Data di pubblicazione: Maggio 2009
Codice: 9788871808123
DISPONIBILE IN 6/7 GIORNI
€ 16,00
IL LIBRO
Il XX secolo ha lasciato al nuovo millennio un’eredità tragica. La più radicale affermazione di autonomia – di liberazione – dell’uomo che la storia abbia conosciuto, l’umanesimo figlio della modernità, si è risolta nel suo esatto contrario, la riduzione in schiavitù e lo sterminio di milioni di esseri umani sotto il Terzo Reich così come in Unione Sovietica e in Cina, in Cambogia sotto il regime dei Khmer Rossi, in Ruanda e nel Darfur.
Dopo che tutto questo è avvenuto, l’idea di umanità non può più essere pensata innocentemente. Essa ha bisogno di essere concepita in modo nuovo. Secondo Alain Finkielkraut è il compito del nostro tempo, che, assumendolo, non deve però fraintenderne il significato profondo: né una generica compassione né un astratto umanitarismo possono infatti riscattare davvero i mali sofferti dagli uomini e dall’idea di umanità.
Se l’uomo moderno continuerà a essere dominato da quella disposizione affettiva che Hannah Arendt ha definito «risentimento» – verso «tutto ciò che è dato, anche contro la propria esistenza », verso «il fatto che egli non è il creatore dell’universo né di sé stesso», un risentimento che lo spinge a «non scorgere alcun senso nel mondo quale gli si offre» e a proclamare che «tutto è permesso» – allora il XX secolo, con il suo carico di dolore e di morte, sarà trascorso invano.
L'AUTORE
Alain Finkielkraut, nato a Parigi nel 1949, insegna Cultura generale e Storia delle idee al dipartimento di Scienze umanistiche e sociali dell’École Polytechnique. Fra le sue opere tradotte in italiano, ricordiamo il saggio Noi, i moderni, edito dalla nostra casa editrice, e i volumi Che cos’è la Francia?, La sconfitta del pensiero, L’ingratitudine, Una voce dall’altra riva, L’ebreo immaginario.
IL LIBRO
Il XX secolo ha lasciato al nuovo millennio un’eredità tragica. La più radicale affermazione di autonomia – di liberazione – dell’uomo che la storia abbia conosciuto, l’umanesimo figlio della modernità, si è risolta nel suo esatto contrario, la riduzione in schiavitù e lo sterminio di milioni di esseri umani sotto il Terzo Reich così come in Unione Sovietica e in Cina, in Cambogia sotto il regime dei Khmer Rossi, in Ruanda e nel Darfur.
Dopo che tutto questo è avvenuto, l’idea di umanità non può più essere pensata innocentemente. Essa ha bisogno di essere concepita in modo nuovo. Secondo Alain Finkielkraut è il compito del nostro tempo, che, assumendolo, non deve però fraintenderne il significato profondo: né una generica compassione né un astratto umanitarismo possono infatti riscattare davvero i mali sofferti dagli uomini e dall’idea di umanità.
Se l’uomo moderno continuerà a essere dominato da quella disposizione affettiva che Hannah Arendt ha definito «risentimento» – verso «tutto ciò che è dato, anche contro la propria esistenza », verso «il fatto che egli non è il creatore dell’universo né di sé stesso», un risentimento che lo spinge a «non scorgere alcun senso nel mondo quale gli si offre» e a proclamare che «tutto è permesso» – allora il XX secolo, con il suo carico di dolore e di morte, sarà trascorso invano.
L'AUTORE
Alain Finkielkraut, nato a Parigi nel 1949, insegna Cultura generale e Storia delle idee al dipartimento di Scienze umanistiche e sociali dell’École Polytechnique. Fra le sue opere tradotte in italiano, ricordiamo il saggio Noi, i moderni, edito dalla nostra casa editrice, e i volumi Che cos’è la Francia?, La sconfitta del pensiero, L’ingratitudine, Una voce dall’altra riva, L’ebreo immaginario.