maglie della censura sovietica.