In questa brillante ricostruzione della storia della civiltà, G.K. Chesterton sfida le concezioni materialistiche ed evoluzioniste del suo tempo, in particolare quelle di H.G. Wells, per affermare l'unicità dell'essere umano quale privilegiato destinatario.
A Chesterton Shakespeare piaceva da matti: ne traeva insegnamento per la sua vita interiore e al tempo stesso autentico piacere e godimento, non solo per gli straordinari concetti da lui espressi, per la profondità dei suoi drammi, per la complessità delle psicologie dei personaggi, ma anche per l’originalità di talune immagini visive, per la creatività nell’uso del linguaggio, per il semplice suono di certi suoi versi, per la straordinaria capacità di raccontare l’uomo all’uomo senza infingimenti. Nel presente volume sono raccolti – grazie a Valentina Vetri, docente di Cultura e Civiltà inglese presso l’Università CIELS di Bologna – proprio gli scritti in cui Chesterton spiega e interpreta meglio alcune delle opere di Shakespeare più note, in modo che siano perfettamente comprensibili a tutti, dandone letture tanto semplici quanto originali e profonde, che ci spingeranno con rinnovato gusto sulle pagine del “grande Bardo”.
Un testo che con lucida ragionevolezza e disarmante ironia getta luce sulla condizione moderna dell'uomo e della società, riguardo a cui si chiama sempre in causa la parola crisi, il più delle volte con dimessa rassegnazione. Cento anni fa Chesterton considerava i disastri portati dalla disuguaglianza economica, dalla separazione delle famiglie, dalla rovina del sistema educativo, dalla violazione delle libertà fondamentali, in nome dell'idolatria dello Stato e di quella del profitto. Sono le piccole cose ordinarie le grandi aspirazioni dell'uomo ad esser messe in pericolo: l'uomo comune non chiede altro che un matrimonio d'amore, una piccola casa, professare in pace la propria religione, diventare nonno, godere del rispetto e della stima dei suoi simili e morire di morte naturale. Chesterton sfida il mondo a compiere un passo indietro: non quello di un uomo impaurito che si sottrae alla battaglia, ma quello dell'uomo tutto intero che per buttarsi nell'avventura della vita non ricorre a ricette ideologiche e utopiche sul progresso, ma sta ancorato con saldezza e con audacia alle realtà originarie che sono alle sue spalle.
Il lettore ha tra le mani il frutto delle conversazioni svolte da Chesterton sul programma radiofonico della BBC tra l'autunno del 1932 e la primavera del 1936. È corretto parlare di frutto perché il volume non raccoglie solo le trascrizioni delle trasmissioni radiofoniche pubblicate sul settimanale della BBC, The Listener (rimasto in vita sino al 1991), ma anche di ciò che esse generarono e cioè le lettere e soprattutto una partecipazione viva dei lettori-ascoltatori, le risposte di Gilbert e i contributi polemici originati dalle trasmissioni di Chesterton. È un errore considerarlo un polemista. Era in realtà un amante della Verità in ogni sua possibile veste e declinazione. Questa raccolta lo dimostra. Al di là dei fuochi d'artificio che legittimamente si concedeva, dell'umorismo piacevole e frizzante che praticava con larghezza, Gilbert aveva l'"arma segreta": entrava davvero nelle case e soprattutto nei cuori delle persone. Introduzione di Marco Sermarini.
Una breve storia d'Inghilterra non è un testo per specialisti ma l'intervento di uno dei più importanti intellettuali del tempo che sente il bisogno di scrivere per illuminare il lato nascosto, dimenticato della storia del suo Paese. Due i bersagli polemici scelti: il primo si connette alla falsa origine anglosassone del popolo inglese sovrapposta dagli storici dell'Ottocento, con un'abile operazione culturale, al passato romano e cristiano, il secondo concerne il controverso ruolo assunto dall'aristocrazia nel Settecento; se per un verso fu la protagonista della definitiva affermazione del parlamento e della costruzione dell'impero, per un altro legò sempre più le sorti del Paese alla Germania contribuendo al definitivo distacco dell'Inghilterra dalle sue origini cristiane.
Gilbert K. Chesterton dedicò questa importante biografia letteraria finora inedita in Italia a Robert Louis Stevenson, l'autore de "L'isola del tesoro" e de "Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde". Da questo saggio, Stevenson emerge come un testimone inconsapevole di verità, "un pagano altamente onorevole, responsabile e valoroso, in un mondo traboccante di pagani che erano per la maggior parte molto meno cavalieri e onorevoli". Di più, Chesterton lo considera alla stregua di un teologo cristiano che restituisce nei suoi personaggi votati all'avventura l'inquietudine della caduta e la moralità della ricerca di senso in un mondo che attende di essere esplorato. L'intera sua opera appare a Chesterton una difesa della possibilità di essere felici, e una risposta alla domanda di felicità dell'uomo, che può essere assolta solo ritornando piccoli e capaci di stupore. Il brusco ritorno alla semplicità dell'infanzia, come espressione del profondo desiderio di raggiungere la felicità, è un fatto ricorrente in tutta la storia umana. E in questo sta, per Chesterton, "l'importanza del posto che Stevenson occupa nella storia letteraria".
A distanza di oltre mezzo secolo torna sul mercato italiano il capolavoro di G.K. Chesterton "L'uomo eterno", una intensa esplorazione della storia umana in cui l'autore, opponendosi al dilagante darwinismo sociale, nega la linearità dello sviluppo dalla barbarie alla civiltà e riafferma l'unicità e la cesura rappresentate nella storia dal messaggio cristiano.