La continuità e la discontinuità del cristianesimo con il giudaismo, con la sua fede e le sue istituzioni, agitano ogni pagina del Nuovo Testamento. E la discussione sulle radici ebraiche del cristianesimo è tornata in primo piano in seguito al ritorno alla Bibbia, alla persecuzione nazista degli Ebrei e alla conseguente vicenda palestinese. Il Vangelo di Marco contribuisce a far luce sui paradigmi del passaggio dal giudaismo al cristianesimo. L’Evangelista, nel mettere a fuoco la cifra simbolica del tempio di Gerusalemme, delineò la sua visione del rapporto tra cristianesimo e giudaismo in termini di superamento, non nella continuità ma nella rottura. Non solo e non tanto per l’inadempienza cultuale, ma per l’inadeguatezza della sua stessa natura come del suo senso, il tempio per Marco è impari alla novità evangelica, pertanto: sarà distrutto e sostituito con un altro ‘non edificato con mani d’uomo’.
In questa edizione aggiornata del libro pubblicato nel 1987, andato esaurito e dalla critica tenuto come un ‘classico’, l’Autore introduce all’esperienza della contemporaneità con le parole e i pensieri dell’Evangelista che, più degli altri, presenta la figura rivoluzionaria del Messia e propone, come fondamento della conversione alla nuova fede, il compimento dell’economia giudaica con la pienezza nella rivelazione salvifica di Gesù Cristo.
Tutto sembra obbedire a leggi che imitano l'amore umano. Su questa che sembra essere la più universale delle leggi della natura si inserisce il comando cristiano dell'amore - in latino caritas, in greco agàpe. Le pagine di questo libro passano in rassegna i più importanti testi neotestamentari che ne parlano, dicendo da dove la carità viene e dove torna, che cosa crea nelle diverse categorie di credenti, qual è il suo rapporto con la libertà e la verità. È un elogio dell'agàpe che cerca di illustrare quello che Paolo scrisse in 1Cor 13,13: "Fede, speranza e carità restano, ma più grande è la carità". L'autore è sacerdote della diocesi di Cesena-Sarsina ed è docente di Nuovo Testamento presso l'Università Urbaniana di Roma.
Il volume affronta due tra i passi più oscuri e discussi dell’epistolario paolino, divenuti problematici soprattutto da quando l’emancipazione della donna ha costretto gli esegeti a rendere ragione di una parola che sembra collocare irrimediabilmente Paolo in una posizione "antifemminista". Si tratta infatti dei brani della donna che prega e profetizza senza velo, nonché di quella cui viene chiesto di tacere nelle assemblee. Nel primo testo, tutto è di difficile comprensione: i singoli termini ed espressioni, la trafila e il collegamento dei pensieri, i dati del problema che Paolo deve affrontare, le prove che adduce, gli argomenti che elabora e la soluzione cui perviene. Nel secondo, parole ed espressioni sono sufficientemente trasparenti, ma il significato complessivo del testo viene poi interpretato dagli esegeti in maniera molto difforme. Viste tali premesse, un supplemento di indagine su questi versetti non risulta certamente superfluo, soprattutto nel tempo in cui le donne si stanno battendo per un più giusto riconoscimento del loro ruolo nella Chiesa.
Note sull’autore
Giancarlo Biguzzi, sacerdote della diocesi di Cesena-Sarsina, ha compiuto gli studi al Pontificio Istituto Biblico ed è docente di Nuovo Testamento alla Pontificia Università Urbaniana. Ha pubblicato: Io distruggerò questo tempio. Il tempio e il giudaismo nel Vangelo di Marco, Urbaniana University Press, Roma 1987, opera tradotta in spagnolo dall'editrice El Almendro nel 1992 a richiesta e cura dell'Università di Cordoba; I Settenari nella struttura dell'Apocalisse. Analisi, storia della ricerca, interpretazione, EDB, Bologna 1996; Paolo comunicatore, Paoline, Cinisello Balsamo 1999. Collabora a varie riviste, tra cui Rivista biblica, Novum Testamentum, Biblica, Estudios Bíblicos, Euntes Docete, Théotokos.