"Sono convinto che i libri di memorie dovrebbero essere pubblicati postumi: sarebbe la garanzia dell'autenticità dei sentimenti." Così scrisse Enzo Biagi un giorno di gennaio del 2000, due anni prima dell'"editto bulgaro" che portò alla sua cacciata dalla Rai. E in effetti quello dell'autenticità, dell'aderenza alla realtà, della volontà di rappresentare fatti e persone come cronista il cui unico padrone è il pubblico, è il filo lungo cui si dipana la sua intera esistenza, senza mai deviare. Dalla nascita in un paesino dell'Emilia, agli studi, all'incontro con la moglie Lucia, all'esperienza partigiana, fino alle spesso tumultuose tappe della sua lunga carriera di giornalista - con la caratteristica di non durare molto sulle poltrone scomode, avversato dal politico di turno -, Enzo Biagi ha attraversato con grazia e coerenza l'Italia del Novecento raccontando dalla sua "finestra" i fatti come si presentavano: la guerra, il boom economico, il Sessantotto, il tempo delle stragi e la P2, fino al berlusconismo di un'Italia ormai al crepuscolo.In questo libro che ben si può definire una auto-biografia postuma, lui stesso, con le sue parole ferme e il suo stile pacato inconfondibile, ci accompagna oggi nuovamente attraverso quell'Italia che forse stiamo dimenticando ma che - nel bene e nel male - non possiamo ancora lasciarci alle spalle. Abitata di personaggi straordinari - Fellini e Berlinguer, Mondadori e Rizzoli, Pertini e Ciampi e molti altri - che hanno segnato la vita di un cronista che "ha sempre cercato di dire quotidianamente un po' di verità in più".
Una cosa è certa: viviamo in un Paese da sempre abituato agli eccessi. Alle nostre spalle abbiamo una Storia millenaria, fatta di personaggi geniali e sregolati, crudeli e compassionevoli, candidi e loschi. A quanto pare le vie di mezzo non ci sono mai riuscite bene. E anche il nostro presente ci ha abituati a ogni tipo di esagerazione: dalla Tv che ha fatto a pezzi la privacy a una politica che ha fatto del vizio privato una pubblica virtù. E forse questa tradizione di eccessi, nel bene e nel male, ci ha disabituati a un concetto molto semplice e forse proprio per questo difficile da afferrare: la normalità. Quella cosa per cui un treno arrivato in orario non è un evento da festeggiare, quel principio in base al quale un lavoro sicuro e giustamente retribuito non è un obiettivo irrealizzabile, quella abitudine a vedere in chi è diverso da noi un compagno di strada e non una minaccia. In queste pagine Biagi delinea il profilo di un’Italia inconsueta eppure così facile da immaginare, un’Italia che sa stare composta non solo a tavola, ma anche nella vita di ogni giorno. E lo fa citando esempi concreti di oggi e di ieri, come i tanti eroi senza nome che sotto i nostri occhi spesso indifferenti salvano vite umane (o le rallegrano) o i nomi illustri che nel tempo ci hanno insegnato a essere persone migliori. Con la consueta semplicità che l’ha reso celebre, Biagi ci spiega cosa dovremmo fare per guadagnarci quello che ci meritiamo: un Paese normale.
Enzo Biagi, giornalista e scrittore. Tra le sue opere, tradotte in tutti i principali Paesi del mondo, ricordiamo: Un anno una vita, La disfatta, “I” come italiani, L’albero dai fi ori bianchi, Il fatto, Lunga è la notte, Quante donne, La bella vita, Sogni perduti, Scusate, dimenticavo, Ma che tempi, Cara Italia, Racconto di un secolo, Odore di cipria, Come si dice amore, Giro del mondo, Dizionario del Novecento, Un giorno ancora, Addio a questi mondi, Cose loro & fatti nostri, Il Signor Fiat (nuova edizione 2003), La mia America, Lettera d’amore a una ragazza di una volta, L’Italia domanda (con qualche risposta), e insieme a Loris Mazzetti, Era ieri, Quello che non si doveva dire, Io c’ero e I quattordici mesi.
Salvatore Giannella, giornalista, ha diretto “Genius”, “L’Europeo”, “Airone” e ha curato le pagine di cultura di “Oggi” (2000-2007). Ha scritto libri e sceneggiato documentari per La Storia siamo noi.
A cura di Loris Mazzetti
Disse Otello: “Abbiamo imparato a uccidere, siamo anche
capaci di essere crudeli. Mi pare impossibile che adesso uno
si svegli e vada a lavorare, che a mezzogiorno si mangi,
che la sera si chiuda la porta, poi a dormire”.
“Si è combattuto” dissi “soprattutto per questo.”
Il giovane Enzo era fresco di matrimonio quando, come molti suoi coetanei d’allora, si trovò davanti a un bivio. Siamo all’inizio del 1944 e in Italia, per un ventenne come Biagi, è l’ora delle scelte radicali: da una parte l’adesione alla Repubblica sociale nell’ora più buia del fascismo, dall’altra la scelta fuorilegge di andare in montagna e unirsi ai partigiani.
Una mattina Enzo scelse la sua strada e pedalò verso i boschi d’intorno, fissando il cielo primaverile. Guardava le nuvole cambiar forma e ancora non sapeva che quel viaggio in bicicletta lo avrebbe portato a essere l’uomo che sarebbe diventato. Qualche ora dopo, Biagi si univa a una compagnia di perfetti sconosciuti che in poco tempo sarebbe diventata la sua seconda famiglia: la brigata partigiana di Giustizia e Libertà.
Giudicato troppo gracile per combattere, il suo comandante pensò che il partigiano Biagi avrebbe servito meglio la lotta antifascista facendo il suo mestiere: gli venne affidata infatti la stesura del giornale partigiano “Patrioti”, del quale era in pratica l’unico redattore. Del giornale uscirono tre numeri, fino a quando i nazisti non individuarono la tipografia e la distrussero.
Appena tre numeri, eppure Biagi considererà sempre quell’anno di clandestinità, quei “quattordici mesi” da partigiano, come il momento più importante della sua vita, alla base della sua etica, nel lavoro come nella vita.
Progetto sempre cullato e mai ultimato, I quattordici mesi è un libro che ripercorre l’intera opera di Biagi, raccogliendone memorie e brani d’epoca oggi introvabili. Un testo che ci riporta indietro nel tempo per raccontarci la storia di un giornalista clandestino che si rifugiò sulle montagne. Lo stesso giornalista che, un anno dopo quel fatidico viaggio in bicicletta, annuncerà alla radio della quinta armata la liberazione di Bologna.
Loris Mazzetti, nato a Bologna nel 1954, regista e giornalista, ha lavorato dieci anni a Rai1 con Enzo Biagi. Con la Bur ha pubblicato Il libro nero della Rai e La macchina delle bugie. Attualmente è capostruttura a Rai3. Insegna Teoria e tecnica del linguaggio radiotelevisivo all’Università di Modena- Reggio Emilia.
Quello che non si doveva dire è quello che Enzo Biagi non ha potuto dire in televisione negli ultimi cinque anni, da quando è stato bandito dagli schermi dopo l'"editto bulgaro" di Berlusconi. Questo libro è dunque una sorta di rivincita: un viaggio attraverso i temi dell'attualità che Biagi e Loris Mazzetti avrebbero trattato nella fortunata rubrica "Il fatto". Un incontro con i ragazzi di Locri il giorno dopo l'omicidio di Francesco Fortugno. Un'inchiesta sulla criminalità organizzata che dal Sud ha portato i suoi affari al Nord, mentre la parola "mafia" è sparita dal tavolo della politica per riapparire solo con l'arresto del boss Bernardo Provenzano. Una commossa riflessione sull'omicidio del piccolo Tommaso, ucciso da una banda di balordi e sepolto sulle rive del fiume Enza. Un itinerario nelle sofferenze dell'Africa, dalle bidonville di Nairobi ai malati di Aids, dalla schiavitù del Sudan ai bambini soldato. I massacri in Iraq: bambini, donne e uomini, vittime innocenti, i morti di Nassjiria, le due Simone, Enzo Baldoni, Giuliana Sgrena e la responsabilità della morte di Nicola Calipari. E la politica, con la sconfitta elettorale di Berlusconi e l'arrivo di Prodi a Palazzo Chigi, con un'eredità molto pesante e un paese spaccato in due. Per finire, Biagi regala ai lettori un viaggio nel suo passato, "prendendo ad esempio, per farmi capire meglio, alcune parole che nella mia vita hanno avuto un senso: coraggio, coerenza, umiltà, libertà, rispetto, giustizia, tolleranza, solidarietà".
Enzo Biagi è conosciuto soprattutto per le sue inchieste, i ritratti, gli editoriali, i libri, le trasmissioni televisive che ha ideato e realizzato. Questo libro vuole far conoscere un altro aspetto della sua attività: il dialogo con i lettori che da anni conduce sulle pagine dei giornali. Migliaia e migliaia di italiani gli hanno scritto chiedendo un parere o un consiglio sugli argomenti più diversi, dai piccoli e grandi drammi familiari agli avvenimenti della cronaca e della storia, dal mondo che cambia ai personaggi che Biagi ha incontrato nella sua carriera di cronista. A tutti egli risponde con il buon senso e la semplicità che lo hanno reso celebre, senza ricorrere alla retorica. Prima edizione Rizzoli 2004.
Wilbur Smith, John Le Carré, Jostein Gaarder, Aleksandra Marinina, Günter Grass, Luis Sepúlveda, Michael Crichton, Jean d'Ormesson, Kenzaburo Oe, Umberto Eco. Dieci tra i maggiori scrittori contemporanei parlano del loro mondo e delle loro esperienze a Enzo Biagi. L'avventura, lo spionaggio, l'apocalisse atomica, la criminalità nella nuova Russia, la contestazione, la lotta contro la tirannide di Pinochet, la ragione contro i falsi idoli di oggi.