La pubblica amministrazione è il più grande erogatore di servizi e il maggiore datore di lavoro italiano: da essa dipendono circa tre milioni e trecentomila addetti. È un organismo che si è andato costruendo lentamente, essendo il frutto della storia e dei principi che lo hanno plasmato. Per dimensioni e poteri svolge inoltre un ruolo fondamentale nel sistema politico, condizionando la democrazia. Si comprende, quindi, come dalla sua buona organizzazione e dal suo funzionamento dipendano il benessere dei cittadini e il successo dello Stato. L'amministrazione è al centro di una duplice tensione. È indispensabile, perché non c'è politica pubblica che non faccia capo a essa, e tuttavia viene ritenuta il regno del bizantinismo, delle complicazioni, della corruzione, e criticata perché non funzionale al processo economico. Alle sue difficoltà strutturali si aggiungono l'«esondazione» del Parlamento, diventato co-amministratore, e la debolezza dei governi (il suo organo di guida), per la loro breve durata. I governi tuttavia non sono gli unici responsabili della sua gestione, poiché interi campi dell'azione pubblica sono ora nel dominio di forze politiche multinazionali, come organismi sovranazionali e Big Tech, di cui è importante tenere conto. Alla luce di questi presupposti, l'autore analizza i fattori di crisi dell'amministrazione pubblica e ne indica i possibili rimedi. Propone di iniziare dai prodotti, per poi passare ai processi produttivi, ai modelli organizzativi e procedurali, al personale e alle sue motivazioni, al contesto, ai saperi e alla cultura amministrativa. Perché la pubblica amministrazione sia in grado di gestire i grandi interessi collettivi, è bene partire dall'aspetto più importante: ciò di cui ha bisogno il Paese.
Gli Stati sono ancora i protagonisti della scena mondiale? Oppure sono ormai sostituiti dalle migliaia di organizzazioni internazionali nate negli ultimi anni? Se gli Stati si indeboliscono, cosa accade alla democrazia che in essi si è sviluppata? Qual è la sorte del diritto, che siamo abituati a ricondurre all'idea di Stato-nazione? L'autore cerca, per queste domande, risposte che tengano conto dell'odierna fase di passaggio, in cui l'erosione della sovranità si accompagna con il controllo degli Stati sui regimi regolatori ultrastatali, l'affermazione di standard globali con il potere ultimo di applicarli rimasto nelle mani dei governi nazionali, lo sviluppo di norme e procedure internazionali con il crescente ruolo delle amministrazioni statali e del loro diritto.