La Lettera cattolica posta sotto il nome di Giacomo ha una storia travagliata a partire dalla sua recezione nel canone delle scritture cristiane. Il primo scrittore che la menziona come testo sacro è Origene, ma agli inizi del IV secolo Eusebio di Cesarea la ritiene ancora «non autentica». Solo nel sinodo romano del 382 e nei sinodi africani di Ippona (393) e Cartagine (397) è riconosciuta come scritto canonico. Lutero ne contesta l’origine apostolica e il concilio di Trento ne ribadisce la piena canonicità. Passate in secondo piano le discussioni circa il rapporto tra Paolo e Giacomo sul tema della relazione fede-opere, in epoca recente la Lettera di Giacomo resta comunque al centro di un vivace dibattito che riguarda non solo la sua origine storica (autore, destinatari, occasione, scopo…), ma soprattutto il suo genere letterario, la struttura del testo e il suo messaggio teologico.
Il piccolo testo di Giacomo costituisce un vero laboratorio per l’ermeneutica biblica e lo sviluppo del pensiero cristiano. Documentando la fecondità del radicamento dell’esperienza cristiana nella tradizione biblica e giudaica del I secolo, può essere da stimolo al dialogo ebraico-cristiano anche nel tempo attuale. L’innesto del discorso di Giacomo nell’ambiente culturale greco-romano sollecita inoltre a promuovere anche nel nostro tempo un progetto etico sulla base dei valori umani condivisi.
L’introduzione e il commento forniti dall’autore si offrono come un significativo contributo allo studio di questa piccola perla del Nuovo Testamento.
Sommario. Introduzione. 1. «Siate perseveranti nelle prove» (Gc 1,1-18). 2. «Ascoltate e attuate la parola» (Gc 1,19-27). 3. Compite la ‘legge regale’ (Gc 2,1-13). 4. «La fede senza le opere è morta» (Gc 2,14-26). 5. «La lingua infiamma la ruota dell’esistenza» (Gc 3,1-12). 6. «La sapienza dall’alto è pura» (Gc 3,13-18).
7. «Umiliatevi davanti al Signore» (Gc 4,1-12). 8. «E ora a voi, ricchi!» (Gc 4,13-5,6). 9. «Rinfrancate i vostri cuori» (Gc 5,7-2). Bibliografia.
Note sull’autore
Rinaldo Fabris è presidente dell’Associazione Biblica Italiana e dal 1995 dirige Rivista Biblica, strumento scientifico dell’Associazione. Noto sia come studioso sia come divulgatore, presso le EDB ha pubblicato: Lettera di Giacomo e Prima lettera di Pietro. Commento pastorale e attualizzazione (1980), Attualità della lettera agli Ebrei (1985), La Bibbia nell’epoca moderna e contemporanea (ed.) (1992), La tradizione paolina (1995), Lettera ai Filippesi - Lettera a Filemone. Introduzione, versione, commento (2001).
Rispetto alle grandi Lettere ai Romani e ai Corinzi lo scritto ai Filippesi e quello a Filemone (un biglietto di soli 25 versetti) fanno parte del gruppo delle Lettere minori del 'corpus' paolino. Ma, nonostante le loro più modeste proporzioni, sono al centro dell'attenzione e del dibattito degli studiosi.
Il cardinale Carlo Maria Martini compie settanta anni: un gruppo di studiosi ed estimatori coglie l'occasione per dedicargli una raccolta di scritti che onorino il pastore dell'archidiocesi ambrosiana e il biblista, approfondendo i temi biblici a lui cari. I saggi presentati coprono 5 aree tematiche: La Parola di Dio tra esegesi ed ermeneutica (contributi di C. Buzzetti, G. Jossa, G. Prato, C. Doglio, A. Passoni Dell'Acqua, B. Corsani); La Parola di Dio nei Vangeli (contributi di A. Poppi, A. Sacchi, C. Marucci, M. Rigato, F. Manns, S.A. Panimolle); La Parola di Dio nell'opera lucana (contributi di A. Serra, E. Manicardi, P. Jovino, G. Rossé, C. Ghidelli, A. Bottino, G. Betori); La Parola di Dio negli scritti di Paolo; Ricerca e dibattito su Gesù Cristo.
Tra gli scritti del Nuovo Testamento le lettere poste a vario titolo sotto il nome di Paolo sono quattordici. A partire dalla fine del Settecento le analisi di tipo stilistico e storico-contenutistico sulla compattezza del corpus paolino si sono moltiplicate dando origine a un vivace filone di ricerche. Oggi si ritengono non autentiche dell'apostolo ben sei lettere: la Seconda ai Tessalonicesi, quelle agli Efesini e ai Colossesi, le tre pastorali (a Tito, Prima e Seconda a Timoteo). Nei primi capitoli il volume fa il punto degli studi sul canone paolino e sulla "tradizione paolina". La ricostruzione, partendo da Paolo stesso, di persone, luoghi e problemi di questa corrente cristiana - a cui si deve la redazione di oltre un terzo del Nuovo Testamento - è importante preludio alla comprensione del ricorso alla pseudepigrafia (pratica peraltro assai diffusa nell'antichità) in un contesto che non inficia canonicità, ispirazione e apostolicità degli scritti cosiddetti deuteropaolini. Questi vengono sottoposti nei capitoli centrali del volume a una serrata analisi linguistico-letteraria, storica e teologica che ne chiarisce le motivazioni. Essi rispondono all'esigenza di far ritrovare dopo la morte dell'apostolo le ragioni di una sicura identità cristiana e di rispondere, nella continuità con il suo metodo e il suo pensiero, alla sfida rappresentata dalle nuove situazioni storiche e culturali delle comunità alle quali le lettere sono indirizzate.