L'ascesa della rete come ambiente globale ha cambiato le prospettive politiche. Da una parte, crea l'illusione di una sfera comunicativa senza controlli, in cui si realizzerebbe pienamente la libertà dei cittadini. Dall'altra, consente a leader spregiudicati di contattare senza mediazioni i cittadini stessi, attraverso i social oppure organizzando consultazioni politiche online. La tesi di questo libro è che a trarne vantaggio siano solo i nuovi leader autoritari - Trump, Erdogan, Putin, Orbán - o gli aspiranti tali - Le Pen, Grillo, Salvini, Petry, Wilders, Farage. Tutta gente che si vuole disfare dei partiti e persegue una relazione diretta con i cittadini, soddisfacendo le loro paranoie in tema di sicurezza, immigrazione, protezionismo economico. Ecco perché l'ascesa della nuova destra può essere definita populismo digitale. Populismo, perché il popolo non è concepito da questi leader che come un gregge da vezzeggiare. E digitale, perché senza il trionfo del web tutto ciò non sarebbe pensabile.
Quali sono i criteri con cui la crudeltà, ampiamente mostrata dai media vecchi e nuovi, è occasione di sdegno o di intervento "umanitario"? La risposta è che lo sdegno dipende da un complesso di circostanze, tra cui gli interessi materiali in gioco e la fondamentale indifferenza delle opinioni pubbliche occidentali. Come si è determinata questa strana mescolanza di insensibilità e moralismo? Riprendendo il tema della crudeltà nel mondo classico e moderno, come si manifesta soprattutto nella letteratura e nella cultura di massa, il saggio analizza la complessità dello "sguardo" come ottica culturale: non è la crudeltà a essere finita ma il nostro sguardo culturale a non vederla più. È così che dalla fine della guerra fredda, ormai da quasi venticinque anni, l'Occidente combatte guerre in mezzo mondo senza che la sua vita quotidiana sia alterata e in un'indifferenza appena venata di voyeurismo.