Siamo nel pieno della guerra del Peloponneso. Atene rischia la sconfitta. La tensione è altissima: il partito aristocratico vuole accordarsi a qualunque prezzo con Sparta e adottare il modello politico dei vincitori. I democratici vogliono resistere fino alla fine e salvare la costituzione. Cleofonte è il leader della parte democratica ed è l'uomo da abbattere. In questo tumultuoso quadro politico, un ruolo fondamentale lo giocano i drammaturghi. Alcuni di loro intrattengono un rapporto stretto con i gruppi di pressione decisi a scalzare il regime democratico. La commedia si fa, cosi, interprete della 'maggioranza silenziosa', quella che non va all'assemblea popolare, e la sobilla contro i suoi capi presentandoli come mostruosi demagoghi. Aristofane, il commediografo, si fa agitatore politico. La sua grande abilità consiste nel presentarsi come il difensore del popolo agendo, in realtà, per conto di chi intende distruggere il potere popolare. Nella commedia intitolata "Rane" getta la maschera, chiede e auspica la condanna di Cleofonte, accanito oppositore del potere oligarchico; rompendo la finzione scenica fa un vero e proprio comizio, e parla, questa volta apertamente, della bruciante attualità politica.
Il capolavoro di Augusto è stato imporre l'immagine di sé come vero e coerente erede e continuatore dell'opera di Cesare, ormai divinizzato, mentre in realtà la trasformava, se non nel suo contrario certo n altro . Questo libro recupera, attraverso fonti greche solo parzialmente esplorate, pagine cruciali dell'Autobiografia di Augusto, abilmente apologetica, scritta nel 25 a.C., quando egli aveva ormai definitivamente consolidato il suo potere monocratico, pur nella raffinata finzione di aver restaurato la repubblica.
"Nel corso delle feste Scire, un gruppo di donne, capeggiate da una di loro, Prassagora, particolarmente dotata di carisma e capace di pilotare un gruppo bene organizzato e proteso all'azione politico-assembleare, ha deciso di partecipare ai lavori dell'assemblea popolare. Naturalmente in quanto donne non potrebbero, perché la democrazia ateniese, come ogni società premoderna, è maschiocentrica. Perciò si travestono da uomini, con barbe, mantelli e sandali adeguati al ruolo." Questo libro ha al centro una commedia di Aristofane il commediografo, irriducibile a schemi preconcetti e a schieramenti partitici. La sua commedia, Le donne all'assemblea, ha di mira un progetto di riforma radicale della società che trova rispondenza con sorprendente puntualità nel nucleo più audace della Repubblica di Platone. Nella commedia, Aristofane ridicolizza l'idea che si possano mettere in comune le ricchezze e le relazioni sessuali; al contrario Platone ne fa l'oggetto di uno dei suoi dialoghi più importanti e influenti. È un conflitto paradigmatico sull'utopia, sulla possibile costruzione dell'uomo nuovo, sulla realizzabilità di un assetto sociale totalmente innovativo, fondato - secondo l'intuizione platonica - sulla proprietà collettiva, o meglio sulla negazione della proprietà, e sulla cancellazione dell'istituto familiare con tutto il suo carico di egoismi. Più in generale, su una palingenesi complessiva di cui l''uomo nuovo' è o dovrebbe essere il risultato.
Tucidide - uomo politico ateniese, comandante militare, appaltatore delle miniere d'oro che Atene occupava in Tracia - è stato il principale testimone e narratore della 'grande guerra' che oppose Atene a Sparta (431-404 a.C): un immane conflitto che segnò l'inizio del declino della Grecia classica. Tucidide non amava la democrazia ma seppe convivere col secolare regime democratico, fino al momento in cui, nel 411 a.C, un sanguinoso colpo di Stato portò al potere i suoi amici oligarchi. Cosa accadde allora a Tucidide? Si schierò con l'oligarchia? Dovette eclissarsi al crollo del breve regime oligarchico? Certo è che, proprio con i fatti di quel terribile 411 a.C, la sua Storia - narrazione giorno per giorno della lunga guerra tra Spartani e Ateniesi - si interrompe. Questa coincidenza è il punto di partenza, e forse la chiave, per dipanare la sua vera vicenda biografica, offuscata da una massiccia leggenda che fa di lui o un incompetente mentitore o la vittima di una colossale, inspiegabile ingiustizia, culminata in una improbabile condanna a morte.
L'oligarchia è il governo dei pochi, è un sistema che concentra il potere a danno dei molti, in contrasto con l'idea democratica del potere diffuso tra tutti. Oggi viviamo in un tempo in cui la democrazia, come principio, come idea, come forza legittimante, è fuori discussione. Nei nostri regimi democratici perciò, quando l'oligarchia si instaura, lo fa mascherandosi, senza mai presentarsi apertamente, come un'entità usurpatrice. Non si manifesta ma esiste, e si fonda sul denaro, sul potere e sul loro collegamento reciproco: nel sistema finanziario globale il danaro alimenta il potere e il potere alimenta il danaro. Quella finanziaria è una forma oligarchica diversa da quella tradizionale. Sa trasformarsi in pressione politica svuotando di senso la democrazia. La domanda che oggi si pone drammaticamente è perché il sistema debba ruotare intorno al benessere di un potere essenzialmente fondato sulla speculazione e la contemplazione della ricchezza e come fare per tornare a essere, da sudditi, cittadini.
"Questo ragazzo deve tutto al suo nome" diceva di lui Marco Antonio, che lo disprezzava, a torto sottovalutandolo. Però era vero, e Augusto ne era talmente consapevole da affrettarsi a promuovere, non appena gli fu possibile, la divinizzazione di Giulio Cesare, padre suo adottivo, come caposaldo del suo potere. Il capolavoro di Augusto è stato imporre l'immagine di sé come vero e coerente erede e continuatore dell'opera di Cesare, ormai divinizzato, mentre in realtà la trasformava, se non nel suo contrario, certo in altro. "Divus Iulius" e mummia di Lenin nel mausoleo sulla Piazza Rossa sono fenomeni che si richiamano l'un l'altro. Quella di Augusto è la tipica parabola del potere scaturito da una rivoluzione e approdato a una forma originale di restaurazione: ragion per cui, nel concilio degli dei immaginato dall'imperatore Giuliano, Augusto viene apostrofato come "camaleonte". Questo libro recupera, attraverso fonti greche solo parzialmente esplorate, pagine cruciali dell'"Autobiografia" di Augusto, abilmente apologetica, scritta nel 25 a.C, quando egli aveva ormai definitivamente consolidato il suo potere monocratico, pur nella raffinata finzione di aver restaurato la repubblica.
"Nel corso delle feste Scire, un gruppo di donne, capeggiate da una di loro, Prassagora, particolarmente dotata di carisma e capace di pilotare un gruppo bene organizzato e proteso all'azione politico-assembleare, ha deciso di partecipare ai lavori dell'assemblea popolare. Naturalmente in quanto donne non potrebbero, perché la democrazia ateniese, come ogni società premoderna, è maschiocentrica. Perciò si travestono da uomini, con barbe, mantelli e sandali adeguati al ruolo." Questo libro ha al centro una commedia di Aristofane il commediografo, irriducibile a schemi preconcetti e a schieramenti partitici. La sua commedia, Le donne all'assemblea, ha di mira un progetto di riforma radicale della società che trova rispondenza con sorprendente puntualità nel nucleo più audace della Repubblica di Platone. Nella commedia, Aristofane ridicolizza l'idea che si possano mettere in comune le ricchezze e le relazioni sessuali; al contrario Platone ne fa l'oggetto di uno dei suoi dialoghi più importanti e influenti. È un conflitto paradigmatico sull'utopia, sulla possibile costruzione dell'uomo nuovo, sulla realizzabilità di un assetto sociale totalmente innovativo, fondato - secondo l'intuizione platonica sulla proprietà collettiva, o meglio sulla negazione della proprietà, e sulla cancellazione dell'istituto familiare con tutto il suo carico di egoismi. Più in generale, su una palingenesi complessiva di cui l''uomo nuovo' è o dovrebbe essere il risultato.
Guerra e politica, Oriente e Occidente, religione e potere, libertà e giustizia: sono alcuni dei temi che troveremo in questa Intervista curata da Antonio Carioti. Partendo dall'esperienza del mondo classico per giungere fino all'attuale crisi delle cosiddette democrazie, Luciano Canfora mette in campo la sua competenza di conoscitore dell'antichità nonché la sua passione di intellettuale alieno dai luoghi comuni del pensiero unico. I suoi giudizi non risparmiano neanche ciò che un tempo si chiamava la sinistra e che dalla caduta del comunismo a oggi sembra smarrita al rimorchio di un'inquietante degenerazione oligarchica.
Da oltre duemila anni, Atene rappresenta molto più che una città nell'immaginario occidentale. Il secolo compreso tra le riforme di distene (508) e la morte di Socrate (399) è diventato modello universale, insieme politico e culturale. Politico perché si ritiene che ad Atene sia stata inventata la democrazia, cioè il regime istituzionale e di governo oggi più diffuso nel mondo. Culturale perché ad Atene fiorirono filosofia, storia, teatro, letteratura, arte e architettura che ancora oggi consideriamo riferimenti obbligati. "Il mondo di Atene" riporta la città alla sua storia, incrinando la sua immagine idealizzata e restituendocela così come emerge dalla ricchezza delle fonti contemporanee. Luciano Canfora smonta la macchina retorica su Atene, dimostrando che i critici più radicali del sistema furono proprio gli intellettuali ateniesi. Eventi centrali dell'intera narrazione sono la parabola dell'impero marittimo ateniese sconfitto da Sparta, la lacerazione che esso determinò nel mondo greco fino a coinvolgere il regno di Persia, la rinascita dell'impero nella medesima area geopolitica, la sua crisi e l'esito inedito, rappresentato dal trionfo dell'ideale monarchico realizzato dall'egemonia macedone.
"La cultura europea incomincia con l'Iliade e con l'Odissea, i due poemi epici in ventiquattro canti ciascuno che la tradizione consolidatasi nel mondo greco attribuiva a un autore chiamato Omero. E incomincia con la rissa per il possesso di una schiava...". Dalle prime espressioni poetiche dell'epica omerica alla chiusura della Scuola di Atene nel 529 d.C.: l'autore ripropone le opere e gli autori della letteratura più famosa del mondo in un racconto unitario, in una vasta ricostruzione di insieme che esce dai canoni tradizionali e restituisce alla storia lo straordinario lascito della letteratura greca. Canfora racconta l'intero processo storico-culturale che ha determinato la grandezza e la varietà della cultura greca. Pensiero scientifico, filosofico, politico si intrecciano alla creazione letteraria consegnandoci tutti i contenuti della civiltà ellenica. Emergono così sullo sfondo della loro storia le individualità poetiche, i tragici, gli storici, che hanno fatto quella letteratura della quale siamo tutti debitori. La nuova edizione comprende anche una nuova sezione con i riassunti di tutte le opere prese in esame, cosi da avere un agile strumento di consultazione.
Aumenta il profitto di pochi e si riduce il reddito di molti. Il dogma qual è? Che il profitto non si tocca, è sacro, così come è diventato sacro lo strapotere bancario e speculativo. Non c'è quasi più bisogno di contese elettorali. È qui la lezione amara. È qui che l'"europeismo" d'accatto perde la maschera.
Da oltre duemila anni, Atene rappresenta molto più che una città nell'immaginario occidentale. Il secolo compreso tra le riforme di distene (508) e la morte di Socrate (399) è diventato modello universale, insieme politico e culturale. Politico perché si ritiene che ad Atene sia stata inventata la democrazia, cioè il regime istituzionale e di governo oggi più diffuso nel mondo. Culturale perché ad Atene fiorirono filosofia, storia, teatro, letteratura, arte e architettura che ancora oggi consideriamo riferimenti obbligati. "Il mondo di Atene" riporta la città alla sua storia, incrinando la sua immagine idealizzata e restituendocela così come emerge dalla ricchezza delle fonti contemporanee. Luciano Canfora smonta la macchina retorica su Atene, dimostrando che i critici più radicali del sistema furono proprio gli intellettuali ateniesi. Eventi centrali dell'intera narrazione sono la parabola dell'impero marittimo ateniese sconfitto da Sparta, la lacerazione che esso determinò nel mondo greco fino a coinvolgere il regno di Persia, la rinascita dell'impero nella medesima area geo-politica, la sua crisi e l'esito inedito, rappresentato dal trionfo dell'ideale monarchico realizzato dall'egemonia macedone.