Il problema dei vizi, ben lungi dall’essere scomparso dal panorama culturale odierno, diviene oggetto di trattazione anche da parte della cultura “laica”, in particolare la riflessione filosofica, psicologica e sociologica, che giungono a conclusioni analoghe a quelle della morale classica: indulgere al vizio conduce alla scomparsa del piacere. Alla radice c’è la mancanza di una visione unificata in grado di dare significato alle azioni umane. Il vizio può essere riconosciuto dal soggetto soltanto alla luce di un bene più grande che lo abita.
Giovanni Cucci è laureato in filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dopo l’ingresso nella Compagnia di Gesù ha compiuto gli studi di teologia a Napoli presso la Facoltà S. Luigi e successivamente la licenza in psicologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, dove ha anche conseguito il dottorato in filosofia. Insegna etica presso lo studentato della Compagnia di Gesù a Padova ed è professore di filosofia e psicologia all’Università Gregoriana.
Le Regole e le Annotazioni (oggetto delle cosiddette Istruzioni, solitamente presentate da colui che dà gli esercizi insieme agli spunti per la preghiera) commentate in queste pagine occupano una buona parte del libretto degli Esercizi Spirituali di sant'Ignazio di Loyola. Esse, cercando di fare chiarezza su questo tipo di esperienza, non intendono affatto imprigionare l'opera dello Spirito, ma piuttosto aiutare l'esercitante a rendersi maggiormente disponibile alla Sua azione e a riconoscerne la voce nelle varie situazioni della vita. La posta in gioco, come precisa lo stesso Ignazio, non è di poco conto: "Vincere se stesso e mettere ordine nella propria vita senza prendere decisioni in base ad alcuna affezione che sia disordinata".
Ritenuti a torto un mero retaggio del passato, i vizi capitali costituiscono un’autentica enciclopedia delle passioni umane, una lettura geniale dell’agire umano nelle sue derive negative e nei beni cercati attraverso di essi. Chiunque consideri con attenzione questi vizi potrebbe trovarvi ogni possibile situazione di vita, di classe sociale, di attività proprie della giornata dell’uomo di sempre. Si potrebbe dire dei vizi capitali quello che il regista polacco Kiesloswski aveva osservato a proposito dei comandamenti: «Essi riassumono l’intera nostra esistenza, ciò che siamo e ciò che vorremmo essere: tutti li disattendiamo eppure tutti ci riconosciamo in essi». Questa polarità di trasgressione e ideale evidenzia la perenne attualità del discorso sui vizi, mettendo in guardia da una suggestione mortale: la tentazione di eliminare gli ideali dalla vita, rassegnandosi ad accogliere passivamente ciò che capita, con indifferenza. L’importanza di studiare i vizi capitali si giustifica infine per la profonda saggezza di cui sono portatori. Non a caso sono stati lungo i secoli oggetto di indagine da parte di artisti e studiosi delle discipline più diverse: le loro analisi delineano un profilo dell’uomo di tutti i tempi. Questo libro, che esce in una nuova edizione, con una bibliografia aggiornata e alcune integrazioni nel testo, intende esplorare tale saggezza, avventurandosi in un percorso affascinante che coinvolge teologia, filosofia, psicologia, arte e letteratura.
Giovanni Cucci è laureato in filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dopo l’ingresso nella Compagnia di Gesù ha compiuto gli studi di teologia a Napoli presso la Facoltà S. Luigi e successivamente la licenza in psicologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, dove ha anche conseguito il dottorato in filosofia. È professore di filosofia e psicologia all’Università Gregoriana e presso lo studentato della Compagnia di Gesù a Padova. Tra le sue pubblicazioni: Ricoeur oltre Freud. L’etica verso un’estetica, Cittadella, 2007; La forza dalla debolezza. Aspetti psicologici della vita spirituale, Adp, 20112; Esperienza religiosa e psicologia, Ldc-La Civiltà Cattolica, 2009; Il sapore della vita. La dimensione corporea dell’esperienza spirituale, Cittadella, 2009; (con H. Zollner) Chiesa e pedofilia. Una ferita aperta, Àncora, 2010; (con A. Monda) L’arazzo rovesciato. L’enigma del male, Cittadella, 2010; La maturità dell’esperienza di fede, La Civiltà Cattolica, 2010; P come perdono, Cittadella, 2011; Benedetto Croce e il problema del male, Jaca Book, 2012.
Nel presente contributo si presentano le caratteristiche principali di questo vizio capitale". " Contrariamente alle apparenze, la gola non è affatto un vizio benevolo", proprio di chi si gode la vita, ma una triste modalità di autodistruzione. La difficoltà a riconoscerne la gravità è dovuta, oltre al suo legame con una necessità biologica, al fatto che tende a coprire carenze affettive e relazionali. Rivisitarne la complessa simbologia aiuta a riscoprirne il senso della gratitudine verso Dio per il cibo di ogni giorno. "
Qual è il significato umano e spirituale del desiderio? È un ostacolo da eliminare o elemento da approfondire? Si può vivere senza affetti? Cosa significa "valere"? E quali risvolti può comportare per la vita spirituale? Rabbia e aggressività sono nemici da fuggire o degli alleati indispensabili? Perché hanno un rapporto così notevole con la speranza e la depressione? Che fare quando arriva il momento della crisi? È solo smarrimento o un'offerta di possibilità nuove? Perché il deserto, luogo di desolazione e morte, stranamente, è anche il simbolo-principe della crisi e della maturità spirituale? Il senso dell'umorismo può essere un segno di salute mentale e spirituale? E quando l'amicizia può considerarsi un aiuto per la propria vita? Quanto incide la paura nelle nostre scelte e nella più generale rappresentazione della vita, della società e della relazione con Dio? In questo libro, che esce in una nuova edizione, aggiornata e ampliata, si cerca di dare una risposta a questi ed altri interrogativi con cui, bene o male, ognuno di noi è chiamato a fare i conti: essi vengono presi in considerazione nel loro rapporto con la vita spirituale, senza con questo trascurare il contributo offerto dalle scienze umane. Scopo di questo confronto è di giungere ad una visione più vera e riconciliata con la propria affettività: un ideale non certo facile e tuttavia necessario.
L'accidia, "il male di vivere", sembra essere particolarmente diffuso nelle odierne società occidentali, nei paesi in cui l'ideale di una vita all'insegna della sicurezza e dell'abbondanza di beni è maggiormente praticato. Nel presente contributo si presentano le caratteristiche principali di questo "vizio capitale", rilevando come il malessere, anche psichico, che lo caratterizza, sia soprattutto la manifestazione di una mancanza di senso. Contrastare l'accidia significa perciò individuare un progetto sensato per la propria vita, mettendo a frutto il proprio potere di bene.