Il fascismo pretese di erigere un nuovo Stato, ma riutilizzò abbondantemente in chiave fascista elementi e residui dello Stato liberale. Autoritario e dittatoriale, concentrò il potere pubblico, ma accettò anche la sua pluralizzazione. Eliminò libere elezioni, creò un surrogato della rappresentanza politica, si valse di organizzazioni satelliti, ma ricorse ad amministrazioni parallele per gestire la crisi economica. Si proclamò anti-liberale, anti-parlamentare, anti-clericale, anti-borghese, anti-capitalistico, ma venne a patti con il Re, con il Senato, con la Chiesa e con la borghesia. Riconobbe ed esaltò la società, ma ne rigettò il pluralismo e organizzò lo Stato intorno alla figura di un demiurgo. Fu conservatore ma anche modernizzatore (dalle forme di propaganda all'architettura all'uso del cinema). Il fascismo non si lascia dunque racchiudere in una sola formula e racchiude in sé elementi contraddittori, che Sabino Cassese ricostruisce esprimendo dubbi sul valore euristico della nozione di totalitarismo.
Questo libro è un unicum. Mai fino ad ora un giudice della Corte aveva descritto il funzionamento di un organo così centrale nella vita giudiziaria e politica del nostro paese, e che parla solo attraverso le proprie sentenze. Con prosa misurata ma non reticente, sfilano nelle pagine, minuziosamente annotati, nove anni incandescenti (dal 2005 al 2014) punteggiati da sentenze "storiche", precedute e seguite da polemiche e speculazioni anche giornalistiche: dal caso Previti al Lodo Alfano, dall'ammissibilità dei referendum sulla legge elettorale al caso delle intercettazioni al presidente della Repubblica alla costituzionalità del porcellum, per citarne solo alcune. Ma non solo, emerge anche l'impegno per un miglior funzionamento della Corte, lo stimolo a superare le inerzie e i particolarismi insiti in ogni organizzazione, l'impegno per la razionalizzazione delle risorse, la battaglia per l'affermazione della dissenting opinion che consentirebbe una maggiore trasparenza.
Negli ultimi trenta anni, il diritto amministrativo è profondamente cambiato. I confini con le altre discipline sono divenuti porosi, gli istituti e gli strumenti si sono moltiplicati e differenziati, il modo di agire delle amministrazioni si è adattato al mutare dei tempi, i paradigmi concettuali hanno subito molte nuove evoluzioni. Questo volume fornisce un aggiornamento sui progressi del diritto amministrativo e fa ordine nello stato delle conoscenze attingendo alla esperienza dei due protagonisti, testimoni privilegiati ad un tempo della tradizione giuridica e della stagione delle riforme.
Siamo tutti scontenti dello Stato italiano. Governi e opinioni pubbliche delle altre nazioni europee, stupiti dalla mancanza di solidità e compattezza delle istituzioni e dalla loro difficoltà a governarci. I governanti nazionali, le cui politiche rimangono parzialmente inattuate. I governati, che lamentano costi e inefficienze dei poteri pubblici. I burocrati, frustrati e impotenti, per di più accusati del malfunzionamento dell'amministrazione. L'alta dirigenza, identificata come una casta. Le ragioni di questa situazione sono state ampiamente ricercate dagli storici. Mancava però una ricostruzione dall'interno della macchina statale italiana e un esame degli eventi esterni che ne hanno condizionato lo sviluppo nel secolo e mezzo di storia unitaria.
Gli Stati sono ancora i protagonisti della scena mondiale? Oppure sono ormai sostituiti dalle migliaia di organizzazioni internazionali nate negli ultimi anni? Se gli Stati si indeboliscono, cosa accade alla democrazia che in essi si è sviluppata? Qual è la sorte del diritto, che siamo abituati a ricondurre all'idea di Stato-nazione? L'autore cerca, per queste domande, risposte che tengano conto dell'odierna fase di passaggio, in cui l'erosione della sovranità si accompagna con il controllo degli Stati sui regimi regolatori ultrastatali, l'affermazione di standard globali con il potere ultimo di applicarli rimasto nelle mani dei governi nazionali, lo sviluppo di norme e procedure internazionali con il crescente ruolo delle amministrazioni statali e del loro diritto.
La sovranità statale si diluisce. Agli Stati si sovrappongono altri ordinamenti giuridici, sopranazionali e globali. Questo pluralismo ha bisogno di un ordine: occorre riempire i vuoti tra i diversi sistemi; ridurre la frammentazione di questi ultimi; indurli a cooperare; stabilire gerarchie di valori e principi. I governi nazionali, titolari del "potere estero", non sono in grado di svolgere questi compiti. Suppliscono i giudici, nazionali, sopranazionali e globali, oppure organi quasi giudiziari, presenti in molti dei circa duemila regimi regolatori globali. A questo punto, lentamente, il diritto prende il posto della politica nell'arena globale. Le corti attraversano sempre più spesso le frontiere. L'incontro tra ordini giuridici diversi e diversamente collocati è anche un incontro fra tradizioni giuridiche differenti, ognuna con la propria identità. Di qui discendono numerosi problemi. Il primo è quello della tolleranza e dell'adattamento reciproco. Il secondo è quello della costituzione di un nucleo di principi che appartengono a ognuna delle tradizioni giuridiche. Il terzo quello del riconoscimento di un corpo minimo di principi superiori. Le corti svolgono dunque un ruolo fondamentale nel sottrarre dall'isolamento ordini giuridici diversi e diversamente collocati.
Se l'economia ha scavalcato i confini degli Stati, lo stesso può dirsi degli Stati stessi, le cui funzioni essenziali si svolgono oltre il territorio nazionale: i militari impegnati sotto le bandiere dell'Onu e della Nato sono più dei militari italiani o di quelli francesi. Lo spazio giuridico globale è pieno di regimi regolatori settoriali, ciascuno con il suo sistema di norme e con un apparato chiamato a farle osservare. In esso operano circa duemila enti. Sono gli Stati che danno l'investitura iniziale agli organismi globali. Ma, poi, l'azione di questi ultimi va oltre l'ambito statale. La globalizzazione giuridica deve far fronte a problemi diversi, quali il conflitto tra uniformità globale e differenze nazionali, la coesistenza di diversi regimi regolatori globali, la concorrenza di norme globali, norme nazionali e norme locali, la difficoltà di individuare i giudici competenti a risolvere conflitti che sono sia globali, sia nazionali.
Che cosa è cambiato nel mondo del diritto e delle istituzioni nell'ultimo secolo? Come è mutato, nello stesso periodo, il modo in cui diritto e istituzioni sono percepiti e studiati? Quali sono stati i protagonisti di questi cambiamenti, o coloro che li hanno più acutamente indagati? Sabino Cassese sperimenta un modo nuovo di scrivere una autobiografia intellettuale, mettendo in primo piano le storie che attraversano e condizionano quella sua personale, l'esplosione del diritto, la perdita dell'ancoraggio statale dei poteri pubblici e della sovranità statale sull'economia, la fine dell'immortalità delle istituzioni, la forza dei miti giuridici e del formalismo dei giuristi, l'apertura verso le altre scienze sociali e la storia, la riscoperta dell'universalità dei fenomeni giuridici e dello studio del diritto, la diversificazione dei mestieri del giurista e i cambiamenti delle università. Per ognuno di questi temi e problemi, l'autore descrive il mondo di ieri e quello di oggi, fornendo un affresco in cui sono mescolate vicende reali e vicende intellettuali, politica e diritto, istituzioni e storia. Arricchisce il volume una bibliografia di scritti di Sabino Cassese dal 1953 ad oggi.
Mentre l'espansione globale dell'economia è ormai irreversibile, la globalizzazione del diritto è, invece, precaria. Più aumenta il peso del diritto universale, più frequentemente ci si chiede a chi rispondano i legislatori internazionali. Come si può regolamentare un fenomeno che sfugge al controllo dei singoli Stati?
I mercati, specialmente quelli finanziari, sono ormai globali. E globali sono il commercio e le tecnologie. Dei cento più grandi organismi economici del mondo, la maggioranza sono imprese, la minoranza Stati. Un numero impressionante di imprese ha carattere multinazionale. Questa globalizzazione è avvenuta per la forza spontanea della tecnologia, dell'economia e della finanza oppure vi sono anche istituzioni su cui i mercati si appoggiano, o che li regolano? E quale ruolo gioca l'Unione europea nel contesto globale? A questo e ad altri interrogativi intedne rispondere l'autore in questo libro.