Quanti sono gli uomini a servizio della giustizia che si prestano per salvare la vita agli altri rischiando - a volte perdendo - la propria? Poliziotti, agenti di scorta, carabinieri, vigili del fuoco, militari. Uomini che, senza cercare alcun protagonismo, rischiano quotidianamente la propria pelle. Sono loro, è vero, a scegliere di svolgere quel mestiere, talvolta per necessità. Ma questo non toglie il fatto che siano eroi. Vestono divise diverse ma hanno uno scopo comune: preservare la vita altrui, anche a costo di sacrificare la propria. Questo libro racconta la storia di alcuni di loro, della loro identità reale di protagonisti della cruda cronaca che li costringe a scontrarsi contro le ingiustizie, i disperati, i malviventi.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino visti da vicino, raccontati da chi, per anni, ancor prima che diventassero i magistrati antimafia che tutti conosciamo, ha vissuto al loro fianco momenti indimenticabili. Colleghi, investigatori e collaboratori ma anche amici veri, che - diversamente da quanto fatto da chi in questi vent'anni si è vantato della loro amicizia fino ad ora non avevano mai raccontato nulla di quel rapporto così intimo che hanno conservato nei loro cuori. Ed ecco, dunque, Giovanni Falcone con la sua mania per le collezioni di papere e penne stilografiche, con le sue battute di ironia demenziale, con la guerra delle molliche a tavola, ma anche con i suoi amori tormentati e le sue lacrime davanti ai drammi di alcuni dei collaboratori di giustizia che avevano deciso di parlare con lui. Ed ecco Paolo Borsellino, uomo all'antica, dall'umanità travolgente, rilassarsi con la sua piccola barca di vetroresina o a cavallo di una bicicletta, a pesca grossa durante il soggiorno da "recluso" all'Asinara o "in fuga" dalla scorta per una passeggiata notturna a Mondello con l'amico più stretto. È il racconto del volto inedito di due uomini che, sotto l'immenso peso dell'ansia e delle responsabilità della missione che li ha portati insieme fino alla morte, sapevano anche sorridere e divertirsi. Ed è il racconto di una grande amicizia fra due uomini diversi eppure uguali: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Le regole non scritte, i meccanismi profondi, le dinamiche eterne del gioco: per la prima volta un protagonista indiscusso della vita pubblica italiana racconta senza pudore né ipocrisia cos'è e come funziona la politica. Sapientemente indirizzato dal giornalista Andrea Cangini, il presidente Francesco Cossiga mette a nudo il potere e con esso l'uomo che lo incarna. Svela l'arcano, dice l'indicibile, strappa la maschera alla realtà con l'ironia e l'arguzia di chi ha cavalcato lungo le strade impervie della Prima e della Seconda repubblica. Aneddoti, riflessioni, rimandi storici, vere e proprie rivelazioni accompagnano il lettore alla scoperta di verità "scandalose" fino a oggi mai rivelate con tanta schiettezza. La natura del potere, il ruolo del denaro, l'uso dei servizi segreti, la violenza, la guerra, le massonerie, i rapporti tra stati, la religione, il Vaticano, la verità, la finzione, i complotti, il caso, il lato di tenebra dell'uomo e del politico. Il trionfo e la caduta, la vita e la morte.
"Novissime picconate" è, a suo modo, un instant book. Nel senso più nobile del ternane. L'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga (secondo la sua stessa, paradossale definizione "il peggiore presidente della storia repubblicana") torna a "picconare", menando fendenti a destra e a sinistra. Lo fa nella forma compiuta e già rodata dell'intervista-dialogo con Claudio Sabelli Fioretti, ormai suo interlocutore di fiducia, l'unico che riesca a tenere testa alle sue "mattane" (altra autodefinizione) senza scomporsi, e anzi rilanciando ogni volta. L'uomo di Stato più eterodosso che la storia dell'Italia repubblicana possa annoverare entra "a gamba tesa" sul quadro politico degli ultimi mesi, delle ultime settimane. Alternando il piccone al fioretto, come suo solito, l'ironia amara e feroce di Cossiga non risparmia nessuno. Ce n'è per tutti, naturalmente: a partire da Obama, passando per Berlusconi (e per la figlia Barbara), per Veltroni e D'Alema (senza nascondere la sua notoria simpatia per quest'ultimo), per Di Pietro (senza fare mistero della sua risaputa antipatia per l'ex pm).
Un rapporto conflittuale tra una madre e una figlia con due personalità contrastanti e una passione lacerante sullo sfondo di un'Italia scossa da scandali politici che finiscono per affossare il governo. Convivere con il peso della celebrità e, soprattutto, con la notorietà di chi si ama, presuppone una duplice sofferenza quando finisce un amore, perché la donna che esce sconfitta dall'affaire con il politico del momento subisce due volte per via della sovraesposizione mediatica del partner. L'intreccio prende corpo attraverso l'alternanza di due voci narranti che vedono protagoniste due donne: Elisa, un tempo avvenente giornalista e conduttrice televisiva all'apice del successo, e la figlia Serena, giovane biologa che attraverso un viaggio iniziatico nella sua terra d'origine, la Puglia, ritrova il diario attraverso il quale ricompone i tasselli della vita parallela della madre scomparsa in circostanze misteriose quindici anni prima, quando lei era ancora adolescente. Scavando nell'oscuro passato materno, Serena si ritrova inconsapevolmente a risolvere il giallo della morte di Elisa, insabbiata in quanto avvenuta proprio in occasione di un incontro segreto con l'uomo del momento, il presidente del Consiglio. A sostenere la ragazza nella spasmodica ricerca della verità è proprio il padre, Davide, depositario dell'epilogo di un intrigo sentimentale dal ritmo incalzante e ricco di colpi di scena.
In Italia è in corso un'invasione in piena regola. Lo dicono le cifre dei rapporti Istat: i cittadini stranieri residenti nella Penisola sono circa tre milioni e mezzo e nel 2008 sono aumentati di circa il diciassette per cento. A questi vanno aggiunti gli immigrati irregolari. Il flusso incontrollato di arrivi ha cambiato il volto delle nostre città, e porta con sé conseguenze devastanti sia sul piano sociale sia dal punto di vista culturale. Da un lato assistiamo a un'impennata della criminalità: stupri, violenze, rapine, omicidi. Dall'altro ci troviamo di fronte a una vera e propria rivoluzione culturale, che mette in discussione i nostri valori, i nostri diritti, il modo in cui viviamo quotidianamente. E l'Italia come risponde a questa invasione? Niente. Migliaia di fedeli islamici manifestano davanti alla basilica di San Petronio a Bologna, sul sagrato del Duomo di Milano e di fronte al Colosseo a Roma. Centinaia di cinesi si rivoltano contro la polizia in via Paolo Sarpi a Milano. Aumentano in maniera esponenziale le violenze commesse dai romeni. Eppure l'invasione continua a essere sottovalutata, letta attraverso le lenti sporche del politicamente corretto, che addormenta le coscienze. Intanto il Paese - come ha scritto il sociologo Luca Ricolfi - si trasforma nella Mecca del crimine.
1962: un vecchio verbale di polizia viene ritrovato da Mauro De Mauro, giornalista del quotidiano siciliano "L'Ora". Si tratta delle rivelazioni di un pentito mafioso, risalenti al 1936, che descrivono l'organigramma completo di Cosa Nostra. Un giornalista d'assalto come De Mauro non si lascia sfuggire l'occasione e pubblica il verbale sul giornale palermitano in tre puntate. Un documento scioccante e allo stesso tempo decisivo per le sorti di De Mauro, che oggi potrebbe costituire la giusta chiave per ristabilire i motivi della sua scomparsa, avvenuta il 16 settembre 1970 a Palermo. A processo in corso contro la cupola di Cosa Nostra, l'inchiesta di Francesco Viviano, inviato speciale di "Repubblica", fa a pezzi le tesi montate per un trentennio sulla morte di De Mauro: le indagini che il cronista fece sulla scomparsa del presidente dell'Eni Enrico Mattei, quella sul presunto traffico di stupefacenti e svariate altre ipotesi, poi rivelatesi veri e propri depistaggi. Dietro la morte di De Mauro ci sarebbero infatti il famigerato tentato golpe di Junio Valerio Borghese e la ricostruzione con troppi anni d'anticipo degli interessi che la mafia siciliana tesseva insieme a illustri personalità del mondo politico, nobiliare e imprenditoriale, che da Palermo portavano dritto dritto a Roma.
In questo libro l'autore intervista Francesco Cossiga sulla sua vita personale e politica.
Un santuario di montagna, una comunità di preti e suore di clausura, nobiltà massonica, dicerie e sotterfugi, alleanze e intrighi. Questi gli ingredienti dell'avvincente e misteriosa vicenda che esplode a partire dal ritrovamento di un neonato piangente all'interno della chiesa. Nessuno sa chi sia e da dove provenga, ma la sua comparsa dà l'avvio a una indagine complessa e colma di sorprese. Da una parte le suore, protettive e materne, dall'altra i preti, con le loro diverse e talvolta contrastanti personalità, infine la popolazione laica, rapita dai suoi interessi e dai suoi capricci, sconvolta da passioni, gelosie e continui imprevisti. E lo spettro del satanismo, la sapienza patristica, il giro di informazioni segrete, la ricerca di una verità diffìcile a trovarsi.