Nato da un progetto a lungo accarezzato, La mente colorata è soprattutto un'interpretazione narrata dell'Odissea, dove velocità e leggerezza celano un immane lavoro di documentazione. Un racconto, dunque, che «conquista senza scampo», come ha scritto Piero Boitani, giacché «intrecciare ancora una volta il tessuto stupefacente dell'Odissea, e insieme interpretarlo nell'arazzo più vasto della letteratura greca, non è esattamente cosa facile», e Citati lo fa apparire «semplice e limpido». Ma c'è di più: per Citati, che coltiva in egual misura la passione per gli antichi e per i moderni, l'Odissea inventa le leggi dell'arte del narrare, ne sperimenta ogni forma e possibilità, sicché dal poema si dipartono luminosi tragitti, che ci proiettano verso i libri che verranno: Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister, Anna Karenina, la Recherche sono costruiti secondo lo stesso principio sinfonico; nell'isola dei Feaci Ulisse fonda il racconto fantastico, che ha ispirato le storie delle Mille e una notte, Potocki, Hoffmann, Poe, e nella capanna di Eumeo il racconto d'avventura, da cui discendono i romanzi ellenistici, Dumas, Stevenson. Comprendere l'Odissea significa, del resto, comprendere «noi stessi, l'arte moderna, il nostro futuro».
"Citati segue con impressionante precisione la progressiva caduta nel buio delle due farfalle, come prima la loro ascesa nella luce sfolgorante. Penetra a fondo nell'animo dei Fitzgerald, nell''incrinatura' che in lui si fa sempre più profonda, nella molteplicità e nella metamorfosi dello scrittore: nelle crisi di lei, nella complessità e tenacia del loro rapporto. Il ritratto che disegna della malattia mentale di Zelda, rapido e ritardato, pieno di particolari ma sovrastato dall'incombente Dümmerung, è un'opera al nero di prima grandezza che fa venire i brividi." (Piero Boltani)
"Parlo meglio di quanto non scriva" diceva Barbey d'Aurevilly "quando l'Angelo di fuoco della Conversazione mi prende per i capelli come un Profeta". E nell'"Armonia del mondo", dove il filo conduttore è l'Italia, davvero sembra che quell'Angelo si sia impadronito di Citati: che ci parli di gatti e di bambini, della maturità, della nube di scontentezza che ci avvolge, del giusto rapporto da tenere con gli oggetti, della morte nel mondo moderno, della scomparsa dei veri potenti (ma non del potere), di una Parigi dove tutto è traslucido come in un Bellotto, degli ospiti di un albergo di montagna, della lingua italiana moderna, sempre si ha l'impressione di partecipare a una luminosa conversazione capace di cogliere ciò che si nasconde in ciascuno di questi argomenti, o lo trascende. Una conversazione che ci offre, come ha scritto Giovanni Mariotti, "molte ragioni di ammirazione, una lezione di stile (nel senso non solo letterario) e un antidoto efficace al malumore".
"Se questo libro è, oltre che una biografia critica densa di illuminazioni, un vero e proprio racconto, il 'romanzo' della vita della Mansfield, lo si deve a un dono raro, che Citati - sono parole di Mario Praz - possiede al pari della scrittrice: '... egli aspira, assorbe il contenuto, l'essenza di un personaggio, lo condensa, l'amplifica, e lo ripresenta con un effetto sonoro che fa pensare al 'Bolero' di Ravel: ora è Goethe, ora è Cosroe, e ora la Mansfield. Shelley scrisse 'La sensitiva' con sfoggio di spettacoli del giardino nelle varie stagioni che accompagna l'esistenza della dama eletta. Citati ha circonfuso la sua vita della Mansfield con le esalazioni di un incensiere carico di tutti i profumi della poesia'".
"Nessuno come Dostoevskij è andato mai così lontano, nel viaggio verso il Male assoluto: nessuno vi ha mai abitato con tale costanza; e ci ha guardato così, con gli occhi stessi del crimine" scrive Pietro Citati mentre ci accompagna guida lucida e insieme partecipe, quasi febbrile - attraverso "Delitto e castigo". E ad attirarlo, ancor più di Svidrigajlov o Raskol'nikov, è Stavrogin, in cui soffia "il vento di un vuoto gelido e vertiginoso, illimitato e senza confini": certo perché scrivendo i "Demoni" Dostoevskij si è rispecchiato in lui, e "scorgendo questo riflesso, ha avuto paura delle profondità inattingibili del proprio cuore". Sono dunque Dostoevskij e Stavrogin il cuore tenebroso di questo libro, dove Citati rilegge i grandi romanzi dell'Ottocento (quelli di Balzac, Poe, Dumas, Hawthorne, Dickens, Flaubert, Tolstoj, Stevenson, James) per cogliervi in atto la passione del Male, l'incontro con il Male. Li rilegge come soltanto lui sa fare: non da critico accademico o militante ma da "lettore-scrittore" (come ha notato Nadia Fusini), capace di illuminarli prolungandone il fascino nella sua scrittura. E comunicando a noi il desiderio irresistibile di rileggerli a nostra volta.
"Questo libro di Citati è in fondo l'antologia segreta dei suoi sogni, e dei misteri sui quali gli preme di far luce: gli ori luminosi degli Sciti, e la strana luce del dio Apollo; le visioni iniziatiche dell'A-sino d'oro di Apuleio; l'accecante oscurità delle Lette-redi Paolo; e il Dio di Agostino, nelle Confessioni. I giochi del Tao, e la Bibbia vista dall'Islam... E Dante, e Mozart, e Montaigne... E il prodigio delle favole e dei racconti mitici". Hector Bianciotti
Ne "La colomba pugnalata", Pietro Citati accetta una sfida temibile: avvicinarsi al mistero che fu Marcel Proust. Con la sensibilità e gli strumenti del narratore, con il rigore del saggista, egli ci rivela il paradosso di quest'uomo tutto dolcezza e passività che cela dentro di sé un grandioso architetto, un sublime legislatore, un pensatore metafisico capace di costruire una delle ultime cattedrali d'Occidente.
"La primavera di Cosroe" era un meraviglioso tappeto, ricamato di smeraldi, che il re persiano Cosroe II faceva distendere nella sala della sua reggia, per ricordare le gioie della primavera quando le nevi e le noie dell'inverno lo assillavano. Anche questo libro è un tappeto, tessuto di parole invece che di pietre preziose. L'artigiano che l'ha composto racconta la costruzione della città di Persepoli, storie di re luminosi e nascosti, di re benigni e crudeli. Dal culto del fuoco alle "Mille e una notte": un viaggio attraverso la civiltà iranica.
Chi si cela dietro l'enigmatica immagine di Alessandro Magno? Quali eventi hanno deviato la sua vocazione di letterato e filosofo, trasformandolo nello spietato conquistatore eretto a modello da Cesare e Napoleone? Alessandro appare in questo ritratto come una sintesi di figure storico-mitiche: un "io" molteplice e contraddittorio costruito mettendo insieme l'ira furiosa e l'amicizia disinteressata di Achille, la resistenza al dolore di Eracle, la liberalità e la tolleranza di Ciro il Grande. La sua ansia intellettuale e la sete di conquista scaturiscono dalla medesima pulsione, per cui le sequenze del crescendo espansionistico sono luoghi fisici e insieme tappe di un percorso conoscitivo che si arresterà solo davanti all'Oceano Indiano.