La biografia di uno studioso, così come i suoi libri di riferimento, tracciano le linee del suo filone di ricerca e, perché questo si possa dire tale, ne aprono altri. È quanto si può dire dell'avventura intellettuale contenuta in queste pagine: un racconto personale che diviene espressione di un metodo più universale di lavoro, quello che Sacchi chiama "storico-filologico". Dove la filologia è l'inizio ma anche il compimento della ricerca storica, perché non si dà pensiero sulle origini del cristianesimo che non sia un continuo attingere ai testi. Questo spiega l'allargarsi degli studi biblici di Sacchi, dalla formazione con Giorgio Pasquali al Nuovo Testamento; dall'Antico Testamento agli apocrifi, ai rotoli di Qumran, alla letteratura apocalittica, rileggendo le origini cristiane - e la stessa figura di Gesù - alla luce del giudaismo dei primi secoli e delle sottese teologie (del Patto, della Promessa). Percorsi che si intrecciano e tornano su loro stessi, proprio perché osservati con quel distacco critico che deriva dalla oggettività del testo, e sono coronati dall'edizione, a cura di Sacchi, di grandi opere, come gli Apocrifi dell'Antico Testamento e la Bibbia dei Settanta. Prefazione di Luca Mazzinghi.
L'apocalittica: una nebulosa dagli spessori variabili, una matassa ingarbugliata. Verità che distruggono, segreti terribili trasmessi dal mondo degli angeli a quello degli uomini; peccati mostruosi fra cielo e terra; lotta cosmica tra demoni e angeli; coscienza della fragilità dell'uomo e della sua grandezza, del suo posto nel dramma della vita e della storia. Paolo Sacchi, messo da parte ogni tentativo di definizione preliminare dell'apocalittica, ha cercato di penetrare la nebulosa, di afferrare un capo della matassa. Mettendo a frutto scoperte recenti che mostrano come il cosiddetto Libro dei Vigilanti, solitamente considerato apocalittico, sia più antico degli altri scritti del genere, ha cominciato con lo studiare quest'opera trovando che essa sta a monte di una corrente di pensiero di grande importanza in Israele, se suoi elementi divennero comuni a tutto il giudaismo e altri poterono trasfondersi nell'essenismo e nel cristianesimo.
«Il padre che fu madre» è una rilettura della parabola del «figliol prodigo» come appello forte per una chiesa amante e profetica, simbolo di libertà. «Non è il "figliol prodigo" il protagonista del racconto più bello di tutto il vangelo. Egli infatti, dopo avere metaforicamente "ucciso" il padre, non ritorna a lui perché pentito, ma per fame e per necessità. Il vero gigante che la parabola mette in luce è il padre, che ama a perdere, senza aspettarsi in cambio nulla dai due figli, uno peggiore dell'altro. Proprio per questo, il padre è sempre padre e, pur di salvare i figli ribelli, non esita a farsi madre, madre che genera sempre... senza fine».
Negli ultimi decenni la storiografia dell’antico Israele ha compiuto molti passi in avanti, soprattutto per quanto riguarda i secoli più antichi.
Grazie sia alla valorizzazione delle scoperte epigrafiche e archeologiche dell’ultimo secolo sia a una valutazione più attenta e consapevole delle narrazioni bibliche, ci si è accorti che non è più possibile limitarsi alla Bibbia per ottenere uno sguardo completo sulla storia d’Israele.
Questo breve libretto, conformemente con gli odierni orientamenti della scienza storica (e della scienza biblica), tiene presente l’insieme di tutte le fonti storiche offrendo una sintetica e più adeguata comprensione degli avvenimenti che concernono l’antico Israele.
Destinatari
Gruppi biblici, studenti e laici interessati a conoscere la storia d’Israele
L’autore
Paolo Merlo è docente presso la facoltà di Sacra Teologia della Pontificia Università Lateranense e insegna Storia dell’Antico Testamento al Pontificio Istituto Biblico. Presso l’editore Carocci ha curato il volume L’Antico Testamento. Introduzione storico-letteraria (2008) e pubblicato lo studio La religione dell’antico Israele (2009).
Paolo Ricca ci conduce lungo un sentiero, un itinerario, all'interno della Bibbia toccando tappe fondamentali che riguardano la fede e la vita cristiana.
Il senso dell'immenso mistero di Dio che, nella sua libertà, si abbassa e si svuota della sua divinità per raggiungere l'essere umano e rendere possibile la realtà del suo Regno pervade e sostiene queste meditazioni del teologo valdese.
Perché e per chi il Regno è un "evangelo"? Lo è per i peccatori, ai quali è annunciato e donato il perdono. Lo è per i malati, molti dei quali vengono guariti. Lo è per i poveri, che vengono evangelizzati e dichiarati "beati". Lo è per gli affamati, che vengono saziati perché il pane non solo è moltiplicato, ma viene distribuito, cioè condiviso [...]. Il Regno è un "evangelo" per le donne, che finalmente vengono accolte nella compagnia dei discepoli di Gesù. Lo è per gli ultimi, che diventano primi, lo è per gli esclusi, che vengono inclusi. Il regno di Dio è il nostro mondo capovolto. Ecco perché i potenti della terra ne hanno tanta paura.
Paolo Ricca
Un antico maestro della Misbnà, Ben Bag Bag, diceva: «Volgila e rivolgila, tutto vi è in essa [nella Torà]» (Avot 5,22). Tutto è nella Torà, ma bisogna voltarla e rivoltarla: Dio ha parlato, ma l'uomo deve metterci il commento. Intorno a questi due pilastri dell'ebraismo si «aggirano» le pagine che seguono: si aggirano perché non hanno una meta, un punto di arrivo, ma vogliono solo essere momenti di una frequentazione infinita (una ruminati°, direbbero i Padri) della Torà scritta e orale. Ci sono tanti modi di introdurre al giudaismo: infatti il giudaismo è plurale, e questa pluralità - nelle idee, nei tempi, nei luoghi, nelle identità - è la sua forza. Perciò molte sono le porte per entrarvi e viverci, o anche solo per conoscerlo. Una porta è quella che anche il Nuovo Testamento indica nel farsi carne, cioè realtà variamente terrena e sensibile, della parola (per Israele la Torà, per i cristiani Gesù). Fuori di questa concreta «vocalità» divina - se così si può dire -, di Dio non sapremmo mai nulla, se non, appunto, chiamarlo Ain, «Nulla», o Mi?, «Chi?», secondo i maestri della qabbalà. Ma Ain è divenuto Anì, «Io», e perciò abbiamo un Tu e non siamo più soli.
Questo libro aiuterà il lettore a soffermarsi su alcune parole per ricercare il senso “nascosto” non sempre evidente che soggiace ad ogni pagina della Bibbia: in tal modo si vuole facilitare una lettura più profonda e spirituale.
Si legge nella Bibbia che uno dei compiti fondamentali del sacerdote è quello di insegnare a tenere distinto e separato ciò che è sacro da ciò che è profano, ciò che è impuro da ciò che è puro. Frase che contiene l'espressione di idee oggi malamente afferrabili, comprensibili solo come metafore indicanti valori affermati o traditi. Questo studio traccia la storia della categoria "sacro/profano - impuro/puro" quale si può ricavare dalla Bibbia e da molti altri scritti della cultura ebraica dalle sue origini fino al sorgere del cristianesimo. Un libro nel quale l'indagine storica non solo svela inaspettate trasformazioni di senso delle parole "sacro" e "impuro", ma mostra un'immagine inconsueta dei tanti volti del giudaismo e delle loro relazioni con la nascita del cristianesimo.
Di appannaggio quasi esclusivo dell'esegesi biblica e della ricerca teologica, la Sacra Scrittura - carica di impensati depositi di verità - richiede anche oggi di essere indagata attraverso categorie filosofiche, esposte nell'attuale stagione postmoderna ad una strisciante perdita di senso. Come da millenni insegna il pensiero ebraico con le sue multiformi cifre ermeneutiche, le pagine bibliche sono in grado di esprimere sia la singolarità della memoria etica del popolo scelto, sia alcune coordinate antropologiche ed etiche valide universalmente. È soprattutto il messaggio veterotestamentario affidato ai profeti per risvegliare lo spirito critico dei popolo e pungere i vizi del potere regale e sacerdotale, a contenere una vera e propria strategia di riconoscimento intersoggettivo e di pratiche interpersonali, che possono assumere anche il nome di "etica della consegna". Spinto a verificare relazioni umane significative innanzitutto fra Dio e il suo messaggero, e poi tra il profeta e i suoi diretti interlocutori: il monarca, la corte, i sacerdoti, la comunità di Israele, il mandato profetico può trasmettere, se opportunamente interrogato, un patrimonio di verità che va oltre la mera appartenenza religiosa. Questo studio intende ripercorrere alcune tappe significative delle pagine profetiche, nella convinzione che la filosofia occidentale, pur attrezzata di un suo specifico apparato teorico, può guadagnare ulteriori prospettive etiche, attingendo ad un patrimonio antico, che rimanda anche nel presente le sue inquietanti domande e i suoi illuminanti paradigmi di orientazione nel mondo.
La Regola della Comunità è una delle opere più significative del corpus qumranico. Nelle undici colonne di cui si compone, questo testo esprime una teologia complessa e profonda e insieme offre squarci di vita della comunità di Qumran. La Regola è strutturata in parti facilmente individuabili, di autori e tempi diversi, e si conclude con un inno che con la sua ascesi a Dio sembra essere il punto d'arrivo della vita spirituale della comunità. Nella sua edizione della Regola della Comunità Paolo Sacchi si interessa alla comprensione generale del pensiero dell'opera nel contesto della storia del pensiero ebraico dei due secoli precristiani. La traduzione mira a rendere il pensiero antico per mezzo di termini meno lontani dal lessico comune, nel tentativo di poter così risultare più vicina al testo originale e al tempo stesso più chiara per il lettore odierno.
Descrizione dell'opera
Il corso di cristologia si propone di articolare in un’unità organica i due momenti della domanda che Gesù rivolge ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che io sia?» e «Voi chi dite che io sia?» (cf. Mc 8,27-29). Asse portante della trattazione è la centralità dell’evento concreto di Gesù di Nazaret – crocifisso e risorto – per la comprensione sia dell’identità di Gesù Cristo (vero Dio e vero uomo), sia dell’identità di Dio come essere relazionale (uno e trino). Il percorso si articola in 20 tesi, ciascuna con una propria tematica, arricchita da suggerimenti bibliografici e domande per lo studio personale.
La prima parte (tesi I-XI) prende avvio da un bilancio della ricerca storica su Gesù. A partire dal contesto sociale e religioso in cui egli è vissuto, risponde alla domanda sulla sua identità dal punto di vista meramente storiografico, consentendo di definire in primo luogo ciò che egli non è. In seguito ne prende in esame ministero, passione e morte: il Gesù prepasquale consente di delineare in positivo la persona di Gesù Cristo, facendo emergere la struttura relazionale dell’identità di Gesù che si dischiude attraverso l’incontro, la sequela, il conflitto, l’abbandono e la morte. È tuttavia l’esperienza pasquale che conduce all’esplicitazione cristologica dell’identità di Gesù e che fonda la cristologia.
La seconda parte del manuale affronta lo sviluppo dogmatico della cristologia, che ha trovato esplicitazione nei concili di Nicea, Efeso, Calcedonia, Costantinopoli I e II (tesi XII-XIV). La terza è di carattere prettamente sistematico (tesi XV-XX) e prende tra l’altro in esame la singolarità e l’unicità di Gesù Cristo in dialogo con il giudaismo, l’islam e le altre religioni.
Sommario
Introduzione. Venti tesi che fanno spazio agli approfondimenti di cui si è detto sopra.
Note sull'autore
Paolo Gamberini sj è nato a Ravenna nel 1960 ed è entrato nella Compagnia di Gesù nel 1983. Dopo la laurea in filosofia all’Università Cattolica con una tesi sul pathos di Dio in A.J. Heschel, ha approfondito gli studi di teologia a Tubinga e alla scuola superiore di Sankt Georgen (Francoforte) con un dottorato sull’analogia nel pensiero di E. Jüngel (Nei legami del Vangelo. L’analogia nel pensiero di Eberhard Jüngel, Morcelliana, Brescia 1994). Da diversi anni è impegnato nel dialogo ecumenico e interreligioso. Dal 1992 è docente di teologia dogmatica alla Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale (sezione San Luigi). Autore di vari saggi di teologia, cristologia ed ecumenismo, il suo interesse teoretico principale è l’elaborazione di un’ontologia di relazione che abbia il suo principio e fondamento nella comprensione trinitaria di Gesù Cristo e che sia paradigma per la riflessione teologica.
Laicita: una parola chiave per leggere il significato di tanti dibattiti in atto; la parola forse piu usata in questo momento storico in occidente.