Chi è, veramente, Gesù? Sappiamo cosa è diventato dopo la sua morte, in duemila anni di fede cristiana. Ma come lo considerano i contemporanei? Cosa pensano quando lo ascoltano parlare e mentre lo vedono agire? Poco prima della fine, egli pronuncia su di sé parole enigmatiche: «Io so da dove vengo, e dove vado. Voi, invece, non sapete da dove vengo e dove vado» (Gv 8,14). Può questo messaggio di un «re» ebreo illuminare anche l'origine e la meta della nostra vita? Attraverso un fitto e appassionato dialogo con i Vangeli, Giulio Busi traccia il profilo di un Gesù ribelle, assai diverso dall'immagine del buon pastore, mite e mansueto, trasmessa da gran parte della tradizione cristiana. È il Gesù della polemica e dell'invettiva. E, insieme, il Gesù visionario che sovverte e trascende ogni limite di spazio e di tempo, in continuo movimento tra il «qui» della sofferenza e della sopraffazione e il «là» della pace e della vita spirituale. A delinearsi con chiarezza in queste pagine è, in particolare, una «storia ebraica» del maestro di Nazaret. Per lui, infatti, gli ebrei non sono mai «loro» ma «noi». E se la sua ribellione s'indirizza anche contro l'élite religiosa giudaica, è pur sempre la ribellione di un ebreo, orgoglioso della propria appartenenza, che sa interpretare la Torah in modo straordinariamente raffinato, eppure libero, nuovo, creativo. Alla fine, Gesù è un re proscritto, su cui pende un ordine di arresto. Un rabbi itinerante braccato e costretto a nascondersi. Quando sale a Gerusalemme per l'ultima Pasqua, sa che verrà tradito, catturato, percosso, ucciso. I suoi si sbandano, rinnegano. Solo un gruppo di donne non lo lascia nell'ora più oscura. E soltanto una donna cerca il proprio maestro e per prima lo trova, all'alba, in un giardino, al di là della morte. Il giudaismo ha rifiutato il regno senza potere impersonato da Gesù. Il cristianesimo ha trasformato la missione errante dei primi discepoli ebrei, senza famiglia e senza averi, senza bagaglio e senza armi, in una realtà solida, ben costruita, capace di durare per millenni. Ma la ribellione di Gesù ancora continua.
La letteratura dei palazzi, o Hekalot, come si chiamano in ebraico, è antica, misteriosa, difficile. Mette soggezione anche al lettore esperto, abituato a vedersela con i testi astrusi della qabbalah, la sapienza segreta del giudaismo, che si è forgiata tra il XIII e il XVI secolo. Per quanto siano complesse le allegorie dei mistici medievali e della prima età moderna, questi palazzi a perpendicolo su dirupi di luce rimangono una meta proibitiva, quasi irraggiungibile. La letteratura degli Hekalot precede la qabbalah. La precede nel tempo, giacché comincia a costituirsi nei primi secoli dell’età volgare, e la precede nell’ordine mentale e nell’immaginario collettivo. Chi giunge alle dimore divine, e riesce a penetrarvi, entra in un’aristocrazia sapienziale, invidiata e ambita. Il percorso è pericoloso. Alle porte degli edifici superni vigilano guardiani scorbutici e maneschi. Bisogna saperli prendere con le buone, ingraziarseli, oppure aggirarli ricorrendo a qualche aiuto altolocato. Ma non è solo l’itinerario difficile a respingere molti, o forse quasi tutti. Il problema, con cui si scontrava l’adepto in età antica, e che ancora oggi scoraggia piú di un lettore, è capire il perché di tanta fatica. Cosa si trova in cielo? Beninteso, non nel cielo volgare dei nostri viaggi intercontinentali. Quello che qui importa è il cielo incontaminato della sapienza primordiale. Il cielo abitato da Dio e dalla sua corte celeste. Il cielo affollato di angeli, protetto da mura altissime di tizzoni accesi, a un tempo percorso da melodie dolcissime e scosso da paurosi boati. Cosa c’è da vedere, cosa c’è da sapere? Questo è l’argomento del nostro libro. Le pagine che seguono sono una risposta alla domanda che, da sempre, s’è fatta a chi torna. Cos’hai visto? Ne valeva la pena? Cosa c’è “là”?
Giulio Busi guida alla conoscenza dei concetti fondamentali della Qabbalah, i cui testi sono ricchi di immagini difficilmente comprensibili, di giochi di parole in lingua ebraica e di concetti espressi in modo da preservarne la segretezza. Oltre a penetrare nel linguaggio simbolico cabalistico, il lettore potrà così familiarizzarsi con la gimatreya, il criterio di permutazione linguistica basato sulle corrispondenze tra lettere e numeri, e con le altre tecniche di interpretazione.
Giulio Busi, direttore dell'Istituto di giudaistica della Frei Universität di Berlino, offre in questo volume un'esplorazione al tempo stesso reale e utopica dell'ebraismo e racconta i luoghi della diaspora contemporanea. Dall'India agli Stati Uniti, passando per l'Europa e il Mediterraneo, egli fa una cronaca appassionata e insieme una lettura per vie traverse del fenomeno giudaico.
Una chiara introduzione al linguaggio simbolico del misticismo ebraico e ai suoi molteplici indirizzi di pensiero, dalle premesse di epoca tardoantica, attraverso Medioevo e Rinascimento, fino alla recentissima ripresa statunitense. Giulio Busi è professore ordinario di Giudaistica alla Freie Universität di Berlino.