Giorgio Boatti ha percorso per diversi mesi migliaia di chilometri, facendo tappa in monasteri famosi e in dimenticate comunità spirituali. Da Montecassino a Bose, da Serra San Bruno nel cuore della Calabria a Subiaco, da Camaldoli a Viboldone, da Finalpia a Monte Oliveta Maggiore, da Noci a Porto Maurizio sino all'isola di Barbana, dai contrafforti di Chiusi della Verna sino al Goleto, sui crinali dell'lrpinia orientale: luoghi dove ha preso corpo un viaggio diventato personalissimo resoconto. Soste, incontri, vite straordinarie, esistenze minime ma ugualmente significative: "normalisti" diventati abati, laureate in medicina che hanno dismesso il camice per la tonaca, ufficiali antiguerriglia passati al servizio della Liturgia delle ore. Dal chiedere ospitalità ai monasteri, in nome del "bussate e vi sarà aperto", è scaturita l'osservazione diretta, discreta e rispettosa della vita quotidiana che vi si svolge. Davvero si può scegliere di vivere in un'essenziale povertà? Basta questo per ridare senso alle nostre giornate? Quanto possono la quiete del cuore e la pratica del silenzio contro un immaginario sempre più frastornante e invasivo? Perché la disciplina della solitudine riesce a creare legami più autentici? Sono le esperienze concrete a fornire le risposte più esaustive: vicende di uomini e donne votati alla ricerca di Dio e alla lontananza dal mondo eppure immersi nel nostro tempo. Condividono lo smarrimento di comunità frantumate.
«Ho cominciato a vedere quello che mi stava attorno e che non avevo mai guardato con attenzione: non era solamente la campagna. Erano i campi e quello che nei campi succedeva. Era la complicata faccenda, quanto mai antica e tuttavia sempre piena di novità e di imprevisti, del coltivare la terra.»
Un lungo viaggio, al passo con le stagioni: dal fondo della Calabria al triangolo del riso tra Po, Ticino e Sesia, dal distretto della fragola di Policoro alle serre di Albenga. E poi i frutti di bosco che dalle Alpi scendono alle metropoli, la sfida di un profeta con l’aratro nel cuore dell’Appennino, l’avventura del radicchio di Chioggia, il mais ottofile di Roccacontrada e le ciliegie pugliesi, rossi gioielli nel bouquet di un’agricoltura che in vent’anni ha cambiato volto. Dulcis in fundo l’uva da tavola che dialoga con gli internauti e un’irresistibile pomodorina partita da Melfi per conquistare Londra.
Con lo sguardo spiazzante di chi, digiuno di ogni sapere specialistico, è curioso di tutto, Giorgio Boatti racconta storie di persone che hanno scelto di ridare vita a cascine e masserie, di mettersi insieme per creare aziende radicate nella tradizione ma capaci di sfide innovative. Un affresco controcorrente in un paese dove, per abitudine, bisogna dire che tutto va male. Un percorso interiore in cui il disegno del paesaggio e della vita si confondono. Rivelano un’Italia con i piedi ben piantati per terra dove è all’opera un futuro che riguarda ognuno di noi.
Ecco l'Italia irrequieta ma non domata dalle difficoltà di questi anni. Un Paese che si mette alla prova, con grinta e speranza, afferra i cambiamenti e supera timori e autodenigrazioni. Oltre il buio, appunto. È stata così lunga e severa la crisi che immaginare la vita degli italiani "dopo" pareva una sfida impossibile. Nasce così questa esplorazione che dal Monferrato scivola leggera sino al Parco dei Paduli nel Salento; salta da un coworking di Matera alle periferie di Genova e sosta nel virtuoso paese dell'"ulivo sospeso", tra l'Amiata e il Chianti. E ancora: da Roma, dirimpetto a Santa Marta, va alla reggia di Babette, nel cuore della Food Valley emiliana, dove è sbocciata una scuola molto speciale e, da un'avveniristica "play factory", tra i colli di Jesi, finisce all'Hotel Etico di Asti che punta a rendere inclusiva, anche per i più fragili, un'intera città. Ogni tappa di questo viaggio sorprendente è il racconto di un futuro inaspettato e vitale che non è dietro l'angolo. È già qui.
Un lungo viaggio, al passo con le stagioni: dal fondo della Calabria al triangolo del riso tra Po, Ticino e Sesia, dal distretto della fragola di Policoro alle serre di Albenga. E poi i frutti di bosco che dalle Alpi scendono alle metropoli, la sfida di un profeta con l'aratro nel cuore dell'Appennino, l'avventura del radicchio di Chioggia, il mais ottofile di Roccacontrada e le ciliegie pugliesi, rossi gioielli nel bouquet di un'agricoltura che in vent'anni ha cambiato volto. Dulcis in fundo l'uva da tavola che dialoga con gli internauti e un'irresistibile pomodorina partita da Melfi per conquistare Londra. Con lo sguardo spiazzante di chi, digiuno di ogni sapere specialistico, è curioso di tutto, Giorgio Boatti racconta storie di persone che hanno scelto di ridare vita a cascine e masserie, di mettersi insieme per creare aziende radicate nella tradizione ma capaci di sfide innovative. Un affresco controcorrente in un paese dove, per abitudine, bisogna dire che tutto va male. Un percorso interiore in cui il disegno del paesaggio e della vita si confondono. Rivelano un'Italia con i piedi ben piantati per terra dove è all'opera un futuro che riguarda ognuno di noi.
Da Montecassino a Bose, da Camaldoli a Subiaco, dall'abazia di Noci, nella Murgia pugliese, ai contrafforti di Serra San Bruno in Calabria, da Praglia sino alla badia del Goleto, sui crinali dell'Irpinia orientale, "Hai trovato il monastero giusto?": la domanda che qualcuno di tanto in tanto mi pone mette in guardia i fraintendimenti che il mio vagar eremi e cenobi potrebbe suscitare. No, non sto cercando il monastero giusto. Vado per questa strada perché ho il sospetto che le luci nascoste che giungono da questi luoghi siano ancora capaci di offrire qualche solido orientamento. Perfino nella densa penombra calata sui giorni italiani. Busso a queste porte perché ho l'impressione che qui si impari davvero che si può cambiare il mondo, ma impresa piuttosto complicata - a patto di cominciare a cambiare se stessi, partendo dalle cose più semplici e concrete. Ad esempio, cercando di stare nel mondo prendendone nel frattempo la giusta distanza. Governando in modo diverso faccende quotidiane e basilari come il dormire e il mangiare, il desiderare e il bisogno di riconoscimenti, il silenzio con se stessi e l'incontro con gli altri. Sembrano bazzecole, ma quelli che vi si sono cimentati seriamente dicono che la sfida sia di vertiginosa difficoltà. E, soprattutto, pare duri tutta una vita.