Dionisio rappresenta il tiranno per antonomasia: crudele e pauroso, circondato da adulatori e incapace di mantenere relazioni positive con familiari, amici e collaboratori. Il cosiddetto Orecchio di Dionisio - l'ingresso alla celebre cava di pietre di Siracusa - deve il suo nome alla paranoica volontà di controllo attribuita al signore di Siracusa. L'aneddoto più celebre che lo riguarda è quello della spada di Damocle, che ci fa intuire i mortali pericoli insiti nel potere che gestiva. Ma questa rappresentazione negativa del sovrano è viziata dalla tradizione a lui ostile, che prevalse sulla storiografia più favorevole, pervenutaci solo in parte: grazie a quest'ultima possiamo intravedere capacità politiche e militari fuori dall'ordinario. La gestione della continua conflittualità contro i Cartaginesi gli spianò la strada per il controllo di Si-racusa. La città divenne un punto di riferimento per grandezza e bellezza, e soprattutto per le grandiose opere di fortificazione. Il modo in cui Dionisio prese il potere e lo gestì rimase decisamente paradigmatico, e il suo carisma politico non sfuggì neppure ad Alessandro Magno e a Scipione l'Africano che videro in lui modello. Le guerre contro i Greci d'Italia e le pericolose alleanze con i barbari logorarono via via la sua immagine, specialmente presso gli Ateniesi. Ma la sua corte divenne un polo di attrazione per letterati e filosofi, anche perché lo stesso Dionisio amava comporre versi tragici, con una certa sopravvalutazione delle proprie capacità. Drammi familiari e difficili relazioni personali condizionarono in parte il suo agire, ma Dionisio resse il potere a lungo e in sicurezza fino alla morte, che lo colse nel suo letto.
Nel cuore dell'America ci sono città sull'orlo della dissoluzione. Assomigliano, sempre di più, a campagne post-urbane. Un nuovo paesaggio che nella cintura di ruggine - la cosiddetta Rustbelt, che si estende dal Midwest fino a parte del Nordest del paese - è diventato molto comune. Con le fabbriche e i negozi del suburbio abbandonati, distrutte dagli incendi e dalle rivolte razziali degli anni Sessanta e Settanta, da queste città è fuggita più della metà degli abitanti. Lasciandosi alle spalle macerie e popolazioni immiserite, che ogni giorno lottano per la sopravvivenza in un ambiente sempre più ostile. Dalle praterie urbane di Youngstown, dove l'amministrazione comunale si è ormai ridotta a pianificare con zelo l'autodistruzione della città, all'industria del riciclo e della decostruzione di Buffalo, dove attivisti visionari smontano con dovizia e con amore ciò che resta della città; dai deserti alimentari di Detroit e Philadelphia, dove sono scomparsi negozi e supermercati e gli abitanti si organizzano con geniali intraprese agricole, fino alle città come New York che puntano sull'agricoltura urbana, per costruire città più sostenibili grazie a un perfetto metabolismo naturale. Questo è il racconto di territori e popolazioni che non fanno parte delle rappresentazioni consolidate a cui siamo abituati, storie di persone che inventano nuovi modi di vita in ambienti in cui a essersi dissolta - forse per sempre - è la società contemporanea per come la conosciamo.
Un reportage dal fronte, tra le fortezze espugnate a quella mafia che ha fatto la storia, e che ancora soffoca il Paese. La villa di Tano Badalamenti a Cinisi.la reggia di "Sandokan" Schiavone a Casal di Principe, l'enclave dei Casamonica nella periferia romana, perfino una residenza principesca a Beverly Hills, proprietà di Michele Zaza, 'o Pazzo, re del contrabbando. E poi cascine di 'ndrangheta in Piemonte, tenute in Toscana, castelli, alberghi, discoteche, campi di calcio, maneggi. Trincee di ieri e di oggi. Questo libro racconta cos'erano e cosa sono diventate. Un patrimonio che vale una Finanziaria. Un'occasione che rischiamo di perdere. Scuole e uffici pubblici pagano l'affitto mentre migliaia di immobili restano abbandonati.Tra ostacoli di ogni tipo, terreni occupati, edifici distrutti, una legislazione carente, amministratori pavidi, funzionari di banca che concedono mutui ai clan per aiutarli a "salvare" il patrimonio: un terzo delle case sottratte ai mafiosi e non assegnate è gravato da ipoteche, inutilizzabile. Per non parlare delle aziende, quasi tutte, che nel passaggio dalla criminalità organizzata allo Stato falliscono. C'è un'Agenzia nazionale che gestisce e destina i beni sequestrati e confiscati: trenta dipendenti in tutto, zero risorse, rischia lo stallo. Tra le pieghe di un clamoroso insuccesso, questo libro racconta le vicende di tante persone che con intelligenza e straordinaria determinazione hanno tentato di far rinascere la vita là dove prima si predicava solo morte.