Nel 2014, per la prima volta nella storia, l'uomo è entrato in contatto diretto con il nucleo di una cometa. Lo ha fatto con la sonda Rosetta e il suo modulo di atterraggio Philae, dopo un volo di 7 miliardi di chilometri nello spazio profondo durato 10 anni. Paolo Ferri, lo scienziato che ha diretto la missione, racconta la straordinaria avventura che ha rivoluzionato le nostre conoscenze delle comete e della nascita del sistema solare. Una cometa è un piccolo corpo celeste che vaga nello spazio profondo. Irraggiungibile, intangibile, l'uomo l'ha resa nella sua immaginazione presagio di sventura o spirito guida. Questo fino al 2014, quando i cacciatori di comete dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) hanno raggiunto il nucleo di una di esse con la sonda Rosetta. Il touchdown, epico come l'allunaggio del 1969, è avvenuto dopo un viaggio durato 10 anni e 7 miliardi di chilometri nello spazio profondo. Un inseguimento che ci ha permesso di arrivare a studiare la scia della cometa, le sue code di gas e polveri e il suo cuore di ghiaccio. Per due anni l'hanno accompagnata, analizzata, osservata da ogni prospettiva, depositando persino sulla sua superficie il modulo di atterraggio Philae. Questa epopea viene oggi raccontata dal capo dei cacciatori, Paolo Ferri, che ha diretto il team di controllo della missione per più di vent'anni. Una storia emozionante che segue passo dopo passo un'impresa che non ha eguali nella storia della conquista dello spazio per le distanze percorse, i corpi celesti incontrati, le difficoltà della navigazione, i momenti di scoramento e di entusiasmo. Un diario di bordo che descrive le sfide tecnologiche e scientifiche della missione Rosetta, le emozioni di chi le ha dedicato una parte importante della propria vita e che, al contempo, racconta anche altro: la storia delle comete, i miti e le leggende, la ricerca millenaria di una spiegazione al fenomeno che ancora oggi affascina per la sua simbologia e la sua potenza ultraumana.
Media digitali e comunicazione interattiva sono i fenomeni più eclatanti del mutamento sociale e dell'industria culturale all'inizio del nuovo millennio. Oggi gli iPad, gli eBook, così come gli smartphone, e i Tablet Pc, sempre connessi a Internet, assediano ogni giorno più da presso il regno della carta stampata gutenberghiana. Ma la nuova cultura digitale, cioè l'affermarsi di uno stile comunicativo orientato all'interazione, alla produzione di contenuti e alla condivisione, è stata accompagnata, durante gli ultimi ventanni, dall'affacciarsi sulla scena di una nuova forma evolutiva dell'Homo sapiens: il "nativo digitale". Chi sono i nativi digitali? Come comunicano? Come si relazionano al sapere? Nati e cresciuti all'ombra degli schermi interattivi, i Nativi sono simbionti strutturali della tecnologia, e le protesi tecnologiche che utilizzano dall'infanzia sono parte integrante della loro identità individuale e sociale. Fin da piccoli videogiocano, hanno un blog, e comunicano sui social network come Facebook o My Space. E con questa specie in via di apparizione che dovremo confrontarci noi immigranti digitali. Non sono nuovi barbari... Sono i nostri figli e sono, semplicemente, diversi.