Questo libro ricostruisce la storia della schiavitù atlantica, legata cioè alla tratta che si organizzò tra le coste africane e quelle americane, e copre i circa quattro secoli della sua durata, scavalcando i limiti convenzionali della storia moderna. Muove infatti dall'inizio del Cinquecento, quando la pratica fu avviata e si stabilizzò nelle Americhe, e giunge al secondo Ottocento, epoca in cui se ne decretò la formale abolizione, senza però estirpare un uso che, sotto mutate spoglie, continuò a lungo illegalmente. L'obiettivo è quello di delinearne le origini, il consolidamento e il declino, facendo emergere i tratti specifici della schiavitù moderna rispetto tanto alle forme antiche quanto alle nuove schiavitù contemporanee.
Nell'età dei Lumi fece la sua comparsa sulla scena europea un nuovo attore: il "philosophe", che rivendicava apertamente, tra le altre, la libertà di esprimersi a livello pubblico attraverso la parola scritta. Concentrandosi in particolare su Francia e Italia, Patrizia Delpiano esplora il processo che tra la fine del Seicento e la fine del Settecento condusse alla teorizzazione e alla messa in pratica della libertà di stampa. È una storia segnata da ostacoli istituzionali come la censura ecclesiastica e statale e da altri, non meno coercitivi, posti dalla coscienza degli autori stessi. Tra l'etica del silenzio e la libertà di scrivere si apriva infatti il vasto campo dell'autocensura: un universo del non scritto sinora largamente inesplorato, che segnò a lungo la vicenda degli intellettuali europei.