Il libro si pone essenzialmente tre domande. Quanto è cambiata la componente più importante della partecipazione religiosa in Italia tra il 1993 ed il 2019? (Si dirà anche qualcosa sugli anni della sindemia da Covid e del lockdown, e si vedrà che non hanno prodotto inversioni di tendenza.) Come è cambiata l'influenza di altri fattori sociali su questa forma di partecipazione religiosa? Come è cambiata l'influenza di questa forma di partecipazione su altri aspetti della vita sociale? Non si tratta solo di documentare un calo, ma di provare a guardare cosa avviene dentro una porzione più piccola, ma pur sempre molto importante, della società italiana. Quanto e come pesa il sesso, la generazione di appartenenza, l'età e quanto ha pesato essere nati o essere cresciuti in certi periodi storici invece che in altri? Tra i tanti segni "meno" si vede però emergere anche un segno "più": quello della influenza di questa forma di partecipazione religiosa sulla disponibilità a gesti di solidarietà, accoglienza ed aiuto nei confronti di altre persone. I "praticanti" sono oggi un gruppo sociale molto diverso da quello che erano un quarto di secolo fa. E si avviano a diventare presto qualcosa di ancora diverso da ciò che sono oggi: alcune dinamiche di quella trasformazione vengono qui evidenziate e discusse.
Come è possibile che il Papa abbia successo e la Chiesa cattolica sia in crisi? In questo suo ultimo libro, Luca Diotallevi affronta il problema da un punto di vista diverso da quello usuale: cosa sono diventati la società contemporanea, la religione contemporanea, la Chiesa contemporanea, il papato di oggi e il cattolicesimo di oggi? Perché quello che sembrava impossibile è invece divenuto reale? Perché il Papa ha successo e la Chiesa no? Per affrontare il "paradosso di Francesco" l'autore propone di liberarsi non della idea di "secolarizzazione", ma dei luoghi comuni che hanno caratterizzato il concetto classico (oppure: tradizionale) di secolarizzazione. Allora diventa comprensibile perché in una società più secolarizzata circola più religione (non meno), o perché la laicità non se la passa meglio delle vecchie confessioni religiose. Tutto questo avviene perché la società è oggi una "cosa" diversa da quella che aveva funzionato fino ai "lunghi anni '60" (del Novecento) e che ci si era illusi funzionasse anche nei decenni successivi. Così anche la religione è diventata una "cosa" diversa. Alcune possibilità si sono chiuse e molte altre si sono aperte. In questo spazio di cambiamento il paradosso di Francesco diventa meno enigmatico e meno enigmatiche le alternative.
La modernità prende forme impreviste. Che fare, allora, cambiare la definizione di moderno o semplicemente voltare pagina e arrendersi alla categoria di postmoderno? La terza possibilità - ampiamente consolidatasi anche in sociologia - è quella di mettere mano a una operazione più complessa. Essa richiede un'analisi più sofisticata che consenta di immaginare più varianti di modernità. Il volume si colloca in quest'ultima prospettiva. Rispetto alle sue più recenti indagini sui rapporti tra politica e religione, tra cristianesimo e modernità, l'autore tenta un mezzo passo indietro. Non un ritorno al punto di partenza, ma una ripresa e un approfondimento di passaggi e premesse di quelle ricerche. Il mezzo passo indietro non ripudia le conclusioni cui si era giunti, ma approfondisce quanto le precede e le prepara. Quale teoria consente di dar conto di una modernità fatta di tante varianti tanto diverse, in ambito politico come in ambito religioso? La ricognizione teorica, cui si dedica la prima parte del volume, deve contribuire ad affrontare quesiti come quelli della seconda parte. Cosa è stato lo Stato? E ancora: la secolarizzazione è finita?
Il culto cristiano non è un atto privato, ma possiede un carattere pubblico che impegna le relazioni sociali, tra gli altri così la pensava Max Weber. L'analisi sociale può mettere in luce alcuni elementi di questa pretesa. Essa si manifesta in un atteggiamento non passivo dei credenti nei confronti delle istituzioni sociali. Ogni pretesa di neutralità viene smascherata e combattuta, al paradigma della laicità viene opposto quello della libertà religiosa. Il cristianesimo resta Chiesa, ovvero qualcosa la cui misura di riferimento è l'intera città e non una sua dimensione o una sua componente, siano essa la religione, la famiglia, il piccolo gruppo, la vita emotiva dell'individuo o altro. È il vangelo che irrompe nel tempo della storia e lo trasforma in saeculum. Alla pretesa laica si oppone una pretesa secolare. E il cristiano, anticipato dal vangelo, interpreta un ruolo dinamico all'interno della vita pubblica e dunque anche politica che lo "smarca" da una visione clericale che ridurrebbe il suo agire ai confini della pastorale.
«Vorrei che questa stagione contribuisse a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che […] avvertono la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l’agire politico»: così il presidente della Cei, tanti vescovi, e per primo Benedetto XVI. La forza di queste parole sfuma se si leggono solo come un richiamo sempre attuale. Assumono invece ben altra forza se si collocano nel grave momento che la società italiana attraversa, momento reso ancor più difficile da una crisi profonda delle istituzioni e degli attori della politica. Servono grandi riforme ma mancano i riformatori. Tutto questo chiama in causa i cattolici per responsabilità precise, per quello che chiedono alla politica e per quello che danno – o non danno – all’elaborazione politica e all’azione politica. Le pagine che seguono sono un contributo all’analisi delle opportunità che la crisi politica apre e delle sfide che impone. Sono pagine che cercano di non dimenticare che una risposta individuale non è mai all’altezza di una sfida politica. E sono state scritte nella convinzione che l’eredità di don Luigi Sturzo e di Alcide De Gasperi sia ancora capace di orientamento.
È piuttosto raro trovare pronunciamenti critici a proposito della laicità. A volte se ne ammette un momento di difficoltà, ma per serrare le fila a sua difesa. La laicità è davvero un valore tra i più condivisi; non solo: spesso è addirittura identificata con la modernità, e quasi sempre con l'identità stessa dell'Europa. Dello stesso autore de "II rompicapo della secolarizzazione italiana", questo libro si chiede se non sia il caso di avviare una più attenta discussione sulla laicità, e se non sia il caso di sostituire alcune certezze con altrettante domande. La ricerca muove dalle spiegazioni del momento difficile attraversato dai regimi di laicità, le quali, curiosamente, sovrastimano il cosiddetto ritorno della religione. Dopo aver proposto una serie di interrogativi, termina avanzandone un ultimo: serve a qualcosa parlare di laicità "sana", o "buona", o "positiva", o ...? E se si trattasse di riconoscere le alternative alla laicità? E dunque di relativizzare la laicità?
L'autore, da anni impegnato nell'analisi dei processi di modernizzazione e di secolarizzazione, affronta il problema della situazione religiosa in Italia.