Ogni tentativo di capire non può vivere senza una costante esperienza della contraddizione. La contraddizione è forse la forma di esperienza più acuta della propria insufficienza e precarietà, anche se l'esperienza di tale insufficienza e precarietà significa che si sta nel mondo, anzi, nel cuore del mondo. Infatti le contraddizioni attraversano tutta la strada su cui camminiamo. Non sempre essa ha la stessa intensità e non sempre assume la stessa forma, ma è fuori discussione che sia il centro intorno a cui ruota tutto il resto. Ecco perché non può essere lasciata all'ingresso per entrare poi nel regno armonico e sterilizzato del pensiero corretto, né può essere superata come una semplice tappa, un incidente o un errore. La riflessione di Franco Cassano, nell'arco della sua intera esistenza, ha eletto a suo ideale regolativo questa visione: ha sempre cercato non solo di non eludere le contraddizioni, ma di collocarsi nel loro fuoco, senza nessuna tensione spettacolare ed esibizionistica, nella convinzione che debba essere sempre riaffermata anche nei momenti apparentemente più conciliati e distesi.
È nel Mediterraneo che va diluita la modernità inconsapevole, troppo presa dalla corsa allo sviluppo. È qui che possono stemperarsi i dilemmi della globalizzazione. Occorre restituire al Sud l'antica dignità di soggetto del pensiero, interrompere una lunga sequenza in cui esso è stato pensato da altri. D'altra parte il pensiero meridiano «esiste in forme disperse e talvolta malate e bisogna imparare a cercarlo: lo si può trovare nei nostri sud interiori, in una follia, in un silenzio, in una sosta, in una preghiera di ringraziamento, nell'inettitudine dei vecchi e dei bambini, in una fraternità che sa schivare complicità e omertà, in un'economia che non abbia ripudiato i legami sociali. Lo si può trovare nei sentimenti dove vivono più patrie, dove alla semplicità del sì e del no si sostituiscono i molti veli della verità».
A lungo la sinistra ha pensato che nelle sue vele soffiasse il vento della storia. Oggi che tutto è cambiato, che quel vento non le ha riconosciuto alcuna primazia, che anche il suo popolo non è più lo stesso, la sinistra sembra essersi ritratta in una posizione difensiva e risponde con sdegno all'accusa di conservatorismo. In verità le sue ragioni sono tutt'altro che scomparse, ma per farle rientrare nella partita del mondo è necessario che smetta di sentirsi ospite innocente in un universo cattivo e abbandoni ogni nostalgia. Perché la globalizzazione non è solo una banale restaurazione, non è solo espropriazione e sradicamento, ma un gioco di dimensioni planetarie nel quale nuovi protagonisti si affacciano sulla scena della storia. E a questo gioco largo e imprevedibile, pieno di pericoli e di opportunità, non ci si può sottrarre.
Senza un'elite competente e coraggiosa la politica muore. Ma questa spinta morale deve sapersi confrontare con la maggioranza degli uomini, misurarsi con la loro imperfezione, deve diventare politica. Come dimostra la figura del Grande Inquisitore, il male è un lucido conoscitore degli uomini e fonda il suo regno sulla capacità di coltivarne le debolezze. E sa adattarsi ai tempi, perché ha imparato a cambiare spalla alle sue armi: una volta esaltava la sottomissione, oggi offre con successo e su tutti i canali dosi crescenti di volgarità ed esibizionismo. Se vogliono far crollare questo potere, i migliori devono smettere di specchiarsi nella loro perfezione. Da sempre i Grandi inquisitori usano questo sentimento di superiorità per isolarli da tutti gli altri, per ridicolizzarne l'esempio e renderli innocui. Chi spera negli uomini deve inoltrarsi nella zona grigia dove abita la grande maggioranza di essi, e combattere lì, in questo territorio incerto, le strategie del male.
Nella partita contro il bene, il male parte sempre in vantaggio grazie all'antica confidenza con la fragilità dell'uomo. Chi vuole annullare quel vantaggio deve riconoscersi in quella debolezza, invece di presidiare cattedre morali sempre più inascoltate.
Senza un'élite competente e coraggiosa la politica muore. Ma questa spinta morale deve sapersi confrontare con la maggioranza degli uomini, misurarsi con la loro imperfezione, deve diventare politica. Come dimostra la figura del Grande Inquisitore, il male è un lucido conoscitore degli uomini e fonda il suo regno sulla capacità di coltivarne le debolezze. E sa adattarsi ai tempi, perché ha imparato a cambiare spalla alle sue armi: una volta esaltava la sottomissione, oggi offre con successo e su tutti i canali dosi crescenti di volgarità ed esibizionismo. Se vogliono far crollare questo potere, i migliori devono smettere di specchiarsi nella loro perfezione. Da sempre i Grandi Inquisitori usano questo sentimento di superiorità per isolarli da tutti gli altri, per ridicolizzarne l'esempio e renderli innocui. Chi spera negli uomini deve inoltrarsi nella zona grigia dove abita la grande maggioranza di essi, e combattere lì, in questo territorio incerto, le strategie del male.
Occorre restituire al Sud l'antica dignità di soggetto del pensiero, interrompere una lunga sequenza in cui esso è stato pensato solo da altri. Il pensiero meridiano è, innanzitutto, riformulazione dell'immagine che il Sud ha di sé: non più periferia degradata dell'impero', ma nuovo centro di un'identità ricca e molteplice, autenticamente mediterranea. Questa nuova edizione è arricchita da una nuova prefazione dell'autore. Franco Cassano insegna Sociologia della conoscenza nell'Università di Bari.
Nelle letture oggi prevalenti l'aspetto civile del pensiero di Leopardi viene cancellato come un'illusione giovanile, destinata a scomparire con la lucidità dell'età matura. Al contrario, in tutta l'opera di Leopardi, compresa quella degli ultimi anni, la coscienza della fragilità è una risorsa preziosa, perché offre agli uomini una formidabile occasione di solidarietà. E proprio su questo tema della fragilità si concentra il saggio di Franco Cassano, docente di Sociologia della conoscenza nell'Università di Bari.