Leggere, nella fede della Chiesa e in modo unitario, le due "lettere che portano il nome dell'apostolo Pietro permette di intraprendere un cammino prezioso. Se già alcuni frammenti in particolare della Prima lettera di Pietro, possono essere noti (perché citati frequentemente nella liturgia), solo la lettura completa ed approfondita del testo può restituirci la sua ricchezza e la sua sorprendente attualità. Come è evidenziato nelle pagine introduttive di questo sussidio, preparato dalla comunità di Marango, si tratta di lettere che si rivolgono, più o meno direttamente, a comunità cristiane reali, alle prese non senza interrogativi e sofferenze, con i problemi quotidiani del loro tempo che, poi, sono quelli di ogni generazione. L'annuncio cristiano, ai tempi di queste lettere ed anche oggi, è la testimonianza serena e gioiosa di una verità detta con amore e di un amore vissuto nella verità. E' l'annuncio di una vita riconciliata e capace di speranza in una quotidianità fatta di luci e di ombre, di alti e bassi, di successi e insuccessi, di momenti lieti ma anche di frangenti tristi e scoraggianti. Annunciare la speranza è per ogni comunità cristiana, anche piccola, un dovere e consiste nel prendere per mano chi fatica o, addirittura, non trova più motivi per vivere. Annunciare la speranza è rendere evidente la differenza cristiana ed è il modo con cui beneficare il prossimo e l'intera società. (dalla Prefazione di Francesco Moraglia)
Questo nuovo sussidio ha il compito di condurre e indicare il cammino a quanti vivono l'esperienza dei Gruppi d'ascolto alla riscoperta della terza ed ultima parte del Vangelo secondo Matteo che ha accompagnato questi anni così difficili, a partire dall'inizio della pandemia all'attuale situazione in cui il perdurare della guerra e l'emergere di tanti segni di crisi (a livello politico ed economico ma anche ambientale ed alimentare ecc.) aumentano preoccupazioni ed interrogativi che si riflettono sulla vita delle persone e delle comunità. Ma proprio le caratteristiche del nostro tempo - di fronte ai "poteri", alle ideologie e al "senso comune" del mondo - possono ravvivare il bisogno e la necessità di ritornare di nuovo al "primato di Dio", che sempre parla al suo popolo, chiede d'essere ascoltato e dona la sua grazia di salvezza. Si tratta, insomma, di "rendere a Dio quello che è di Dio" (cfr. Mt 22,21), come dice Gesù stesso in una delle icone previste durante il percorso. C'è, quindi, da riprendere in mano il "primato della fede" [...]. Sì, perché il nostro accostarci alla Parola e qui, sommamente, al Vangelo che è la Persona stessa del Signore Gesù, non è mai un esercizio intellettuale o puramente culturale; è sempre un momento di grazia, una lettura ed un ascolto "credente" per crescere ogni giorno di più in quella confidenza ed intimità "in Cristo" e nel suo Vangelo che ci permette di dare senso e valore alla nostra esistenza e a tutti gli eventi, grandi o piccoli, che la caratterizzano. [dalla Prefazione di Francesco Moraglia]