Il paradosso della concorrenza, scrive Luigi Einaudi nel 1942, consiste nel fatto che essa non sopravvive alla sua esclusiva dominazione. Gli esseri umani, per loro natura, non desiderano né riescono a competere incessantemente sul mercato; cosicché la libertà economica, assai desiderabile e auspicabile quale regola generale, deve trovare dei limiti, delle eccezioni – nelle sue parole, delle “oasi franche”. A distanza di settant’anni il messaggio di Einaudi, uno dei pochi liberali di caratura internazionale che l’Italia possa vantare, ci giunge immutato nella sua freschezza. Convinto che la società viva e prosperi solo se agli individui vengono garantite autonomia d’azione e libertà di scelta degli stili di vita, al riparo dell’invadenza dei poteri pubblici e degli interessi settoriali, Einaudi crede però che la concorrenza vada inserita in un reticolo istituzionale ben congegnato, capace di favorire il più ampio pluralismo ma anche la condivisione di un nocciolo di valori e tradizioni comuni. Nei saggi raccolti in questo volume, alcuni pressoché sconosciuti al lettore contemporaneo, troviamo insomma un Einaudi che ci ammonisce a non dimenticare che i mercati, per funzionare al meglio, hanno bisogno di premesse e di vincoli extra-economici. Un insegnamento che la crisi perdurante rende drammaticamente attuale.
In un tempo di crisi come questo, nel quale si torna a parlare di intervento dello Stato nell’economia, la lezione di Keynes sembra essere tornata attuale. ma non dimentichiamo che spesso la cura può essere peggiore della malattia, e anzi può aggravarla. Gli scritti inediti di Luigi Einaudi, raccolti dal suo allievo e successore Francesco Forte, possono aiutarci a comprendere che se una direzione della vita economica è possibile e persino auspicabile, lo è solo in quanto riesca a tener conto della libertà individuale come motore primo dello scambio e del mercato. Al di fuori di questo, qualsiasi pianificazione si risolve in costrizione; qualsiasi intervento in impedimento; qualsiasi forma di politica, in una forma di imposizione legittimata dall’alto in nome dello Stato. La lezione di Einaudi risulta allora essere fondamentale per capire che gestire la crisi è gestire la stessa libertà dell’uomo affinché, responsabilizzata, sia in grado di compiere scelte coraggiose ma sempre perfettibili perché fondate sulla costante osservazione della lealtà e non sull’arbitrio di una ideologia.