Da quanto tempo aspettiamo il futuro? E soprattutto, quando abbiamo dimenticato come si fa a costruirlo? Sono le vere domande del nostro presente, e la classe dirigente che per decenni [non] ha governato il Paese le ha ignorate a suo rischio e pericolo, una volta di troppo. Non è da ieri che il dibattito pubblico si avvita su se stesso nell'ossessione di domande specifiche quanto sterili: Imu o non Imu? Intercettazioni sì o intercettazioni no? Ma non sono questi i reali problemi. Oggi che siamo reduci da un diluvio che ha cambiato radicalmente il panorama politico, oggi che siamo nel pieno della traversata nel deserto della crisi, il vero quesito non può che essere: che cosa resta? In quali valori vogliamo ancora credere e soprattutto in quali vogliamo che credano coloro che ci rappresentano? Giovanni Floris, in questo libro battagliero, appassionato, che coniuga con particolare forza dialettica la protesta e la proposta, elenca cinque di questi capisaldi. L'apertura, la laicità, la competitività, la ricchezza, il rigore: obiettivi che non possiamo, a nessun costo, mancare. Ma a che prezzo? Perché ognuna di queste conquiste ha un costo, osserva Floris, smascherando le ipocrisie di chi [da destra a sinistra, dalle imprese ai sindacati] finora ha predicato il futuro ma non si è voluto sporcare le mani per costruirlo. Dalle battaglie sul lavoro al destino dell'informazione, dalle trappole della sicurezza al dilemma della giustizia sociale.
Le classifiche del Paese parlano chiaro:
23° (su 30) per gli stipendi.
Il 16,5 per cento in meno rispetto alla media europea.
2° solo alla Grecia per evasione fi scale.
100 miliardi di mancate entrate.
24° (su 25) per la libertà di stampa.
Definizione tecnica: “parzialmente libero”.
156° (su 181) per la giustizia.
Peggio di Angola, Guinea e Gabon.
Nel 2009, nessun italiano in classifica, per esempio tra le 50 fi gure che hanno plasmato il decennio o i 100 libri dell’anno. Zero tituli. A costruirci un’immagine di simpatici ma inetti cafoni non sono solo antichi stereotipi, ma anche fatti e comportamenti reali. Tanto per cominciare il maggior debito pubblico dell’Ue, 1821,9 miliardi di euro. Ma anche tasse tra le più alte (siamo quinti, ma dietro i Paesi scandinavi che il denaro pubblico lo sanno usare molto meglio), la giustizia più lenta, infrastrutture ineffi cienti e costosissime. In tutta Italia ci sono 230 chilometri di rete metropolitana; nella sola Londra, 408. Per un contenzioso su un assegno a vuoto impieghiamo 645 giorni; in Olanda, 39. Per avviare un’impresa ci vogliono circa 5000 euro e 62 giorni di scartoffi e; in Usa, 170 dollari e 4 giorni. Nell’indice di libertà economica strutturato dal «Wall Street Journal» siamo al 74° posto, dietro al Botswana. E negli ultimi dieci anni la qualità della nostra vita è peggiorata: la bolletta del gas è aumentata del 50 per cento, quella della luce del 70, mentre i nostri stipendi rimangono tra i più bassi del continente e i nostri pensionati sono i più tassati. Per forza esportiamo più giovani professionisti di chiunque altro, un esodo di cervelli da quasi due miliardi di dollari. Giovanni Floris illustra con dati, inchieste, aneddoti e notizie quello che nessuno ha il coraggio di dirci: quanto siamo caduti in basso, e come è successo. Rivela come ci vedono davvero gli altri Paesi e quanti investimenti mancati ci costa questa immagine. Indaga casi eclatanti di corruzione, ineffi cienza, spreco. Chiede conto a una politica che non rimuove gli ostacoli alla crescita e ha smesso di fare il nostro interesse. Perché ormai, per l’Italia, navigare in zona retrocessione non è più solo imbarazzante. Può essere fatale.
Giovanni Floris è nato a Roma il 27 dicembre 1967. Giornalista dal 1995, ha seguito come inviato del Giornale Radio Rai i maggiori avvenimenti di politica, esteri ed economia. Ha condotto i GR del mattino e Radio anch’io; è stato corrispondente dagli Usa. È autore e conduttore di Ballarò, quest’anno alla nona edizione. Vincitore di numerosi premi tra cui Saint-Vincent, Premiolino, Flaiano, Guidarello e Elsa Morante, Oscar Tv e Telegatto. I suoi ultimi bestseller pubblicati da Rizzoli sono Mal di merito (2007), La fabbrica degli ignoranti (2008) e Separati in patria (2009).
Chi minaccia (o promette) secessioni può risparmiarsi la fatica: l'Italia è già spaccata. Almeno in due. Nord e Sud sono mondi diversissimi, che a volte si odiano, quasi sempre non si capiscono e di sicuro non sembrano appartenere allo stesso Paese. E se si può sorridere di striscioni e cori da stadio come "Garibaldi, perché?", i numeri delle impari opportunità sono serissimi. La classe politica lo sa? Certo, ma proviene quasi esclusivamente dal Nord, visto che al Sud sembrano non fidarsi più dei politici meridionali. In questo libro, Giovanni Floris ci accompagna alla scoperta della penisola che crediamo di conoscere, analizzando le realtà sconcertanti, i dati preoccupanti, le curiosità e gli scandali di una nazione la cui unica gestione unitaria efficiente a volte sembra quella del crimine organizzato. L'Italia che sogna il federalismo e pratica l'evasione, l'Italia che chiede la meritocrazia e cerca le scorciatoie, l'Italia che si sente diversa da sé ma che a se stessa è uguale da 150 anni. E che ha la possibilità di una riscossa, legata a un salto di volontà: rimettere in moto una politica pigra e affrontare riforme coraggiose. L'inno nazionale che cantiamo è stato adottato in via provvisoria nel 1946. Forse è ora di rendere definitiva, e soprattutto operativa, l'unità d'Italia.