Francesco Cossiga ha attraversato da protagonista la seconda metà del Novecento italiano. Il dopoguerra, il caso Moro, la caduta del Muro di Berlino, l’inizio di Tangentopoli, il governo D’Alema: con il suo operato e le sue decisioni, come presidente del Consiglio, del Senato e poi della Repubblica, ha segnato come pochi la storia del nostro Paese. In questa lunga e approfondita conversazione con Piero Testoni, avvenuta nel 2000, Cossiga racconta in prima persona: un’intervista-autobiografia provocatoria e illuminante, in cui spiccano le pagine dedicate alla grande amicizia con Moro e alla tragedia del suo rapimento (vissuto come una sconfitta personale) e i ritratti di amici e nemici, da Craxi a Di Pietro, dal giudice Falcone al generale Dalla Chiesa, da Montanelli a Spadolini a Cuccia, e ancora Ciampi, D’Alema e Berlusconi. Un libro spregiudicato che ci consegna il ritratto di un personaggio complesso e contraddittorio, sempre in prima linea, capace, come raccontava lui stesso, di piacere e sedurre ma anche, specie di fronte alla cattiva politica, di essere “un distruttore”.
«Anche se talvolta misteri inestricabili si sono addensati in
alcuni passaggi della vicenda italiana, la mia impressione è
che ormai nessuno creda più alla realtà così come è.
E dunque c’è sempre una seconda realtà da ricercare.
Non credo che sia in principio sbagliato, e non posso certo
dirlo io che ancora non ho smesso di scavare, chiedere,
provocare. Ma aspirare sempre alla quadratura del cerchio
fa sì che spesso ombre riottose sfidino le leggi della percezione
e affollino impazzite la scena fino a oscurarla del tutto.»
La storia dell’Italia post-bellica comincia nella notte
del 4 gennaio 1947, quando Alcide De Gasperi,
presidente del Consiglio dei ministri, si imbarca
su un aereo e vola verso gli Stati Uniti.
Un viaggio diplomatico che segna una svolta,
un confine tra un «prima» e un «dopo».
Ma che, secondo molti, sarebbe anche all’origine
di una storia nazionale di sovranità limitata, di misteri,
di verità non rivelate, di poteri forti o occulti che hanno
tramato contro lo Stato e nello Stato.
Da quella notte del 1947 fino allo scandalo delle escort dell’estate 2009, Francesco Cossiga ripercorre in questo libro oltre sessant’anni di vita pubblica italiana, fornendo di ogni passaggio cruciale una lettura politica talvolta inaspettata, spesso spiazzante, sempre illuminante. Il suo è un racconto eccezionalmente prezioso dato che dell’intera storia della Repubblica, come ha dichiarato lo stesso Cossiga, «siamo rimasti solo due testimoni, io e Andreotti».
Si è detto che nessun Paese al mondo abbia più misteri dell’Italia: dalla lista, mai trovata, degli spioni dell’Ovra a quella di coloro da internare in caso di golpe al vero elenco degli iscritti alla loggia P2. In effetti, circostanze inspiegabili si sono presentate con ricorrenza: sono sparite le quattro valigie di pelle verde di Togliatti, così come quelle di Moro; la borsa di Calvi fu esibita in tv, ma parzialmente svuotata; e perché mai, nel 1964, Nenni disse che sentiva «tintinnar di sciabole»? Per arrivare a oggi, molti si domandano quale sia la vera origine della fortuna economica di Silvio Berlusconi e, nella cronaca più recente, che cosa succedesse davvero alle feste nelle sue ville.
C’è l’abitudine, in Italia, a ricercare ossessivamente una verità nascosta dietro ogni vicenda, senza mai fidarsi delle apparenze. Eppure, secondo Cossiga, la nostra è al tempo stesso la storia di una «invincibile stabilità». Nel senso che nonostante tutto, nonostante le stragi, nonostante la mafia e nonostante il terrorismo nazionale e internazionale, questo Paese è sempre riuscito a evitare che la sua democrazia si ammalasse irreversibilmente. Di tutto ciò, delle luci e delle ombre, dei momenti drammatici come il caso Moro e di aspetti mai venuti molto alla luce quali i rapporti con il mondo arabo, Francesco Cossiga dà ora la sua versione: la versione di K.