La nostra educazione religiosa ci porta spesso a pensare che Dio abiti nel cielo e che tra Lui, l’uomo e il mondo ci sia una distanza abissale. Ignorando il principio essenziale della fede – «Dio ci ha creati per amore» – riteniamo che il suo intervento nella storia sia suscitato da preghiere e liturgie o avvenga secondo il suo volere e il suo «capriccio», in modo diseguale e immotivato.
Questo libro non intende negare la presenza di Dio nella storia, ma si propone di approdare a un altro modo di pensare questa presenza. Dio ha creato il mondo per amore e quindi lo sostiene, lo promuove, lo avvolge e lo sollecita. Ma farlo fiorire è e resta un preciso compito dell’uomo.
Vivere il senso del limite, accettare di sbagliare, saper convivere con le proprie imperfezioni ci rende meno assoluti, più umani e anche più capaci di relazionarci con gli altri, perché animati dal sentimento liberante della misericordia e della compassione. Gesù non è venuto per i giusti, ma per i peccatori e molte parabole ed episodi del Vangelo aiutano ad entrare in questa nuova logica. L’uomo sviluppa le proprie potenzialità vivendo più il senso del limite e dell’imperfezione che tendendo ansiosamente alla perfezione; «liberarsi dalla perfezione» non significa, infatti, indulgere all’indolenza e al disimpegno, ma valorizzare il proprio potenziale umano.
La crescita non avviene inseguendo un’immagine ideale di sé o coltivando obiettivi sproporzionati, ma vivendo quello che ciascuno è, senza competizioni esasperanti e senza dover rincorrere traguardi o mete al di fuori o al di sopra delle proprie capacità e delle proprie originali possibilità. Diventare se stessi, senza sottostare a schemi, accettando i propri limiti e anche gli errori e le sconfitte, è il contenuto dell’etica dell’imperfezione.
Sommario
Prefazione. Introduzione. I. L’uomo è un essere itinerante: analogia del viaggio. II. Invece della perfezione promuovere l’umano: Gesù e l’«inconsistenza». III. La parabola del figlio prodigo (Lc 15,11-32) nella prospettiva dell’etica dell’imperfezione. IV. L’indulgenza non è indolenza: Gesù di fronte agli erranti.
Note sull'autore
Battista Borsato, presbitero e teologo della diocesi di Vicenza, è direttore di Casa Mamre, un centro diocesano di educazione all’amore e all’affettività e di consulenza matrimoniale. Condivide il servizio pastorale nell’Unità Pastorale di Schiavon e di Longa (Vicenza). Docente all’Istituto teologico di Monte Berico, è membro della redazione della rivista Matrimonio. Per EDB ha pubblicato di recente: Il sapore della fede. Accendere il desiderio (³2012); Credere fa bene (²2014); Un Dio umano. Per un cristianesimo non religioso (⁵2017); Il coraggio di essere felici. Beatitudini per il nostro tempo (2018) e Non maestri ma discepoli (2018).
Da dove nasce nell'uomo la spinta alla ricerca della felicità? E questo impulso è in contrasto con il messaggio evangelico o trova in esso l'autentica strada da percorrere? Queste riflessioni sulle beatitudini evangeliche cercano una risposta all'interrogativo sulla letizia e sulla sua declinazione religiosa.«Gesù – sostiene l’autore – ha voluto liberare gli esseri umani e dare loro gioia e felicità facendoli uscire dalla prigione dell'io, e lo ha fatto servendosi di un fine umorismo, di un acuto intuito pedagogico che non mortifica le persone, ma le spinge a vivere con stupore».
Dalla prigione in cui era rinchiuso, il teologo Dietrich Bonhoeffer scriveva al suo discepolo e amico Eberhard Bethge parlando di «un cristianesimo non religioso» e di «un vivere davanti a Dio senza Dio». Le sue affermazioni continuano ancora oggi a pungere e interrogare il pensiero teologico e pastorale.La religione può essere intesa come un insieme di atti di culto, osservanze rituali, precetti da ottemperare, dogmi in cui credere per dare lode a Dio e ottenere la propria salvezza. Ma si dà lode a Dio osservando meticolosamente il culto e le leggi religiose o impegnandosi per la giustizia, lottando perché tutti gli uomini siano uguali in opportunità economiche e promuovendo la loro la dignità? Nulla va tolto al valore della preghiera e della liturgia, purché siano luoghi di incoraggiamento a cambiare il cuore e camminare verso il mondo.