I maggiori fabbri del volgare europeo, quello pittorico (Giotto), e quello letterario (Dante), si incontrano nella figura di san Francesco - quasi che il loro nuovo linguaggio nascesse precisamente dalla necessità di rappresentarla. Ma l'incontro si rivela un conflitto: le loro interpretazioni della rivoluzione francescana divergono radicalmente e tuttavia non riescono a dar ragione del "crocefisso di Assisi", giacché entrambe lo tradiscono. Eppure, attraverso questi tradimenti, si afferma quello spirito che segnerà la nascita della nuova Europa.
Chi è il Dio del monoteismo biblico? Non certo un Dio "proprietà" dei soli credenti. Non certo l'Essere assoluto, estraneo al tempo e alla storia dell'uomo, di cui si parla per negarlo o credervi. E' il Dio dei comandamenti: un Dio drammatico, che fa spazio all'alterità e al rischio nella sua stessa Unità e che è in costante relazione con l'uomo: è il Dio che irrompe nella storia con uno sguardo d'Amore e si fa sorgente di libertà e giustizia.
Massimo Cacciari insegna nella Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Tra i libri che ne hanno più segnato la ricerca, "Krisis" (Feltrinelli, 1976), e pubblicati con Adelphi, "Icone della legge" (1985), "Dell'Inizio" (1990), il dittico europeo "Geofilosofia dell'Europa" (1994) e "L'Arcipelago" (1997), infine "Della cosa ultima" (2004) e il recente "Hamletica" (2009). Piero Coda è preside dell'Istituto Universitario Sophia di Loppiano (Firenze), dove insegna Teologia sistematica, ed è presidente dell'Associazione Teologica Italiana. Tra i libri che disegnano il suo percorso: "Teo-logia" (Lateran University Press, 1997), "Ontosofia" (Mimesis, 2009), e tra quelli pubblicati con Città Nuova, "L'altro di Dio" (1998) e "Il logos e il nulla" (2003).
Nel grande dramma del secolo passato, nello scontro totale fra i Titani dell'epoca, l'uomo poteva ancora pensare di avere la propria parte. Il nuovo millennio sembra invece essersi aperto nel segno di una insicurezza che non attiene semplicemente alla situazione storica e sociale o alle condizioni psicologiche della persona, ma al suo stesso essere. D'altra parte il brancolamento attuale della Terra e il tramonto di ogni suo Nomos, dove 'ruoli', immagini e linguaggi si confondono nell'assenza di orientamento e distanza, sono stati possentemente 'profetizzati': tutto questo è già presente, per tracce, nell'Amleto di Shakespeare. E da lì discende fino a Kafka e Beckett. Nel 'dialogo' tra questi autori 'fatali', ricomposto per frammenti, Cacciari coniuga le sue ricerche sulle 'declinazioni' della storia europea (in "Geofilosofia dell'Europa" e nell'"Arcipelago") con quelle sul rapporto tra nihilismo europeo e il linguaggio del Mistico che innervano i fondamentali "Dell'Inizio" e "Della cosa ultima".
Rublev, Piero della Francesca, De Eyck: tre illuminanti esercizi di teologia della visione.
Pubblicato per la prima volta nel 1980, il saggio di Massimo Cacciari viene ora riproposto in una nuova edizione riveduta. Il titolo prende spunto dalla chiesa dello Steinhof, capolavoro jugendstil di Otto Wagner, che sorge sulla sommità di una collina e che sovrasta un paesaggio di "pellegrinaggi infiniti" e "follie interminabili": Vienna. Ed è proprio a questa città e a quegli "uomini postumi" che vi abitarono nei primi anni del Novecento è dedicato il libro. Uomini come Musil, Hofmannsthal, e i loro personaggi, gli eterni nomadi di Joseph Roth, lo "straniero" Trakl, o Wittgenstein. Nomi che rimandano tutti a un centro comune, un centro però vuoto, dove non risiede una Verità da trasmettere, tutt'al più un'assenza.
Quale cosa attinge, "in ultimo", l'anima dopo essersi aperta, attraverso l'angoscia, alla ricerca di sé? È questo l'interrogativo che sottende l'articolarsi di questo saggio. Tre voci in dialogo fra loro e con i "Maggiori Loro", da Platone a Husserl, cercano di rispondere a tale domanda, ognuna seguendo il proprio "demone custode": la voce portatrice di un radicale scetticismo dell'Intelletto, la voce che incarna l'atto di fede in lotta contro se stesso e quella dell'Autore, che si rivolge agli amici attraverso due lunghe serie di lettere, riprendendo e sviluppando le idee della sua più importante opera teoretica, "Dell'inizio". L'attenzione di Cacciari torna a volgersi a quel cominciamento che è il "problema" filosofico fondamentale.
È accaduto, e sta accadendo nei nostri anni, che l'Europa, proprio nel momento in cui giungeva alle soglie dell'unità politica ed economica, si scoprisse in preda a spinte opposte, centrifughe, a resistenze di ogni tipo - teoriche e pratiche - come se il segno dell'unità fosse innanzitutto in questo acuto sentimento di crisi. Come si spiega tutto ciò? Nietzsche scrisse una volta che l'Europa è un malato, anzi un malato incurabile. E da qui prende le mosse l'itinerario di Cacciari.
"È evidente: il concetto di 'responsabilità' ha direttamente a che fare con l'atto di 'rispondere'. La radice del termine, infatti, attiene alla sfera religiosa, ossia al 'sacrum facere'. Questo per sottolineare come la nostra volontà di risposta metta in gioco tutto il nostro 'esserci'; insomma, non di una risposta qualsiasi ad una domanda qualsiasi si tratta, ma di una promessa che per noi, ad un certo punto, diventa davvero ineludibile. A tutto ciò allude il significato originario del termine 'responsabilità'". (Dall'introduzione).
Mentre da ogni parte vengono a cadere i presupposti di ogni legge, il pensiero tende sempre più a concentrarsi, in ogni ambito, sulla legge stessa. Massimo Cacciari ha posto al centro di questo libro tale situazione paradossale e sfuggente, all'interno della quale tuttora viviamo. E, all'interno del nostro secolo, ha isolato, negli ambiti più diversi, alcuni casi esemplari di quell'ostinato cozzare contro la stessa parola: legge. Ma non si tratta qui di scoprire influenze nascoste o contatti. L'ambizione è ben più radicale: ogni volta si individuano sconcertanti isoformismi fra gesti di pensiero che appartengono a regioni lontane. E così anche repliche e opposizioni trasversali.
Come già dichiara il titolo, Cacciari intende volgere lo sguardo a quel "cominciamento" che è il problema del pensiero filosofico. A questa inattualità nel porre il problema di sempre della filosofia corrisponde una novità perentoria nella articolazione della forma, che abbraccia i tre modi della scrittura filosofica: il dialogo (l'ironia, la ricerca), il trattato (la sistematicità), il parergon (la frammentazione aforistica). Da questi tratti apparirà evidente una voluta arcaicità dell'architetura formale, che implica una vis polemica contro ogni discorso filosofico rassegnato all'inerzia. Qui, al contrario, si riconosce che il pensiero filosofico non può che riproporsi le domande del Parmenide platonico.
Dopo la "Geo-filosofia dell'Europa", che tracciava il profilo di quella singolare figura a cui, sin dall'inno omerico ad Apollo, fu dato il nome di Europa, Cacciari si inoltra ora nel paesaggio europeo, che gli si mostra appunto come Arcipelago, irriducibile pluralità dove i singoli elementi convivono in quanto inevitabilmente separati. E le isole dell'Arcipelago sono le declinazioni d'Europa: in molte forme ha combattuto sé in se stessa, ma comune è l'interrogazione. Perciò anche il suo declino, o il suo necessario tramonto, assumerà nomi diversi. Il senso del tramonto d'Europa dovrà contrarsi nei volti dello "homo democraticus" di Tocqueville, dell'"ultimo uomo" di Nietzsche, dell'"uomo del sottosuolo" di Dostoevskij? Il senso del tramonto dovrà arrestarsi sul meridiano dell'affermazione inospitale della propria 'insularità', dell'empia commistione tra 'anarchica' richiesta di autonomia ed esigenza servile di protezione e tutela? L''ideale' del gregge che non tollera alcun pastore sarà l'ultima parola del tramonto d'Europa, la sua ultima declinazione? Queste sono le domande poste al centro di L'Arcipelago. E la figura stessa dell'Arcipelago invita a una possibile risposta.