"Qui vivono maestro Nicola, barbiere, e Pietro Pérez, curato, don Chisciotte e Sancio Panza, Ronzinante e Dulcinea del Toboso, il baccelliere Sansone Carrasco e Ginesio di Passamonte, l'arguta Dorotea e don Fernando, qui c'è la grotta di Montesinos e c'è Cervantes fra mille avventure e luoghi fantastici, poi ci sei tu, lettore, primo personaggio del libro, tu che in queste terre di pagine e parole, appena entri, prendi il nome di Alonso Quijano:" (Gian Luca Favetto".
Un grande libro piantato nella coscienza occidentale. Questa ampia antologia rende leggibile il Don Chisciotte al lettore contemporaneo, a quattrocento anni dalla sua prima pubblicazione. Ma chi è il fantastico, simpatico e stralunato cavaliere che da secoli occupa l'immaginazione dei lettori e l'intelligenza dei critici? Su di lui hanno detto tutto e il contrario. Il lettore ne resterà ancora incantato. È più che mai ancora vivo, e forse più che mai urgente, il suo affascinante segreto di cavaliere dell'ideale che vedeva il mondo come nessun altro.
Pubblicando nel 1613 le "Novelle esemplari", Cervantes non tace l'orgoglio di considerarsi "il primo ad avere scritto in lingua castigliana novelle", alla maniera italiana. Narrazioni "esemplari", dunque, come modelli al radicamento in Spagna di un genere letterario di grande efficacia per delineare figure e casi avvincenti che rechino anche lezioni di vita ispirate a una moralità laica, prima ancora che cristiana. Un'altra ragione dell'esemplarità di queste novelle, però, è implicita: esse offrono lo spazio più congeniale a un'arte del narrare che delle convenzioni di una poetica esalta tutti gli ingredienti e le suggestioni, e questi combina e manipola in un gioco inesausto e sempre sorprendente di trame e linguaggi, di calchi e parodie.