Questo romanzo filosofico è una delle opere più mature e articolate di Dostoevskij.
"Il 'Diario di uno scrittore' fu una pubblicazione mensile redatta interamente da Dostoevskij. Il grande russo se ne occupò negli anni che vanno dal 1873 al 1881, seppur con interruzioni. Non è un'opera omogenea, così almeno come vorrebbe il canone letterario, ma una raccolta di testi che affronta problemi di attualità, o meglio questioni allora dibattute, soprattutto politiche. Tuttavia, in questi articoli legati il più delle volte a situazioni contingenti, Dostoevskij ci fa conoscere le proprie idee sociali, religiose, artistiche e letterarie. Vi ha gran parte, per fare un esempio, la questione slava: nella querelle allora attiva nei circoli culturali di Mosca e San Pietroburgo, Dostoevskij è convinto che la Russia sia superiore all'Europa, o almeno che la civiltà occidentale ormai appartenga alla sua terra. Pur affrontando problemi apparentemente datati, l'opera è perennemente viva, o quanto meno sa spiegare il nostro tempo attraverso suggerimenti preziosi. Così vanno lette le pagine sull'emancipazione femminile, sul problema giudiziario; anzi, su tali argomenti, lo scrittore russo è di una sorprendente attualità: lo scopriamo favorevole al femminismo, lo vediamo intento diverse volte a commentare dei processi, tanto da riuscire a far correggere degli errori alla magistratura zarista. Né vanno dimenticate quelle parti di riflessione, sovente dedicate a problemi esistenziali, che sorprendono per la profondità delle osservazioni." (dall'introduzione di Armando Torno)
Quando questo romanzo venne pubblicato, Fëdor Dostoevskij aveva ventiquattro anni; fu un successo travolgente: la critica fu subito concorde nel dichiarare che il suo autore era un genio, un genio, però, che viveva nella miseria più nera, quella miseria senza speranza che ispira, appunto, "Povera gente". Due giovani si scrivono, si raccontano le loro piccole vicende quotidiane, le loro speranze, i loro sogni. Nasce così un amore che potrebbe aprire a entrambi la via della felicità, ma la loro miseria è tale che la ragazza deciderà di sposare un uomo non più giovane, ma ricco nella folle speranza di poter aiutare il suo infelice amico. Un romanzo epistolare che scosse la Russia e segnò l'inizio della carriera di un titano della letteratura mondiale. Introduzione di Fausto Malcovati.
"E' il rendiconto psicologico di un delitto. Un giovane, che è stato espulso dall'Università e vive in condizioni di estrema indigenza, suggestionato, per leggerezza e instabilità di concezioni, da alcune strane idee non concrete che sono nell'aria, si è improvvisamente risolto a uscire dalla brutta situazione. Ha deciso di uccidere una vecchia che presta denaro a usura..." (Dostoevskij).
Dalla scelta di lettere raccolte nel libro, effettuata da Gianlorenzo Pacini sul vasto epistolario di Fedor Dostoevskij, emergono i capisaldi della straordinaria creatività di questo romanziere. Mentre si coglie una dimensione quotidiana assieme ai bagliori del suo pensiero, si assiste anche al suo tenace e appassionato approfondimento del mistero dell'uomo, alla cui esplorazione egli aveva dichiarato, appena diciottenne, di voler dedicare la sua vita.
La natura lirica, fantastica e fantasmagorica di Pietroburgo è tutta infusa nelle Notti bianche, romanzo pubblicato per la prima volta nel 1848. Il giovane protagonista della vicenda è un sognatore. Immerso in uno sciame di pensieri e fantasticherie, nelle lucide notti estive, il giovane intraprende in solitudine lunghe passeggiate per le vie cittadine fino al sorprendente incontro con Nasten'ka, un altro essere notturno, e al sogno di un'avventura meravigliosa.
Petr Verchovenskij, guidato ideologicamente dal demoniaco Stavrogin, è a capo di un'organizzazione nichilista e lega i suoi seguaci con una serie di delitti. L'ultima vittima è Satov, un ex-seguace convertitosi alla fede ortodossa. Per coprire il delitto Petr obbliga Kirillov a scrivere una lettera di autodenuncia, prima di suicidarsi. Altri delitti, apparentemente immotivati, seguono e solo il suicidio di Stavrogin che si impicca nella soffitta del suo appartamento, sembra porre fine all'azione di questi "demoni.
Fëdor Dostoevskij (1821-1881), considerato in Italia il più grande scrittore russo, in Russia è invece ritenuto un vero e proprio filosofo. In questa ottica, "I fratelli Karamazov" viene pubblicato con testo russo a fronte nella collana "Il Pensiero Occidentale": si tratta di un grandioso affresco sulle domande fondamentali dell'esistenza umana: Dio esiste? E se esiste come è conciliabile con il male assoluto, con la sofferenza dei bambini? Le pagine del romanzo narrano le torbide vicende della famiglia Karamazov, in cui padre e figlio si contendono la stessa donna, mentre gli altri tre fratelli, un mistico, un dialettico e un bastardo epilettico, discettano su temi etici e religiosi, per piombare infine nella catastrofe.
I tre figli di Fedor Karamazov, un vecchio malvagio e dissoluto, sono molto diversi tra loro. Dmitrij, detto Mitja, odia il padre perché vuole conquistare col suo denaro Grusenka, una bella mantenuta da lui amata. Ivan è un filosofo dell'ateismo e un raffinato intellettuale. Alesa, il più giovane, è novizio in un convento e si trova costretto a tornare a casa per il precipitare degli eventi. Infine un quarto figlio illegittimo è Smerdiakov, epilettico e tenuto in casa come un servo. Il vecchio viene ucciso, è accusato del delitto Mitja, ma Smerdakov confessa a Ivan di essere lui il colpevole, poi si impicca. Mitja viene condannato ai lavori forzati, Ivan è colpito da una febbre cerebrale, Alesa riprende con alcuni giovani la via della spiritualità.
Scritto nel 1870, quando l'autore era ormai prossimo ai cinquant'anni, questo breve romanzo occupa un posto a sé fra le opere di Dostoevskij per l'insolita vena umoristica che lo attraversa. Con sorprendente autoironia il grande scrittore russo esorcizza la sfortunata esperienza del suo primo matrimonio, creando personaggi assai credibili nella loro spontanea umanità. Protagonista della storia è Vel'caninov, un agiato quarantenne di Pietroburgo, il quale riceve inaspettatamente la visita di un certo Trusozkij, marito di una amante avuta qualche anno prima. Ormai la donna è morta, ma la gelosia di Trusozkij riaffiora dal passato insieme al senso di colpa del seduttore Vel'caninov.
Il romanzo è la storia di un progressivo inaridimento morale, il percorso deplorevole di un giovane uomo che lentamente, ma inesorabilmente, perde interesse verso tutto ciò che lo circonda, in nome di un'unica passione: il gioco d'azzardo.