Siamo nel pieno di una crisi economica, politica, morale e ambientale che pare inarrestabile. L'Occidente sembra destinato a impoverirsi e a diventare trascurabile, mentre i Paesi dell'Est e del Sud del mondo continueranno a crescere. In Europa si fanno sempre meno figli, e aumentano le malattie non comunicabili e le cosiddette «malattie del benessere». Assieme alla nostra umanità, stiamo perdendo ciò che ci caratterizza e ci rende speciali: la nostra cultura, il nostro spirito, il contatto con la natura. Viviamo secondo quello che Eliot ha definito il principio del profitto e della perdita, governati dalle sole logiche dell'economia. In un vivace scambio di spunti e di riflessioni, Francesco Borgonovo, giovane e brillante giornalista, e Claudio Rise, noto psicologo-analista junghiano, ci forniscono gli strumenti per comprendere i mali della contemporaneità. Muovendo dalla psicoanalisi, dalla sociologia e dalla filosofia, ma anche dal pensiero di poeti e intellettuali come Ezra Pound, Thomas Stearns Eliot e Henry David Thoreau, delineano la fisionomia di una civiltà decaduta e ci mostrano, al contempo, la via per un possibile riscatto. Se è vero che nuvole fosche hanno coperto l'orizzonte, non tutto è perduto. Possiamo ancora cambiare il corso di molte cose, e tornare, infine, «a riveder le stelle».
Interrogarsi oggi su Satana non significa tout court occuparsi di satanismo. Non bisogna infatti pensare che Satana nuoccia esclusivamente a coloro che, per vari motivi, decidono di adorarlo esplicitamente. La sua figura rappresenta uno dei simboli più densi della storia della cristianità, e chiede - dopo secoli di esegesi e di teologia - di essere ripensata da un punto di vista strettamente antropologico e filosofico. Nel panorama contemporaneo, una delle prospettive teoriche che con più rigore è riuscita a pensare insieme religione e violenza, rileggendo in modo originale anche Satana, è senz'altro quella proposta da René Girard. Da più di un decennio - interpretando i simboli che attraversano le Sacre Scritture, dalla Genesi all'Apocalisse -, Girard ha iniziato a denotare il processo mimetico - secondo cui tutti gli uomini desiderano ciò che suggerisce loro un modello, che si trasforma così in rivale - come processo satanico. Lasciato libero di agire, Satana crea quel meccanismo sacrificale su cui tutte le comunità umane si fondano, e innesca quella tensione violenta che porta al sacrificio di un capro espiatorio innocente. Nella lettura girardiana, solo l'opera demistificatrice del logos di Cristo, rivelando il segreto di ogni meccanismo espiatorio, dà origine a una battaglia con le forze del male destinata a durare fino alla fine dei tempi, quando la menzogna del sistema satanico sarà del tutto svelata e l'uomo completamente redento.
Accolto da un grande successo al momento della sua uscita nelle sale, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Grand Prix Speciale della Giuria al 23º Festival di Cannes e premio Oscar come miglior film straniero nel 1971) è considerato uno dei capisaldi del cinema politico. Il linguaggio cinematografico classico, l’eccellenza tecnica della realizzazione e il robusto piglio narrativo sono al servizio di una storia che racconta l’impunibilità del Potere. Un Potere che ha il volto di Gian Maria Volonté, in una delle sue più celebri interpretazioni.
In questo libro Claudio Bisoni analizza le tecniche di messa in scena, le scelte di montaggio, l’uso particolare del décor, la costruzione della maschera di Volonté e si sofferma sui rapporti che il film intrattiene con la commedia all’italiana e con la produzione hollywoodiana.
Il profilo che emerge è quello di un’opera che riflette sul ruolo perverso dell’autorità nella nostra società, e che, interrogandosi sul nesso eros/politica, contribuisce a tracciare alcune delle coordinate lungo le quali continueranno a muoversi, nell’arco di un decennio, il cinema italiano e la cultura cinematografica.
Claudio Bisoni insegna Storia e metodologia della critica cinematografica presso l’Università di Bologna. Si occupa dei rapporti tra critica, estetica e processi culturali. Tra le sue pubblicazioni: Brian De Palma (Recco, 2002); La critica cinematografica. Metodo, storia e scrittura (Bologna, 2006); Gli anni affollati. La cultura cinematografica italiana (1970-1979) (Roma, 2009). Suoi saggi e articoli sono apparsi in volumi collettivi e su varie riviste, tra cui «La valle dell’Eden», «Fotogenia», «Close-up». Per Lindau ha pubblicato (con Roy Menarini) Stanley Kubrick. Full Metal Jacket (riedito nel 2010).
Taizé nasce nella Francia occupata dai nazisti come comunità monastica, voluta da un giovane protestante svizzero, Roger Schutz-Marsauche, che non crede all’esistenza di frontiere invalicabili fra i paesi, le confessioni religiose, le culture, le generazioni. In un’epoca in cui l’uomo sembrava aver smarrito ogni speranza, frère Roger fonda sulle dolci colline della Borgogna un luogo di riflessione, di preghiera e di dialogo, dapprima riservato ai confratelli protestanti e poi con il passare degli anni aperto anche ai cattolici e agli anglicani (l’unità dei cristiani, così tanto desiderata…). Taizé diventa in poco tempo una delle realtà più vitali del mondo cristiano, capace di parlare – in un’Europa sempre più atea – alla società e, in particolare, ai giovani, e impegnata a fare dell’ecumenismo una pratica davvero quotidiana. Le immagini dei tantissimi ragazzi che ogni anno da tutte le parti del mondo si radunano festanti sulle colline francesi per pregare e stare insieme sono forse la rappresentazione più efficace dello spirito di Taizé. Ma altrettanto significativi sono i legami che frère Roger e la sua comunità hanno stretto con Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, con uomini politici come Mitterrand, con intellettuali e artisti come Wim Wenders, e i progetti di aiuto alle zone più povere del pianeta, dall’Africa, all’Asia, all’America latina.
Nelle pagine di questo libro il cantiere avviato dalla comunità di Taizé – diretta dal 2005 da frère Alois, dopo la tragica scomparsa di frère Roger –, si rivela un’opera titanica nella sua semplicità, una tra le più alte di tutta la spiritualità del XX secolo. Dopo aver assistito alla sconfitta dei totalitarismi, all’esaurimento delle ideologie e aver contribuito a riavvicinare molte voci discordi della cristianità, Taizé ha ora di fronte la sfida forse più difficile: ridare una speranza cristiana a un mondo soffocato da un relativismo privo di una prospettiva autenticamente umana.
Intellettuale di sinistra, laico, già ateo convinto, Jean-Claude Guillebaud racconta in queste pagine il suo viaggio di ritorno al cristianesimo.
Insoddisfatto della narrazione solo «orizzontale» e cronachistica dei fatti cui era costretto dal suo mestiere di giornalista, Guillebaud sente la necessità di ritrovare una chiave di lettura più autentica per comprendere la dimensione «verticale» della storia e dell’uomo: «Per me era arrivato il tempo di deporre i bagagli. Il bisogno di leggere, di riflettere nel modo giusto, si sostituiva a quello di osservare e render conto».
La sua testimonianza è insieme personale e paradigmatica: attraverso l’analisi delle esperienze vissute in momenti e in luoghi cruciali del nostro tempo (dalla guerra del Vietnam al ’68, dalla crisi senza fine del Medio Oriente fino all’11 settembre) e il confronto con il pensiero di autori quali Girard, Morin, Ellul e Serres, Guillebaud riscopre la centralità e l’attualità del pensiero cristiano, il suo ruolo fondatore per la cultura dell’Occidente. «Messianismo giudaico, speranza cristiana, progresso dei Lumi: non riesco a impedirmi di scorgervi una filiazione che definisce l’intera storia occidentale. Significa che continuiamo a essere responsabili del divenire del mondo, che “un altro mondo è possibile”, come dicono oggi gli altermondialisti».
La sua «conversione» è dunque in primo luogo una scelta razionale, che nasce da una forte presa di coscienza di quelle che sono le radici della nostra civiltà e della terribile lezione che le ideologie del ’900 ci hanno consegnato. In un’Europa «scristianizzata», stretta fra un fondamentalismo religioso che assume spesso i tratti del fanatismo islamico, un relativismo cinico e un edonismo disperato, il libro di Jean-Claude Guillebaud rappresenta un contributo prezioso alla riflessione sul rapporto fra fede e ragione, quel binomio che Benedetto XVI ha posto al centro del suo pensiero teologico.
L'AUTORE
JEAN-CLAUDE GUILLEBAUD (Algeri, 1944), già giornalista di «Le Monde», è stato direttore editoriale della casa editrice Seuil. Tra i numerosi libri pubblicati ricordiamo La trahison des Lumières (Premio Jean-Jacques Rousseau), Le principe d’humanité e La refondation du monde.