Siamo entrati in un'era di turbolenza in cui le vicende dell'economia si mescolano con quelle della politica, con quelle militari, con le malattie, con i disastri ambientali e tanto altro, per formare una miscela esplosiva di cui è difficile capire sviluppi e conseguenze. Se abbiamo vissuto tre crisi epocali in vent'anni, è molto probabile che ne vivremo altre nei prossimi anni e che il nostro futuro sarà un succedersi di crisi che si sovrapporranno e interromperanno il corso della storia per reindirizzarlo verso nuove tendenze, senza mai raggiungere una fase di equilibrio, ma sempre transitando da un evento a un altro. Non dobbiamo preoccuparci di sapere in anticipo se e quale sarà la prossima crisi. Non lo possiamo sapere, perché tante possono essere le cause scatenanti e molte di esse possono non avere molto a che fare con l'economia. Ma sappiamo per certo che, se avremo rafforzato il nostro paese e se avremo a disposizione servizi pubblici adeguati e di buona qualità, qualunque sarà la prossima crisi, sapremo gestirla meglio e superarla per riprendere a vivere il più rapidamente possibile. È questa la nuova normalità del futuro.
Non c'è italiano che non pensi di essere in credito con lo Stato, perché ritiene di pagare più tasse di quanto riceva in servizi. Ma non è così per la maggior parte di noi. In realtà chi predica a favore di una riduzione delle tasse e della spesa pubblica, di fatto predica a favore di una sperequazione dei redditi che avvantaggia le classi più ricche. Vivere in un paese che fornisce buoni servizi è meglio che vivere in un paese dove si pagano poche tasse.