Il 25 aprile 1974, una data che pare ormai lontana anni luce, avvenne in Portogallo un fatto straordinario: sulle note di Grândola, vila morena di José Afonso, un gruppo di ufficiali dell'esercito diede avvio a una rivoluzione che pose fine alla più longeva dittatura d'Europa, durata quarantasette anni, dieci mesi, ventiquattro giorni e qualche ora. I fiori nelle canne dei fucili, simbolo della Rivoluzione dei garofani, furono un momento di speranza per un'intera generazione che, dopo il golpe del Cile del 1973, le feroci repressioni in Grecia, il fallimento della Primavera di Praga del 1968 e la guerra del Vietnam, vedeva finalmente trionfare i propri ideali. Furono in molti, come i protagonisti di questo libro Victor e Vasco, a partire da ogni parte d'Europa per assistere, almeno una volta nella loro vita, al trionfo della rivoluzione. Ma ogni viaggio, anche o soprattutto se fatto su una mitica Due Cavalli, senza navigatori e fuori autostrada, è un'avventura, un tragitto fatto di incontri, inconvenienti e sorprese per «seppellire i tiranni con una risata». Cosa resta oggi di quel viaggio iniziatico? Lo scopriranno i lettori che ritroveranno Victor e Vasco cinquant'anni dopo ancora sulle strade di Lisbona, sempre alla ricerca di un nuovo sogno per ricominciare. Come se la gioventù fosse un'eterna nostalgia.
Per oltre quarant'anni il Portogallo è stato retto da una dittatura, la più longeva d'Europa. Alla sua guida António de Oliveira Salazar, uomo complesso e dalle mille contraddizioni. La storia degli ultimi due anni di questo regime è una vicenda romanzesca e assolutamente reale. Fatti e atmosfere che sembrano ricavate dalle pagine di Pessoa o di Tabucchi, la cui verità ci racconta cosa è stato il 'fascismo mediterraneo'. Dagli anni Trenta di Hitler, Franco e Mussolini, oltre i Beatles e i Rolling Stones, fino agli anni Settanta: tanto durò il regime dittatoriale di António Salazar in Portogallo. Ex seminarista, autore di un sottile sistema di repressione, si salvò dalla seconda guerra mondiale dando le basi delle Azzorre agli alleati e vendendo materie prime ai nazisti, creò duri penitenziari in isole remote e fortezze medioevali, trasformò Lisbona in una città di spie. Resse, fino alla fine, un immenso impero coloniale che andava dalla Guinea al Mozambico, da Timor Est a Macao finché il suo modello fascista e corporativo non venne travolto dalla Rivoluzione dei Garofani del 1974 che riportò Lisbona in Europa. Nell'anno in cui tutto avvenne, il 1968, Salazar cadde dalla seggiola del callista e batté la testa. I danni cerebrali che seguirono l'operazione indussero il Presidente della Repubblica a provvedere alla sua sostituzione. In realtà, sebbene riacquistasse lucidità a tratti, nessuno osò mai confessargli che era stato defenestrato. Così, per due anni, andò in scena la finzione del potere con riunioni ministeriali, visite di Stato e soprattutto un sistema informativo fatto su misura per lui: interviste televisive e radiofoniche e copie uniche del suo quotidiano preferito "Diário de Notícias". Una vicenda assieme tragica e surreale raccontata in modo magistrale da un profondo conoscitore del Portogallo, della sua storia, della sua cultura e delle sue atmosfere. La lettura ideale per tutti coloro che hanno amato "Alla rivoluzione sulla Due Cavalli" e "Sostiene Pereira".
"Le eriche, i rosmarini, i cisti selvatici ora sono immobili, spargono i loro profumi dolciastri nella bonaccia. Il mare è immoto, i gabbiani lanciano i loro gridi ripetuti. Poi, d'un tratto, da lontano, il mare cambia colore. Da una parte, vicino ali isola, rimane blu intenso: dall'altra, verso l'orizzonte, prende un tono biancastro, con riflessi d'acciaio. È l'effetto dell'incresparsi delle onde. Il maestrale investe l'isola, di colpo, con tutta la sua potenza: i marosi si infrangono sui liscioni a picco, gli ericeti si piegano sotto le raffiche. Tutta l'isola si gonfia, si scuote." Per la prima volta dall'istituzione della Riserva di Montecristo (1971 ) è stato concesso a un osservatore d'eccezione di vivere e muoversi liberamente sull'isola. Un'esperienza unica, fatta di silenzi e incontri inattesi. Osservando il suo tesoro naturale, Montecristo diventa l'occasione per riflettere sul rapporto tra l'uomo e l'ambiente ponendoci di fronte a temi che trascendono i suoi stessi confini fisici. Per trasportarci come su un'Arca di Noè in uno spazio universale.
"La via sulla Est del Petit Capucin era stata ripetuta pochissime volte, e la mia speranza era di trovare con un po' di fortuna uno dei chiodi originali piantali dallo stesso Gervasutti e rimasti in parete ad arrugginire per quasi mezzo secolo. Ciò che stavo per compiere - ed era ciò che più mi eccitava era il ritorno su antiche tracce alpinistiche ormai quasi dimenticate. Era l'esplorazione di un'antica esplorazione". Marco Albino Ferrari ripercorre le strade di quegli uomini e di quelle donne che attratti dall'ebbrezza dell'ignoto si sono spinti nei luoghi inesplorati della Terra: montagne, oceani, ghiacciai, spazi inliniti. I passi di Walter Bonatti, quelli di Reinhold Messner, di Bill Tilman, di Ninì Pietrasanta e Gabriele Boccalatte, di Eric Shipton, degli ultimi esploratori del Novecento. Un inconsueto cammino attraverso il Monte Bianco, le cime della Patagonia e dell'Africa equatoriale, fino all'Everest e a Capo Horn, per far ritorno sulle Alpi. Ne esce una lettura intimamente interrogativa, popolata di bufere, di sorprese, di difficoltà con, sullo sfondo, le questioni cruciali che investono l'uomo di fronte agli ultimi spazi selvaggi del pianeta.
C'è una distesa di luce aperta e diffusa, la brezza è mite, lo sguardo si dilata nello spazio sull'ampia curva tirrenica. Ci capitarono in molti, forse per caso, forse ospiti occasionali che dovevano restare una sera e si fermavano un'estate intera: dal tempo in cui gli artisti si accorsero che per essere bello un paesaggio doveva mostrare anche l'anima, dalle Cinque Terre a Bocca di Magra sono passati centinaia e centinaia di pittori, scrittori, viaggiatori. Questa è la storia del più incredibile 'buen retiro' intellettuale italiano. Del suo splendore e del suo declino.
All'inizio degli anni Settanta del Novecento, il lupo in Italia era pressoché scomparso. Solo pochi branchi residui venivano segnalati tra la Sila e i Monti Sibillini. Sembrava che l'estinzione fosse ormai inevitabile. Poi il vento è cambiato. Favorito dal progressivo spopolamento delle montagne, dal rilascio di animali a scopo venatorio e dall'entrata in vigore di una nuova legislazione di tutela, il lupo ha trovato le condizioni per riprodursi e rioccupare gli antichi territori. È da quel momento, ormai quarant'anni fa, che dalle vallate sopra Visso, tra Umbria e Marche, il lupo indisturbato si è messo in cammino verso nord. Il percorso seguito tra le montagne è oggi una fascia di territorio selvaggio, larga qualche decina di chilometri, che segue la dorsale appenninica. Marco Albino Ferrari ha seguito la "via del lupo", ha ripercorso le tappe di un viaggio in luoghi marginali e misteriosi e racconta storie di uomini e animali, antiche leggende e appassionanti avventure di ricercatori, impegnati a contrastare le diffidenze (e a volte le minacce) degli allevatori danneggiati dal lupo. L'altopiano di Castelluccio di Norcia, le Foreste Casentinesi, l'Appennino Parmense, le Apuane, le Alpi Liguri, le Marittime, il Parco del Gran Paradiso, e ancora più in là, sull'arco alpino. Oggi, gli ultimi branchi sono stati avvistati in Veneto: da lì il lupus italicus si incontrerà con altri esemplari in arrivo dalla Slovenia. Un incontro atteso, che forse completerà fino in fondo la via.
All'inizio degli anni Settanta del Novecento, il lupo in Italia era pressoché scomparso. Solo pochi branchi residui venivano segnalati tra la Sila e i Monti Sibillini. Sembrava che l'estinzione fosse ormai inevitabile. Poi il vento è cambiato. Favorito dal progressivo spopolamento delle montagne, dal rilascio di animali a scopo venatorio e dall'entrata in vigore di una nuova legislazione di tutela, il lupo ha trovato le condizioni per riprodursi e rioccupare gli antichi territori. È da quel momento, ormai quarant'anni fa, che dalle vallate sopra Visso, tra Umbria e Marche, il lupo indisturbato si è messo in cammino verso nord. Il percorso seguito tra le montagne è oggi una fascia di territorio selvaggio, larga qualche decina di chilometri, che segue la dorsale appenninica. Marco Albino Ferrari ha seguito la "via del lupo", ha ripercorso le tappe di un viaggio in luoghi marginali e misteriosi e racconta storie di uomini e animali, antiche leggende e appassionanti avventure di ricercatori, impegnati a contrastare le diffidenze (e a volte le minacce) degli allevatori danneggiati dal lupo. L'altopiano di Castelluccio di Norcia, le Foreste Casentinesi, l'Appennino Parmense, le Apuane, le Alpi Liguri, le Marittime, il Parco del Gran Paradiso, e ancora più in là, sull'arco alpino. Oggi, gli ultimi branchi sono stati avvistati in Veneto: da lì il lupus italicus si incontrerà con altri esemplari in arrivo dalla Slovenia. Un incontro atteso, che forse completerà fino in fondo la via.
Pochi sanno delle Alpi segrete. Eppure lassù si nascondono itinerari e storie che non si faranno dimenticare. "Le Alpi segrete sono isole meno note del grande arcipelago alpino. Isole dove sopravvive la convinzione che esistano tipi fisici speciali, o dove si trovano i segreti di vecchi alpinisti, o dove ricompare l'orso, o dove si riscoprono antiche chiese affrescate. Le Alpi segrete sono spazi sfuggiti a quel turismo che mira alla definizione di rassicuranti stereotipi. Sono invisibili perché programmaticamente ignorate dalla nostra cultura." Quando si dice Alpi, i più pensano subito alle solite (poche) cime famose: il Cervino, il Monte Bianco, il Gran Paradiso, le Dolomiti. Oppure alle località più alla moda. In realtà questi luoghi dell'industria del turismo non sono che spazi circoscritti. Oltre alle montagne da cartolina, si apre, infatti, il vasto 'mare alpino', un mondo appartato, in gran parte sconosciuto. Marco Albino Ferrari, che nel corso degli ultimi vent'anni ha percorso quelle vallate e quelle cime, racconta le loro storie e ci accompagna fra meraviglie ormai destinate a sparire nell'oblio, fra i ricordi dell'antica società montanara e l'epica della scoperta delle alte quote.