"Credo che l'artista debba operare per svegliare e dilatare questa scintilla di assoluto che è in tutti, e che ci fa veramente uomini", affermava Diego Fabbri (1911-1980), una delle più alte e intense espressioni di quel "teatro cattolico" che darà altri straordinari esempi di feconda vitalità. Nel suo teatro, in effetti, Diego Fabbri, riconosciuto come autore di sicuro talento anche dai suoi critici più prevenuti, mette in scena una fede cristiana che si interroga e interroga senza posa lo spettatore fino a delineare quel senso "tragico della vita" che accomuna l'umanità migliore e più attenta alla realtà spirituale del vivere, e molto al di là degli steccati ideologici o confessionali. Scandagliare l'uomo, dunque, per giungere a quel mistero di Dio rivelato nella vicenda, scandalosa e luminosa, della croce e risurrezione di Gesù di Nazaret. A distanza di tanti anni, in un clima culturale mutato, sempre più teso ma anche aperto alle ragioni della speranza, cosa rimane e cosa può dirci ancora il teatro di Diego Fabbri? È la domanda a cui cercano di rispondere, da vari angolazioni, i contributi qui proposti.
Un saggio unico nel panorama editoriale italiano, in cui l'autore propone cento brevi brani in poesia e in prosa, con un sintetico commento, tutti accomunati dalla domanda decisiva: qual è il vero volto di Dio?
Una sorta di “dizionario minimo della fede”, in cui padre Castelli – con il consueto acume critico, che si appoggia su una conoscenza enciclopedica – propone e commenta cento brevi brani in poesia e in prosa, tutti accomunati dalla domanda decisiva: qual è il vero volto di Dio? con quale nome chiamarlo? in che modo incontrarlo? Poeti, narratori e letterati che sono stati investiti dal pensiero o dall’esperienza di Dio ci offrono suggestioni, impressioni, folgorazioni, che si aprono su un orizzonte sconfinato.
11 noti scrittori fra Ottocento e Novecento a cui l'autore rivolge le domande radicali sul senso della vita.