ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
1. In questo volume vengono raccolte tre opere di san Giovanni Crisostomo: L'unità delle nozze; Discorso ad una giovane vedova; Elogio di Massimo (Quali donne bisogna sposare). Di san Giovanni Crisostomo (344 c. - 407) non mi fermo a parlare della vita e delle opere perché rimando ai volumi 7, 22, 24, 31, 35 di questa collana.
Il trattato L'unità delle nozze vuol consigliare le donne che sono state sposate una volta sola a considerare la vedovanza superiore alle seconde nozze: queste ultime sono lecite, sono anzi autorizzate dalla Legge anche se sono la testimonianza «di un animo debole, incline ai piaceri della carne... incapace di concepire alcunché di grande e di eccelso» (2.1). D'altra parte, «il matrimonio non si chiama matrimonio per l'unione carnale — in tal caso anche la fornicazione sarebbe un matrimonio — ma perché la donna sposata ama un solo uomo» (2.2). Le seconde nozze poi recano notevoli situazioni di disagio nell'ambito del nuovo nucleo familiare. Gli stessi legislatori hanno ben compreso questo, donde il motivo di «spogliarle di ogni sfarzo»: il secondo matrimonio «C meritevole di indulgenza ma non di elogi, applausi di corone». Nel Cap. III, il Crisostomo indica quali solfo le «giovani vedove), di cui parla Paolo e alle quali Paolo ordina di risposarsi. Paolo si rivolge non alle giovani vedove che trovano il coraggio di perseverare nella vedovanza, ma a quelle i cui «desideri carnali le distaccano da Cristo» (3.1). Si tratta quindi di una semplice concessione: «per condiscendenza... a causa della vostra incontinenza» (3.2). Sono giovani deboli, non comunque di una «debolezza di natura, ma di volontà», per cui è bene ed è necessario evitare lo scandalo dando così «all'avversario occasione di maldicenza» (3.3): ecco perché Paolo. in fondo, ha prescritto il matrimonio. La vera vedova è colei che si consacra totalmente «alle cose spirituali e celesti, attendendo alle cose del Signore»; è colei che «ha riposto in Dio la sua speranza» (ibid.). Sono appunto questi i concetti-chiave su cui il Crisostomo impernierà l'intera sua discussione e trattazione: sono infatti la chiave di volta interpretativa di tutta la problematica matrimoniale affrontata dal Crisostomo.
A tal proposito, per una più approfondita conoscenza del pensiero crisostomeo in questa materia, oltre ai tre trattati di cui nel presente volume, in particolare sono da leggere per la loro specificità sull'argomento: La verginità, Il matrimonio, Il libello del ripudio.
Ritornando al contenuto del testo, non mancano obiezioni alla vedovanza: l'amministrazione dei beni, ad esempio, rischia fortemente di rovesciarsi, senza la presenza di un uomo, del marito. Crisostomo dimostra (Cap. IV) che le donne sanno amministrare altrettanto bene che gli uomini il loro patrimonio. Infatti, compito della donna non e acquistare i beni — questo è proprio del marito — ma di conservarli.
All'interno della vastissima produzione di Giovanni Crisostomo, le tre omelie De Davide et Saule - con ogni probabilità pronunciate e messe per iscritto nella Pasqua del 387 - costituiscono un ciclo di predicazioni i cui temi centrali sono l'ira, che spinge a cercare vendetta sul proprio nemico, e le virtù ad essa contrapposte, cioè la pazienza, la mitezza e la benignità, che muovono, invece, al perdono. La vicenda biblica che nelle omelie viene commentata è la storia di Davide e Saul: nel Primo libro di Samuele Saul, pur avendo ricevuto da Davide numerosi benefici, tenta più volte di ucciderlo, laddove l'altro, trovandosi a sua volta nella condizione di farsi vendetta, in numerose occasioni risparmia il proprio nemico. Davide, dunque, con la sua capacità di resistere alle tentazioni dell'ira, diventa il referente esemplare per le virtù che l'Autore propone ai fedeli: in quanto uomo, perché capace di superare l'inevitabile condizione di peccato; nel suo rapporto con Dio, perché, consapevole delle proprie miserie, si affida a Lui con fede, speranza ed amore sincero; nel suo rapporto con gli altri uomini, perché non cede alle passioni ma sa prendersi cura persino dei nemici.
Questo II? Volume raccoglie le omelie sul Vangelo di Matteo, dalla 26 alla 61 (le omelie sono in totale 90).
Crisostomo consola Stagiro, monaco con il quale in passato ha condiviso la scelta eremitica, alle prese con un momento di depressione.
Il volume contiene due opere del Crisostomo: il Commento a Isaia, opera esegetica, e le Omelie su Ozia, espressione dell'attivita di predicazione.
La particolare predilezine di Crisostomo per la figura e il pensiero di san Paolo trova ampia espressine in questi sette discorsi pronunciati in sua lode.
L'opera rivela la profonda sintonia spirituale che Crisostomo sentiva intercorrere tra se e Paolo, la cui figura e i cui scritti sono spesso presenti nelle opere del vescovo di Costantinopoli.
Il volume propone per la prima volta la traduzione italiana del Discorso sulla Santa Pasqua a lungo attribuito a Giovanni Crisostomo e a lungo considerata una delle sue migliori opere oratorie. I temi trattati attingono al registro teologico sul significato che assume la risurrezione del Signore per l’umanità non senza tener conto dei riflessi etico-pratici che questo evento comporta sulla vita degli uomini: questo giorno infatti, in cui la morte è annichilita e il diavolo sconfitto, diventa per tutti «presupposto della pace, punto di partenza della riconciliazione, soppressione delle guerre» (dall’Introduzione).
Il volume riunisce due opuscoli appartenenti al corpus asceticum di Giovanni Crisostomo. Essi trattano e contrastano un fenomeno presente nei primi secoli del cristianesimo, vale a dire la coabitazione di monaci o asceti con donne vergini. In un'epoca in cui non era ancora diffuso un monachesimo cenobitico regolare e organizzato, poteva accadere che uomini e donne decidessero di dedicare la propria vita a Dio in preghiera, ascesi e castità, vivendo insieme per beneficiare di assistenza reciproca e soccorso vicendevole. Tuttavia, per i sospetti di immoralità cui poteva dar adito e per lo scandalo che poteva procurare, tale fenomeno nel cristianesimo antico fu spesso considerato con grande sfavore. Con i due opuscoli - il primo indirizzato agli asceti, il secondo alle vergini - il Crisostomo si inserisce in una polemica già viva e ben nota ai suoi tempi, trattata da autori ecclesiastici e recepita da molti concili, consegnandoci i testi più organici e specifici che sull'argomento ci abbia lasciato il cristianesimo antico.
Nel contesto dei radicali cambiamenti sociali che continuano a segnare l'attuale storia dell'Europa e del mondo intero, la paura dell'incognito e il timore dei processi di cambiamento rischiano di ridurre la stessa fede cristiana ad un semplice elemento di identificazione culturale o ad uno strumento di conservazione della tradizione nazionale o locale. Alla riflessione su questi temi può contribuire un testo del cristianesimo antico: l'Omelia su Elia e la vedova di Giovanni Crisostomo. Nell'argomentazione di Crisostomo, l'esempio della vedova in Sarepta di Sidone si erge a modello eroico di carità: in essa l'esercizio della misericordia non viene dispensato soltanto mediante i discorsi, ma attraverso i fatti. Nell'elogio della vedova, Crisostomo proietta l'idealizzazione della donna cristiana, che deve distinguersi per fedeltà, dedizione e sobrietà, manifestando anche nella cura esteriore il distacco da ogni forma di vanità e di inutile spreco.
In un'epoca di grande instabilità sociale l'autore si preoccupa dell'ingiusta distribuzione dei beni fra ricchi e poveri e si fa promotore di un ambizioso progetto di trasformazione della città, alla luce della testimonianza evangelica.