Ai nostri occhi può sembrare strano che i trionfi dell'Impero romano venissero allora attribuiti soprattutto a sette oggetti gelosamente custoditi nei penetrali dei templi dell'Urbe, e che dalla loro presenza si facesse dipendere la durevolezza e l'invincibilità di quel mondo. Eppure, già in epoca regia e, guardando a Costantinopoli, ancora dopo la caduta dell'Urbe, i Romani credevano fermamente che quegli oggetti - doni prodigiosi, testimoni della benevola volontà soprannaturale, reliquie magiche e arcane - fossero i veri fautori dell'ordine e dell'eternità dell'imperium, le sue autentiche e sicure fondamenta. Di quei talismani, e della loro tutela occulta e simbolica, racconta questo libro di Mino Gabriele, che ripercorre storie e leggende, discerne il vero dal falso, riesce a cogliere i significati manifesti e quelli nascosti attraverso l'esame critico delle fonti letterarie e dei riscontri archeologici, ricostruendo così un irripetibile, straordinario patrimonio di miti. E per il lettore, anche grazie alle immagini che arricchiscono il volume, sarà un viaggio appassionante nel mondo sacro degli antichi, dove il credibile e l'incredibile convivevano in sorprendente e ordinaria comunione.
La comprensione della tradizione alchemica occidentale dipende inevitabilmente da quella del suo linguaggio simbolico, dalla decrittazione del suo mirabile vocabolario per immagini. L'intento del volume è proprio questo: indagare e cogliere il senso dottrinale del sapere alchemico attraverso l'interpretazione degli stessi testi e figure che l'hanno trasmesso dal Medioevo al XVII secolo. Si cerca così di individuare la genesi formale e concettuale delle complesse trame metaforiche che informano il lessico "ermetico", come le sue coniugazioni scientifico-filosofiche e mistico-operative. L'iconologia, utilizzata con la dovuta attenzione ermeneutica e filologica, ha soccorso e guidato il lavoro dell'autore, anche allo scopo di individuare una metodologia rigorosa e credibile, necessaria ad uno studio dell'alchimia svincolato dagli equivoci prodotti spesso, specialmente nell'ambito della storia dell'arte, da improvvisati "esegeti" dell'"esoterismo".