Negli ultimi anni si è consolidato un genere letterario che vede la democrazia sfigurata, latitante, dissolta. Eppure, le fragilità di questa forma di governo vanno ricondotte alla sua stessa storia, e non a letture apocalittiche ed estemporanee. Uno dei maggiori filosofi politici italiani analizza lo stato di salute della democrazia in Occidente. Le democrazie hanno perduto di fatto la consapevolezza della propria origine e della propria complessità e vulnerabilità, fino a risultare deficitarie per eccessi opposti: a causa di conformismi e automatismi da una parte, e di esasperazioni polemiche dall'altra. Per rinvigorire la democrazia, è fondamentale individuare l'origine di questi deficit e capire che cosa è andato storto nel processo di democratizzazione del mondo che pareva a portata di mano dopo il 1989. Ma, soprattutto, è necessario che gli individui vogliano ancora la democrazia, con tutte le sue opacità e contraddizioni.
Nel biennio 2017-2018 è iniziata una nuova fase della politica, in Italia e nel mondo? Come è cominciata? Quali sono le ragioni di lungo periodo di questo cambio di registro? Si può dire che i vinti abbiano aperto la strada ai vincitori? Questi dialoghi contengono una riflessione sulle vicende politiche e istituzionali italiane, considerando il sistema politico, i suoi dati strutturali, i modi in cui opera la democrazia, i condizionamenti e i contesti europeo e globale. L'autore esplora suolo e sottosuolo della politica, non per cercare nuove terre, ma per guardarle con occhi diversi, come in ogni vero viaggio di scoperta.
Dopo aver sanato le ferite delle guerre e dei totalitarismi del XX secolo, la democrazia appare oggi fragile e vulnerabile mentre i suoi valori sembrano perdere forza e significato: ne sono prova le difficoltà crescenti dell'integrazione europea, il dilagare dei populismi, la contestazione delle élite, la Brexit, la sorprendente elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Ma come funziona la democrazia? Come opera concretamente nella vita dello Stato, in relazione alle altre componenti dei poteri pubblici, in conflitto con la giustizia, l'autorità, l'efficienza, nella teoria e nella pratica del governo? Sono queste alcune delle domande a cui risponde Sabino Cassese, analizzando l'interazione tra l'elemento democratico dei sistemi politici contemporanei e gli altri elementi che compongono lo Stato, nonché tra la democrazia nazionale e gli ordini giuridici sovranazionali.
La democrazia appare fragile e vulnerabile. Dopo aver sanato le ferite delle guerre e dei totalitarismi del XX secolo, i suoi valori e suoi principi fondamentali sembrano perdere forza e significato: ne sono prova le difficoltà crescenti dell'integrazione europea, il dilagare dei populismi, la contestazione delle élite, la Brexit, la sorprendente elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Ma come funziona la democrazia? Come opera concretamente nella vita dello Stato, in relazione alle altre componenti dei poteri pubblici, in conflitto con la giustizia, l'autorità, l'efficienza, nella teoria e nella pratica del governo? Sono queste alcune delle domande a cui risponde Sabino Cassese, uno dei più noti giuristi italiani, in "La democrazia e i suoi limiti", al centro del quale sta l'interazione tra l'elemento democratico dei sistemi politici contemporanei e gli altri elementi che compongono lo Stato, nonché tra la democrazia nazionale e gli ordini giuridici sovranazionali. L'accento è sui limiti perché, se la democrazia è un limite del potere, è a sua volta limitata, sia per la sua intrinseca natura, sia per l'azione di altre forze. Accanto al tema tradizionale della democrazia come limite del potere, tuttavia, vi sono altri temi emergenti, che rispondono a problemi contemporanei. In primo luogo quello della partecipazione attiva dei cittadini alla vita dello Stato e delle sue istituzioni. Se nei Paesi occidentali un quarto della popolazione si astiene dal voto, se sempre più spesso sono le minoranze a decidere i destini politici di una nazione, se milioni di persone assumono atteggiamenti di protesta, occorre verificare il funzionamento della democrazia, i compiti dei partiti, le vie per far sentire nello Stato la voce dei cittadini, e contemporaneamente le procedure di selezione delle classi dirigenti e i modi di operare degli apparati pubblici.
Un albo cartonato che punta sulla suggestione dell’illustrazione e sulla poesia del testo. Il cantico delle Creature di San Francesco viene qui parafrasato in parole semplici ma ben calibrate dalla penna sapiente di Sofia Gallo; è riportato anche il testo originale nella stessa pagina. Le illustrazioni di altissima qualità evocativa aumentano la portata poetica del testo. In coda al testo una pagina su san Francesco di semplice accesso, ma completa nelle informazioni e nell’approccio.
Il fascismo pretese di erigere un nuovo Stato, ma riutilizzò abbondantemente in chiave fascista elementi e residui dello Stato liberale. Autoritario e dittatoriale, concentrò il potere pubblico, ma accettò anche la sua pluralizzazione. Eliminò libere elezioni, creò un surrogato della rappresentanza politica, si valse di organizzazioni satelliti, ma ricorse ad amministrazioni parallele per gestire la crisi economica. Si proclamò anti-liberale, anti-parlamentare, anti-clericale, anti-borghese, anti-capitalistico, ma venne a patti con il Re, con il Senato, con la Chiesa e con la borghesia. Riconobbe ed esaltò la società, ma ne rigettò il pluralismo e organizzò lo Stato intorno alla figura di un demiurgo. Fu conservatore ma anche modernizzatore (dalle forme di propaganda all'architettura all'uso del cinema). Il fascismo non si lascia dunque racchiudere in una sola formula e racchiude in sé elementi contraddittori, che Sabino Cassese ricostruisce esprimendo dubbi sul valore euristico della nozione di totalitarismo.
Conflittuale e costruttiva, negativa e affermativa, distruttiva e ordinativa, critica e dogmatica, razionale e mitica: è vero che l'ideologia è un modo errato, parziale e soggettivo, di pensare la politica? È vero che le ideologie oggi sono morte? La risposta è un doppio no. Le ideologie sono il modo attraverso il quale si presenta il pensiero politico nell'età moderna: sono risposte alle crisi, e a loro volta vettori di crisi. Oggi le ideologie restano, ma trasfigurate: affermazioni polemiche e identitarie, da una parte sono limitate a gruppi ristretti, mentre dall'altra diventano raccoglitori di scontento, come sovranismi e populismi. E anche i nuovi conflitti geopolitici che lacerano il mondo si esprimono attraverso lo scontro ideologico fra democrazie e autocrazie. Nella loro pluralità le nuove ideologie dimostrano l'ineluttabilità della politica: in esse si esprime la coazione occidentale a pensare che l'ordine politico può essere il risultato di un'azione liberatoria, con cui ci appropriamo del nostro destino.
Questo libro è un unicum. Mai fino ad ora un giudice della Corte aveva descritto il funzionamento di un organo così centrale nella vita giudiziaria e politica del nostro paese, e che parla solo attraverso le proprie sentenze. Con prosa misurata ma non reticente, sfilano nelle pagine, minuziosamente annotati, nove anni incandescenti (dal 2005 al 2014) punteggiati da sentenze "storiche", precedute e seguite da polemiche e speculazioni anche giornalistiche: dal caso Previti al Lodo Alfano, dall'ammissibilità dei referendum sulla legge elettorale al caso delle intercettazioni al presidente della Repubblica alla costituzionalità del porcellum, per citarne solo alcune. Ma non solo, emerge anche l'impegno per un miglior funzionamento della Corte, lo stimolo a superare le inerzie e i particolarismi insiti in ogni organizzazione, l'impegno per la razionalizzazione delle risorse, la battaglia per l'affermazione della dissenting opinion che consentirebbe una maggiore trasparenza.
Negli ultimi trenta anni, il diritto amministrativo è profondamente cambiato. I confini con le altre discipline sono divenuti porosi, gli istituti e gli strumenti si sono moltiplicati e differenziati, il modo di agire delle amministrazioni si è adattato al mutare dei tempi, i paradigmi concettuali hanno subito molte nuove evoluzioni. Questo volume fornisce un aggiornamento sui progressi del diritto amministrativo e fa ordine nello stato delle conoscenze attingendo alla esperienza dei due protagonisti, testimoni privilegiati ad un tempo della tradizione giuridica e della stagione delle riforme.
Verso le periferie del mondo e dell’esistenza: è questa la direzione verso cui si volge quest’ultimo libro di don Vito Cassese. La stessa direzione che ha seguito la sua azione pastorale e missionaria nelle comunità a lui affidate. La stessa direzione verso cui si sta muovendo la Chiesa universale, in particolare dopo l’elezione di papa Francesco. Le periferie del mondo e dell’esistenza non sono tanto lontane dal nostro continente, dalla nostra città, da casa nostra e dalla nostra vita quotidiana. Le nuove periferie sono molto più vicine al nostro “baricentro” di quanto possiamo credere. Sono i luoghi dove è facile notare macroscopiche assenze di strutture e iniziative per le esigenze più elementari di chiunque a tutti i livelli. Nell’analisi puntuale che don Vito fa in quest’opera non mancano riflessioni e interventi provenienti da diverse voci ed esperienze, ma soprattutto non manca la sua esperienza locale, nella sua città: Non dobbiamo dare per scontato che i problemi del nostro paese siano solo a causa di conseguenze sociologiche, ecclesiastiche, politiche o fuoriuscita di senno di qualche litigioso permanente senza titoli di lauree, di cui falsa-mente si pregia o di altri fregiati dagli stessi che si nascondono dietro di lui e basta. Un’analisi, quella contenuta in Una Chiesa in uscita: alle periferie dell’esistenza, non per piangersi addosso ma per continuare e rafforzare la propria missione, riprendendo il cammino sempre dall’Inizio, da ciò che riaccade nel quotidiano, nel banale, in virtù di un Miracolo permanente, che ha la faccia di chi accetta la sfida del reale.
Antonio Cassese non era un lettore qualunque di Kafka, ma un giudice che aveva esperienza del male e che continuava a credere nella legge e nel diritto, pur guardando "con angoscia le forze che si oppongono all'esercizio della giustizia e soprattutto l'istinto di sopraffazione sempre latente e pronto a esplodere in qualsiasi momento della vita e della storia". In questo libro egli apre ai lettori il suo "retrobottega", quel luogo e quel tempo di riposo mentale dalle fatiche quotidiane condiviso con le letture preferite. Da queste letture e dal confronto, continuo e sempre rinnovato, con lo scrittore praghese, costruisce tanti piccoli saggi, riflessioni sulla vita e sulla letteratura, sui mali dell'umanità, da lui così conosciuti per professione, accompagnandoci nei suoi incontri con personaggi veri o ideali. L'uomo e il giudice, lo studioso e il lettore si confondono in queste pagine in cui emerge una vita intera spesa a comprendere l'umanità, nel tentativo di aiutarla a uscire dai suoi mali oscuri. Un percorso intenso e intimo che si chiude con due racconti, "L'isola dei Bianconi" e "Getsemani", con cui Cassese affronta e spiega la sua ultima battaglia, quella con la malattia.
Siamo tutti scontenti dello Stato italiano. Governi e opinioni pubbliche delle altre nazioni europee, stupiti dalla mancanza di solidità e compattezza delle istituzioni e dalla loro difficoltà a governarci. I governanti nazionali, le cui politiche rimangono parzialmente inattuate. I governati, che lamentano costi e inefficienze dei poteri pubblici. I burocrati, frustrati e impotenti, per di più accusati del malfunzionamento dell'amministrazione. L'alta dirigenza, identificata come una casta. Le ragioni di questa situazione sono state ampiamente ricercate dagli storici. Mancava però una ricostruzione dall'interno della macchina statale italiana e un esame degli eventi esterni che ne hanno condizionato lo sviluppo nel secolo e mezzo di storia unitaria.