E' un flusso potente di energia, che può esplodere per un'ingiustizia subita, un amore ferito, una speranza delusa o un sentimento di vergogna; è una passione forte che può sconvolgere la vita del singolo o il corso della storia, e che spesso si incrocia con l'odio, il risentimento e la superbia, accompagnandosi al desiderio di vendetta o di riscatto. Molteplici strategie sono state attivate per inibire, canalizzare o sublimare il suo impeto spesso selvaggio. Lo sguardo del filosofo, cogliendone il senso e offrendone una spiegazione teorica, getta luce anche sulle infinite manifestazioni di questo nodo dell'anima, sulle sue origini naturali e culturali, sulle sue declinazioni storiche, politiche e sociali, essendo l'ira in grado di mobilitare sette, partiti, folle o interi popoli. Una forza dirompente, non sempre negativa, che può essere elaborata e riportata a proporzioni adeguate alle circostanze e a criteri di giustizia.
Remo Bodei, professore di Filosofia nella University of California, Los Angeles, ha insegnato a lungo alla Scuola Normale Superiore e all'Università di Pisa. Tra le sue numerose pubblicazioni: "Geometria delle passioni" (Feltrinelli, VII ed. 1991), "Destini personali" (Feltrinelli, III ed. 2002), "Paesaggi sublimi" (Bompiani, 2008), "La vita delle cose" (Laterza, IV ed. 2009); con il Mulino "Le forme del bello" (II ed. 2005), "Ordo amoris" (III ed. 2005) e "Piramidi di tempo" (2006).
Dagli utensili preistorici in pietra, osso o legno alle prime produzioni ceramiche, dalle macchine ai computer, le cose hanno percorso una lunga strada assieme a noi. Cambiando con i tempi, i luoghi e le modalità di lavorazione, discendendo da storie e tradizioni diverse, ricoprendosi di molteplici strati di senso, hanno incorporato idee, affetti, simboli di cui spesso non siamo consapevoli. Il significato di "cosa" (contrazione dal latino "causa", quanto ci sta a cuore e per cui ci si batte) è, infatti, più ampio sia di quello di "oggetto", ciò che si manipola con indifferenza o secondo impersonali procedure tecniche, sia di quello di "merce" quale semplice valore d'uso e di scambio o espressione di status symbol. Le cose rappresentano nodi di relazioni con la vita degli altri, anelli di continuità tra le generazioni, ponti che collegano storie individuali e collettive, raccordi tra civiltà umane e natura. Il loro rapporto con noi somiglia, in tono minore, a quello dell'amore tra persone, dove il legame convive con la reciproca autonomia e nessuno è proprietà esclusiva dell'altro.
Vi sono luoghi che la maggior parte degli uomini ha evitato per millenni e di fronte ai quali ha provato paura e sgomento: le montagne, gli oceani, le foreste, i vulcani, i deserti. Inospitali, ostili, desolati, evocano la morte. Eppure, dagli inizi del Settecento tali loci horridi cominciano a essere frequentati intenzionalmente e percepiti come "sublimi", dotati di una più intensa e coinvolgente bellezza. Come tali, hanno fatto sentire l'uomo più vivo, lo hanno fatto resistere alla banalità dell'esistenza. Sebbene gli sviluppi delle tecniche, la diffusione del turismo di massa e lo scempio del paesaggio abbiano smussato tale sentimento del sublime, sottraendogli parte di quegli ingredienti essenziali costituiti dall'incertezza e dalla paura, vi sono oggi fattori che ne favoriscono la rinascita. L'egemonia della tecnica, le prime spedizioni interplanetarie hanno aperto all'umanità nuove frontiere del sublime. Tuttavia, il nostro rapporto con la natura è completamente cambiato, travolto dalla modernità. Cosa ne è in questo nuovo contesto delle antiche paure che i paesaggi incutevano? Siamo ancora capaci di avvertire, di fronte alla natura, il senso dei nostri limiti? Cosa ci dicono oggi i paesaggi di noi e delle nostre debolezze?
<br/
Le passioni, a lungo condannate come fattori di turbamento, oggi si puntano a controllare dal punto di vista dell'individuo, mentre si mirano a forgiare come strumenti di dominio politico, dal punto di vista sociale. L'opposizione tra ragione e passione fa parte di una costellazione di senso culturalmente condizionata.