Nel romanzo della sua gioventù, carico di atmosfere universitarie sullo sfondo di una Bucarest segnata dal ritmo delle stagioni, Mircea Eliade si racconta come un ragazzo guidato da un profondo e intransigente furore di conoscenza, spietato osservatore della comunità studentesca in cui è immerso e con cui pure interagisce attivamente. Non sappiamo quanto di questo carattere esasperato corrisponda alla personalità storica del giovane studioso, o ne sia la parossistica rappresentazione; Eliade scrive un romanzo, creazione letteraria volta vampirescamente a succhiare il sangue del reale. Ed egli è già scrittore a tutto tondo in queste pagine, che seguono la saga scolastica narrata ne "Il romanzo dell'adolescente miope" (Jaca Book, 1992), dotato di una qualità affabulatoria che doveva essergli propria anche nella comunicazione orale e già capace di mettere in scena gli sconfinati campi del sapere che andava sondando, trasformandoli in materia narrativa. Ciò sarebbe avvenuto in maniera insospettabile nella sua successiva produzione letteraria, segnata dal fantastico e dal misterioso senza che il registro realistico fosse mai del tutto abbandonato. Scritto da un Eliade ancora giovane nella sua Bucarest sul finire degli anni Venti, questo romanzo restituisce alla perfezione la tensione estrema che precede lo slancio verso la vita, l'irrequietudine di scelte ancora da fare, l'attesa prima del viaggio con cui infatti si chiude il libro.
Il Diario portoghese redatto tra il 1941 e il 1945, è una testimonianza diretta, intensa e drammatica di un periodo cruciale della vita di Mircea Eliade e ci presenta un ritratto inedito del grande studioso romeno. Non destinato alla pubblicazione durante la vita del suo autore, appare ora quale unico documento edito in forma integrale nella produzione memorialistica dell’autore del Trattato di storia delle religioni. Una scrittura nervosa, febbrile, sincera e incandescente ci rivela un complesso intreccio di orgoglio e consapevolezza intellettuale, spiritualità e carnalità, ascesi ed erotismo, tensione creativa e disorientamento interiore, ossessione patriottica e presa di distanza dalle scelte politiche nazionaliste del passato, sconforto psicologico e lucidità di analisi. All’autenticità della riflessione intima si accompagna l’attenzione critica: note di lettura, appunti di viaggio, incontri, considerazioni e annotazioni a margine delle proprie creazioni letterarie e scientifiche. Infine, la decisione radicale: Parigi e la scelta dell’esilio.
MIRCEA ELIADE (1907-1986), nato a Bucarest, ha vissuto in India dal 1928 al 1932. Ha insegnato filosofia all’Università di Bucarest dal 1933 al 1940. Addetto culturale a Londra e poi a Lisbona, nel 1945 viene nominato professore presso l’École des Hautes Études a Parigi.
Ha insegnato alla Sorbona e in diverse università europee. Dal 1957 è stato titolare della cattedra di Storia delle religioni dell’Università di Chicago, dove nel 1985 è stata istituita la cattedra «Mircea Eliade
a lui dedicata.
Nel 1939 Mircea Eliade (1907-1986) pubblicava con il titolo Fragmentarium una raccolta di articoli, brevi saggi e ´frammentiª (appunti, note di lettura, pagine di diario) apparsi a Bucarest su diversi periodici e in particolare sulla rivista ´Vremeaª tra il 1935 e il 1939.
Queste pagine dense di scintillanti riflessioni e sorprendenti argomentazioni offrono ai lettori la possibilit‡ di ripercorrere la gestazione delle linee di pensiero dello studioso romeno che porteranno alle grandi opere della maturit‡ a partire dal Trattato di Storia delle Religioni del 1949.
Nel ´laboratorioª eliadiano degli anni í30 troviamo gi‡ individuati gli elementi principali della dialettica del sacro e del profano e gli aspetti ´prediscorsiviª delle concezioni metafisiche dei popoli di cultura arcaica espressi attraverso il linguaggio simbolico e vengono analizzate le conseguenze negative della ´degradazione del misteroª e della ´laicizzazione dellíassolutoª, quelle credenze pseudoreligiose moderne che hanno il loro culmine nelle ideologie materialistiche totalizzanti.
Eliade Mircea Oceanografia
Nel 1934 Mircea Eliade (1907-1986) pubblicava con il titolo Oceanografia una selezione di articoli e saggi apparsi a Bucarest sul giornale «Cuvântul» e sul settimanale «Vremea» nei due anni precedenti, oltre ad alcune note di diario con il titolo Frammenti. «Questo tentativo di esaminare la vita quotidiana dell’anima, di risolvere di nuovo, con serietà, i problemi semplici – che nessuno prende più in considerazione – perché troppo grandi o troppo semplici – lo chiamo oceanografia», scrive l’Autore nella sua prefazione.
Con stile nervoso, paradossale e a volte ironico, il giovane Eliade, ritornato dall’India nell’ambiente culturale vivace e pluralista della Bucarest dell’inizio degli anni ’30, in questo libro presenta appunto una «oceanografia dell’anima contemporanea», attraverso una serie di «divagazioni filosofiche» in cui troviamo, in fase di elaborazione, alcuni dei temi di fondo del futuro grande storico delle religioni, scrittore e uomo di cultura: la critica ai pregiudizi occidentali nei confronti delle tradizioni religiose extraeuropee, la scoperta del simbolo come strumento di conoscenza, l’«irriconoscibilità del miracolo», le strutture mitiche del romanzo e del cinema, la libertà personale e l’esperienza vissuta, l’autenticità contrapposta all’originalità quale premessa alla creatività artistica e alla disponibilità della scoperta.
Il volume presenta il buddismo nella sua genesi e nel suo sviluppo storico. Una serie di voci, ampie e articolate, mette in rilievo i principali aspetti della tradizione letteraria, rituale, cultuale, mitologica, giuridica e della riflessione teorica del buddismo.
250 voci presentano, in modo complesso ed esauriente, la religione ebraica nel suo sviluppo storico. Ne vengono forniti i principali aspetti della tradizione letteraria, rituale, giuridica, teoretica nel quadro dell'esegesi e della critica filologica. È dedicata una particolare attenzione alle correnti del pensiero ebraico moderno e contemporaneo.
Il "Dizionario delle religioni del Sudamerica" è dedicato alla trattazione dei fenomeni religiosi, o connessi alla religione, che si sono sviluppati mell'America del Sud. Il suo indice rispecchia la particolare storia religiosa del continente, alternando ampie voci generali dedicate alle grandi tradizioni indigene e voci sulla presenza e lo sviluppo delle grandi religioni monoteistiche in quei territori. Sono presenti, inoltre, numerosi lemmi più specifici dedicati alle credenze e alle pratiche religiose di singole popolazioni o gruppi di popolazioni della Mesoamerica (Aztechi, Huichol, Maya, Nahua, Olmechi, Taraschi, Tlaxcaltechi, Toltechi, Totonachi) e dell'America meridionale (Cuna, Inca, Ge, Mapuche, Muisca, Quechua, Selk'nam, Warao). Alcuni prendono in esame le principali figure divine e mitologiche della Mesoamerica (Coatlicue, Huitzilopochtli, Quetzalcoatl, Tezcatlipoca, Tlaloc) e dell'America meridionale (Bochica, Inti, Viracocha, Yurupary). Un ampio gruppo di voci è dedicato alle tradizioni religiose delle popolazioni di origine africana presenti nel continente, come quelle sui culti afrobrasiliani, le religioni afroamericane, afrosurinamesi, dei Caraibi, la Santería e il Vudu. Si aggiungono, infine, alcuni lemmi sulle particolari modalità di espressione che nel Sudamerica hanno caratterizzato fenomeni o concezioni universalmente diffusi nel mondo delle religioni, come «Iconografia» e «Musica», e qualche voce che descrive tradizioni culturali di estrema rilevanza per la definizione della struttura dei sistemi religiosi americani (come «Calendari», «Etnoastronomia», «Fumo»). Nella bibliografia dei lemmi, redatti dai più qualificati esperti internazionali della materia, è stata posta particolare attenzione alle indicazioni delle edizioni originali e delle eventuali traduzioni italiane.