Un concetto che corrompe e altera tutti gli altri, dice Borges. Per il matematico David Hilbert, un tema che, più di qualunque altro, ha bisogno di chiarificazione. O, più prosaicamente, una questione che vale i cinquanta ducati del premio per una teoria dell'infinito bandito dall'Accademia di Berlino a cent'anni dal pionieristico articolo di Leibniz sul calcolo infinitesimale. In matematica non si fa un passo senza infinito, a cominciare dai numeri naturali 1,2,3... o dai rapporti tra diagonale e lato di un quadrato o di un pentagono regolare, come scoprono sgomenti i pitagorici. Questo libro invita a un viaggio nell'infinito che si nasconde nelle pieghe paradossali dei ragionamenti di Zenone e di Galileo, nel metodo di Archimede e negli indivisibili dei matematici del Seicento. Nella filosofia di Aristotele e Democrito, di Bruno e Spinoza. Nel paradiso dei numeri transfiniti di Cantor, nei paradossi della teoria degli insiemi.
I numeri sono protagonisti di una grande avventura che ha inizio migliaia di anni fa nella civiltà babilonese, in quella egizia, in Cina, e poi nella cultura inca e maya. Numeri che esprimono rapporti indicibili per i seguaci di Pitagora. Simboli per il nulla e cifre arcane che dalle regioni dell'India vedica si diffondono in Occidente e nel resto del mondo. Astratti interpreti di una storia al tempo stesso sacra e profana, dove la perfezione della Creazione si coniuga con i libri mastri dei mercanti medioevali, e i loro numeri "falsi" con i numeri reali e immaginari creati dalla fantasia dei matematici.