Se, come dicono i mistici ebraici, il silenzio è la voce con la quale Dio parla all'uomo, la grande letteratura è la voce con la quale l'uomo parla a se stesso, in un linguaggio che esprime con infallibile evidenza l'infinita, contraddittoria e oscura trama di pensieri e sentimenti, sogni e passioni, che da sempre agitano l'animo umano. Nella sua penetrante rivisitazione di pagine e figure memorabili della letteratura universale, Pietro Citati ne offre esempi eloquenti. L'urgenza della fede in un «Principio Supremo», radice comune delle tre religioni monoteiste, e l'amore per il Gesù dei Vangeli, raccontato e vissuto da Francesco, Angela da Foligno, sant'Ignazio e, quattro secoli dopo, da don Milani. Il «lavoro di commentatore dell'universo» di Montaigne e la cupa malinconia dietro le quinte delle commedie di Molière. La «furia di infinito» di Chateaubriand, attratto dalle magiche voci e dal sacro orrore delle foreste americane, e l'«esorbitante» pulsione visionaria di Balzac, incarnata nel personaggio del forzato Vautrin che da genio del male e dell'inganno si trasforma imprevedibilmente nel fautore del bene comune e di un'utopistica harmonia mundi. I tormenti di Charlotte Brontë, che solo nell'ombra della propria infelicità trova la giusta luce per narrare nel suo ultimo libro la storia di due persone felici, e la nevrastenia di Dostoevskij, schiavo della penna e inesorabilmente attratto dalla vertigine della roulette, forse perché sola metafora possibile di quel grande gioco d'azzardo che è per lui la letteratura. Ancora, il fascino per il mistero del dolore che portò Cechov nell'isola di Sachalin, il luogo delle «più intollerabili sofferenze», e la depressione che come un incubo irruppe nella vita di Tolstoj, confluendo nelle "Memorie di un pazzo". L'ossessione di Stevenson per il Male Assoluto, impersonato dal diabolico signore di Ballantrae, e la fatale prossimità di Conrad «al limite estremo» - come il capitano Whalley del racconto omonimo -, in cui si è già con «un passo dentro la morte». O l'incontenibile euforia di Virginia Woolf a passeggio per le vie di Londra, l'amata città-teatro di cui era estasiata spettatrice e in cui perdeva se stessa, abolendo «il suo io immenso e vertiginoso». E, fra gli italiani, la «divertita, insaziabile, disperata» curiosità che Calvino provava per se stesso, e il male invisibile sepolto nell'anima di Gadda, quella «fascia di tenebra» che ricopre tutte le cose visibili e invisibili, velando persino le apparizioni più dolci della natura. Assumendo spesso un punto di osservazione apparentemente marginale, Citati sa cogliere l'essenza di ogni creazione letteraria e artistica, che è, come scrive Scott Fitzgerald, un «nuotare sott'acqua e trattenere il fiato», e che da sempre convive con l'abisso, lo intuisce o ne viene perdutamente folgorata, in un ambiguo intreccio con la biografia del proprio artefice. Un'esperienza dell'assoluto e del silenzio che si capovolge nel miracolo stupefacente della parola.
Per i Greci del tempo di Socrate, il sogno è il prodotto - e insieme il compagno segreto e inseparabile - di un'entità invisibile, racchiusa dentro ogni essere umano, chiamata "anima" (psyche). L'anima è il vero io, e Socrate dice che "bisogna prendersi cura di lei più di ogni altra cosa". E il sogno è la prova che l'anima ha in sé "qualcosa di divino". Quando il corpo giace nel sonno, l'anima ascolta voci prodigiose, percepisce odori soavi, scorge una luce meravigliosa, e le figure sacre appaiono maestose e benevole. Per Pietro Citati, la rappresentazione greca del sogno è molto più vasta, libera, mobile e polimorfa di quella - arida, schematica - degli psicologi moderni. Per fortuna, negli ultimi due secoli la mente umana è stata salvata dai grandi scrittori, come Proust e Kafka. Con un'attenzione delicatissima ai "segni dell'anima", Citati rintraccia in Chateaubriand, Jane Austen, Balzac, Stendhal le "immagini della morte", l'ombra che accompagna il cammino di ogni uomo. Nella scrittura di Nerval, Flaubert, Hawthorne, Nietzsche scorge l'immagine riflessa di una zona superiore che domina sia i campi beati e furiosi della Follia, sia quelli aguzzi e lancinanti della Ragione. E in fondo ai libri di Cechov, Conrad, Virginia Woolf scopre quel "passeggero clandestino" che sta rinchiuso nel cuore di molti di noi e compie le azioni che non osiamo commettere. Citati è convinto che la psyche dei Greci, grazie al potere formidabile dei sogni, agisca in tutte le epoche e non solo nella letteratura.
Noi moderni lettori dei Vangeli siamo immensamente rozzi e limitati, se ci paragoniamo a un sacerdote ebreo o a un fedele cristiano del primo secolo. Cogliamo soltanto una minuscola parte dell'infinita ricchezza di citazioni e allusioni, rinvii interni ed esterni e sensi segreti con cui veniva composto un Vangelo. Leggere un testo è un'arte che abbiamo quasi dimenticato. Con infinita pazienza e umiltà, Pietro Citati ripercorre il cammino fatto da quei primi lettori: ricostruisce la trama di rimandi e riferimenti nascosti, legge gli indizi, ricompone gli intarsi, mostrandoci come la storia, gli eventi della vita di Gesù si sono compiuti con simboli immaginati molti secoli prima. Tutto il racconto evangelico - dal misterioso tema della nascita verginale di Gesù fino alle parole finali sulla croce: "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?" - è fittamente intrecciato con il testo dell'Antico Testamento, con le leggende ebraiche che formano una specie di fondale, di eco e di conferma alle verità della nuova fede. Al di là del ricchissimo tessuto della tradizione, però, Citati cerca con tutte le sue forze di cogliere la novità, il respiro profondo della rivelazione cristiana. La modestia, il candore, la dolcezza di Maria non trovano riscontro nei testi antichi. E nemmeno la misteriosa immagine del "bambino nella mangiatoia", uno dei segni fondamentali in cui si riconoscevano i nuovi fedeli.
Noi moderni lettori dei Vangeli siamo immensamente rozzi e limitati, se ci paragoniamo a un sacerdote ebreo o a un fedele cristiano del primo secolo. Cogliamo soltanto una minuscola parte dell'infinita ricchezza di citazioni e allusioni, rinvii interni ed esterni e sensi segreti con cui veniva composto un Vangelo. Leggere un testo è un'arte che abbiamo quasi dimenticato. Con infinita pazienza e umiltà, Pietro Citati ripercorre il cammino fatto da quei primi lettori: ricostruisce la trama di rimandi e riferimenti nascosti, legge gli indizi, ricompone gli intarsi, mostrandoci come la storia, gli eventi della vita di Gesù si sono compiuti con simboli immaginati molti secoli prima. Tutto il racconto evangelico - dal misterioso tema della nascita verginale di Gesù fino alle parole finali sulla croce: "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?" - è fittamente intrecciato con il testo dell'Antico Testamento, con le leggende ebraiche che formano una specie di fondale, di eco e di conferma alle verità della nuova fede. Al di là del ricchissimo tessuto della tradizione, però, Citati cerca con tutte le sue forze di cogliere la novità, il respiro profondo della rivelazione cristiana. La modestia, il candore, la dolcezza di Maria non trovano riscontro nei testi antichi. E nemmeno la misteriosa immagine del "bambino nella mangiatoia", uno dei segni fondamentali in cui si riconoscevano i nuovi fedeli.
Capolavoro "di sogno e di fumo", il Don Chisciotte è un libro misterioso e molteplice. Chi è il narratore saggio e bugiardo che ha creato la trama, i personaggi, i colori, le ombre, la filosofia, la psicologia, le variazioni di "questa storia gravissima, altisonante, dolce e immaginata"? Con garbo, discrezione, ironia, buffoneria, menzogna, verità, Miguel de Cervantes gioca con questa domanda per tutto il romanzo, e più gioca e più la risposta si fa sfuggente e segreta. Tutto, per lui, tende all'enciclopedia, non vorrebbe escludere nulla, nemmeno l'ultimo abitante di Siviglia o di Cordoba, ma poi il suo libro totale si trasforma nella più grandiosa parodia di qualsiasi forma di totalità. A tratti, lo scrittore si perde in un gioco infinito di incantesimi dove sembra che tutte le verità, le menzogne, le parole e i silenzi formino un meraviglioso guazzabuglio. Ma poco dopo si scopre che nel romanzo dell'incantesimo e degli incantatori non tutto è incantato e alla fine lo stesso Don Chisciotte diventa un lettore realistico della realtà. Cervantes rifiuta di imporre alla sua opera un'architettura rigida e una struttura: non sta mai fermo, è sempre da un'altra parte, deride la sua stessa narrazione, vagabonda per le strade del romanzo come il suo eroe per le contrade di Spagna. La vita stessa di Don Chisciotte è così ricca, così complessa, così divertente, così fantastica, così inverosimile che non può essere compresa in nessuna formula.
Al principio della sua vita, Giacomo Leopardi era felice. Nell'infanzia, gioia, furia, "allegrezza pazza" riempivano le sue giornate. Poi l'infelicità piombò su di lui. Un "sistema di malattie" si impadronisce del suo organismo. Giacomo non sente più né la natura né la bellezza; il sentimento, l'entusiasmo si dileguano. Non gli resta che sopportare: arte in cui diventa, in pochi anni, un maestro. Ma la sua mente è innamorata delle contraddizioni, dei rovesciamenti e degli sdoppiamenti. Così, continua a ricercare la felicità, pur sapendo che è un'impresa disperata. La insegue nel piccolo, accogliente mondo aristocratico-borghese di Bologna; a Pisa, nella tenue aria primaverile; a Firenze, tra le luci autunnali del lungarno; tra i gelati, le pasticcerie e i panorami di Napoli. Vive quasi tutto il resto della sua vita celando i dolori, le angosce, la desolazione, le passioni, la solitudine, il dono di essere un genio immenso. Pietro Citati ci conduce attraverso la vita di Leopardi fino al cuore segreto della sua opera. Ci sono in questo libro alcune importanti novità biografiche e molte letture fresche e originali. Ma c'è soprattutto, come avrebbe voluto Leopardi, la capacità di immedesimarsi nello scrittore, di seguire ogni minimo impulso del testo, fino a creare una nuova opera, vibrante e appassionata.
A metà fra la monografia e la biografia, o meglio al di sopra di questi due generi letterari, il libro di Pietro Citati ripercorre le tappe cruciali - fatte di luoghi e persone, ma anche, se non soprattutto, di sensazioni e pensieri - del tormentato cammino esistenziale di Giacomo Leopardi, dal suo difficile rapporto con i genitori alla vita nel “natio borgo selvaggio”: dal corpo a corpo con la malattia e il dolore agli incontri con i letterati suoi contemporanei, dagli studi "matti e disperatissimi" alla fama ottenuta dalle sue opere in Italia e in Europa. Oltre che dalla documentazione storica, il racconto è innervato dall'attenta ed empatica lettura della prosa e dei versi leopardiani, che si snoda con sapiente sicurezza tra le lettere dello stupendo “Epistolario”, alcuni dei passi salienti e memorabili dello “Zibaldone”, e - elettivamente - le “Canzoni”, gli idilli e le “Operette morali”, oggetto di una rivisitazione così partecipe e intensa da ricavarne sempre nuove suggestioni e scoperte.
Una raccolta di saggi di uno dei più autorevoli e raffinati intellettuali italiani, Pietro Citati. Oltre sessanta ritratti dei personaggi più significativi della letteratura e, più in generale, della cultura europea del Novecento: scrittori e scrittrici, poeti e poetesse, saggisti e critici, ma anche registi. Il volume è suddiviso in cinque parti: la prima è dedicata agli inizi del secolo; la seconda all'arco di tempo che va dagli anni Venti al secondo dopoguerra; la terza alla poesia; la quarta alla letteratura dal secondo dopoguerra fino ai recentissimi Yehoshua e Pamuk; la quinta, infine, a scrittori e intellettuali con cui Citati ha avuto legami d'amicizia e che oggi sono quasi tutti scomparsi (Gadda, Calvino, Manganelli e Fellini).
Zelda Sayre nasce nell'aprile dell'anno 1900. Nel luglio del 1918, a una festa da ballo in cui è contesa da cavalieri come la più corteggiata fanciulla d'Alabama, conosce un giovane ufficiale: Francis Scott Fitzgerald. È un amore totale, geloso e tormentato fin da principio. I due si sposeranno nel 1924, pochi giorni dopo la pubblicazione del suo primo romanzo di successo. Ma la vita di questa coppia baciata dalla bellezza e dal successo è segnata dall'ombra lunga della follia di Zelda, e da quella della disperata insoddisfazione di Fitzgerald. Una coppia diventata parte integrante del mito dei "ruggenti anni Venti".
Questo Meridiano, progettato dall'autore stesso ritagliando pagine e scegliendo libri all'interno di una vastissima produzione, focalizza alcuni tra gli episodi cruciali della civiltà letteraria e artistica europea, da Omero al Novecento. Libero da ogni ambizione di tracciare un percorso obbligato attraverso la cultura europea, ma ricco anche di affondi nel terreno della spiritualità e della mistica, il volume si offre al lettore come un viaggio misterioso dell'incanto della letteratura e dell'arte, attraverso un paesaggio dell'anima e del mondo, in un teatro di civiltà e di stili entro cui sarà emozionante avventurarsi, perdersi e ritrovarsi.
Pietro Citati compie una lunga investigazione nel cuore di due grandi religioni monoteiste, attraversando ventisette secoli di storia e di letteratura: dal racconto del libro della "Genesi" alla vocazione di Maometto, fino al Novecento e all'antisemitismo cristiano e musulmano. Appaiono paesaggi d'Oriente e d'Occidente: mari, oceani, città, deserti, re, imperatori, santi, mistici, assassini. Alla fine del viaggio la comune eredità spirituale di Israele e dell'Islam e il fascino della diversità emergono con la medesima forza.
Ulisse,"l'uomo dalla mente dai mille colori", l'eroe più conosciuto dell'epica occidentale, diventa in questo testo di Pietro Citati un universo da scoprire. Come nell'Odissea non traspare mai una struttura lineare e i motivi appaiono, scompaiono per riapparire di nuovo, sostituendosi agli altri e obbedendo a un sottile principio sinfonico, così il saggio di Citati attraversa temi, luoghi, personaggi omerici, in una serie di echi e rimandi, svelando le selve di enigmi dietro ogni immagine e parola: dalla venerabile Calipso, dea antichissima, ai "doppi" Feaci, abitanti di un mondo intermedio tra l'età dell'oro e quella moderna; da Polifemo, esponente di una civiltà bestiale-umana, alle Sirene, dalle seduzioni irresistibili.