«Un terzo degli inglesi sotto i trent’anni non sa dire qual è il proprio telefono di casa senza consultare la rubrica del cellulare. Due terzi degli studenti americani non sanno la data della guerra civile che diede forma agli Stati Uniti attuali, un quinto di loro non ha la più pallida idea di chi fossero i nemici nella Seconda guerra mondiale. Non è la crassa ignoranza del tipo tradizionale, questa è una sorta di perversa efficienza: perché faticare a memorizzare date e nomi, quando basta interrogare Wikipedia o Google per tirar fuori quel che serve in poche frazioni di secondo?»
È proprio un male dubitare? O è il primo passo verso la verità? Se non è mancanza di fiducia, il dubbio fortifica il sapere e la fede. Aiutare a fare discernimento: anche questa è misericordia. Per farlo serve un’umiltà costante.
Le opere di misericordia per un cristianesimo semplice.
Secondo volume sulle dipendenze. La dipendenza sessuale esisteva certamente anche prima di internet. Il virtuale però esercita un fascino ancora più invasivo.
Ritenuti a torto un mero retaggio del passato, i vizi capitali costituiscono un'autentica enciclopedia delle passioni umane, una lettura geniale dell'agire umano nelle sue derive negative e nei beni cercati attraverso di essi. Chiunque consideri con attenzione questi vizi potrebbe trovarvi ogni possibile situazione di vita, di classe sociale, di attività proprie della giornata dell'uomo di sempre. Si potrebbe dire dei vizi capitali quello che il regista polacco Kiesloswski aveva osservato a proposito dei comandamenti: "Essi riassumono l'intera nostra esistenza, ciò che siamo e ciò che vorremmo essere: tutti li disattendiamo eppure tutti ci riconosciamo in essi". Questa polarità di trasgressione e ideale evidenzia la perenne attualità del discorso sui vizi, mettendo in guardia da una suggestione mortale: la tentazione di eliminare gli ideali dalla vita, rassegnandosi ad accogliere passivamente ciò che capita, con indifferenza. L'importanza di studiare i vizi capitali si giustifica infine per la profonda saggezza di cui sono portatori. Non a caso sono stati lungo i secoli oggetto di indagine da parte di artisti e studiosi delle discipline più diverse: le loro analisi delineano un profilo dell'uomo di tutti i tempi. Questo libro intende esplorare tale saggezza, avventurandosi in un percorso affascinante che coinvolge teologia, filosofia, psicologia, arte e letteratura.
«Se la maggior parte dei problemi della vita reale – dipendenze, violenza, bullismo, solitudine, pornografia – continuano a essere presenti sul web è soprattutto perché essi sono presenti nella nostra mente». Da quando è stato introdotto, il web, come ogni grande invenzione, non ha cessato di suscitare dibattiti, entusiasmi e altrettanti segnali di allarme, perché presenta, insieme a opportunità inedite, le medesime problematiche del mondo offline, ma a un altro livello. Il web infatti non è semplicemente uno strumento, ma un vero e proprio «universo», parallelo e talvolta anche alternativo al mondo «reale». Qualunque sia il punto di vista assunto, tutto ciò costituisce in ogni caso un punto di non ritorno, con cui è necessario fare i conti. Da qui l’importanza di un approccio rispettoso della sua complessità, per usarne al meglio le enormi e affascinanti possibilità, senza tacerne i possibili rischi.
Il furbo che scavalca la coda, l'imbroglione di turno, il carrierista senza scrupoli sono tutte modalità con cui l'egoismo fa capolino nella nostra giornata e sembra ricordarci che l'altruismo è solo un'illusione, destinata a dissolversi nel confronto con la cruda realtà. Eppure l'altruismo è alla base della vita e la rende possibile in tutte le sue forme; mentre l'egoismo non è affatto il motore della vita, ma la sua distruzione. Quando facciamo del bene a qualcuno gratuitamente, senza calcoli o secondi fini, stiamo bene, anche se abbiamo sacrificato qualcosa di noi stessi. Ma perché essere altruisti fa stare bene? Nel libro si cerca di rispondere a questo interrogativo, mostrando la potenza del principio dell'altruismo a livello biologico, storico-sociale e psicologico; ma anche dando la parola a coloro che lo hanno criticato, spesso in maniera brillante e arguta. Se l'immagine dell'uomo "naturalmente egoista" ha avuto un successo enorme e duraturo, è perché mette in guardia da una concezione discutibile di altruismo. Contrariamente alle apparenze, l'altruismo autentico è la caratteristica che contraddistingue la persona matura, animata dal desiderio del bello e del gratuito. È la capacità di compiere qualcosa per cui valga la pena di essere vissuti.
Il problema dei vizi, ben lungi dall’essere scomparso dal panorama culturale odierno, diviene oggetto di trattazione anche da parte della cultura “laica”, in particolare la riflessione filosofica, psicologica e sociologica, che giungono a conclusioni analoghe a quelle della morale classica: indulgere al vizio conduce alla scomparsa del piacere. Alla radice c’è la mancanza di una visione unificata in grado di dare significato alle azioni umane. Il vizio può essere riconosciuto dal soggetto soltanto alla luce di un bene più grande che lo abita.
Giovanni Cucci è laureato in filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dopo l’ingresso nella Compagnia di Gesù ha compiuto gli studi di teologia a Napoli presso la Facoltà S. Luigi e successivamente la licenza in psicologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, dove ha anche conseguito il dottorato in filosofia. Insegna etica presso lo studentato della Compagnia di Gesù a Padova ed è professore di filosofia e psicologia all’Università Gregoriana.
Le Regole e le Annotazioni (oggetto delle cosiddette Istruzioni, solitamente presentate da colui che dà gli esercizi insieme agli spunti per la preghiera) commentate in queste pagine occupano una buona parte del libretto degli Esercizi Spirituali di sant'Ignazio di Loyola. Esse, cercando di fare chiarezza su questo tipo di esperienza, non intendono affatto imprigionare l'opera dello Spirito, ma piuttosto aiutare l'esercitante a rendersi maggiormente disponibile alla Sua azione e a riconoscerne la voce nelle varie situazioni della vita. La posta in gioco, come precisa lo stesso Ignazio, non è di poco conto: "Vincere se stesso e mettere ordine nella propria vita senza prendere decisioni in base ad alcuna affezione che sia disordinata".
"Il messaggio che viene trasmesso fin dalla più tenera età è che siamo troppo fragili per affrontare le difficoltà della vita e che è possibile al massimo limitare i danni, facendosi curare. È il paradosso del salutismo, che ha creato nuove forme di dipendenza: più ci si sottopone a cure e controlli, peggio si continua a stare." La nostra cultura è sempre più sensibile al tema della salute, fino all'ossessione. Una ossessione alla base del suo attuale disagio di vivere: più ci si cura e più ci si scopre fragili, ansiosi, impauriti. Da qui la tendenza a esasperare l'aspetto malato delle persone, non solo nell'ambito della salute mentale ma nei contesti più diversi della vita, come la politica, le relazioni affettive, l'educazione. Con effetti devastanti. Nel libro si presentano le molteplici sfaccettature di questa preoccupante novità del nostro tempo, cercando di risalire alle sue radici culturali. La salute a tutti i costi ha comportato un grave impoverimento culturale e spirituale che sta lentamente spegnendo il gusto di vivere dell'uomo occidentale.
Tra tutti i vizi l'ira è forse quello più riconoscibile e di cui ci si vergogna maggiormente, perché più facilmente individuabile. Eppure la sua fenomenologia è estremamente ricca e complessa, come la riflessione di tutti i tempi ha mostrato con chiarezza. L'articolo passa in rassegna le varie posizioni in merito, evidenziando la sua fondamentale caratteristica di richiesta di giustizia, che la differenzia da altri vizi, come ad esempio l'invidia e l'odio, e che può trovare una risposta adeguata solo in una prospettiva religiosa.
Il libretto presenta le caratteristiche peculiari e le potenzialità distruttive, a livello psicologico, relazione e sociale, dell'invidia, confermando la sua caratteristica di vizio antipatico". " L'invidia è un vizio strano, non mira ad alcun bene, eppure per essa si arriva a sacrificare ogni cosa. Può essere contrastata solo da una visione della vita improntata alla beatitudine, dove si gioirà della gioia degli altri, non tanto della propria: per questo non ha senso invidiare ciò che di per sè già ci appartiene.
Il celebre romanzo di J. Barrie, "Peter Pan", delinea un'inedita visione della vita all'insegna della paura di diventare adulti, una paura che i decenni successivi, come un commento vivente all'opera, hanno puntualmente confermato, fino a classificarla come disturbo psicologico: la Sindrome di Peter Pan. In queste pagine se ne presentano le caratteristiche salienti: le sue origini, le peculiarità, ma soprattutto il suo dramma profondo, che esprime una preoccupante crisi di civiltà. Quando una società non vuole più crescere, puntando i piedi per non entrare nelle tappe successive dell'esistenza, significa che non sa più educare a vivere, non vede un futuro dopo di sé e muore, simbolicamente prima che fisicamente.