Nel 1944 un anonimo antifascista pubblicò un opuscolo il cui primo capitolo si intitolava "Il fascismo non è mai esistito". Cinquant'anni dopo un illustre intellettuale antifascista dichiarò: «Il fascismo è eterno». La storia del fascismo è stata spesso raccontata per sostenere o confutare una teoria. Questa "Storia del fascismo" non presuppone né propone una teoria. Racconta i fatti accaduti, come è stato possibile conoscerli attraverso i documenti. Essendo storia e non cronaca, l'autore ha dato risalto a persone, momenti, condizioni, eventi che maggiormente contribuirono a trasformare il minuscolo movimento del 1919 in un regime totalitario nel 1926, con tutto quello che ne è seguito nei successivi diciannove anni. Dall'inizio alla fine, il fascismo ebbe un solo capo, ma questo libro mostra che non fu Mussolini a generare il fascismo, ma fu il fascismo a generare il duce. Nel corso della sua parabola, il fascismo visse varie metamorfosi, ma la "Storia del fascismo" mostra che i suoi caratteri essenziali e indelebili ebbero origine non dal minuscolo fascismo mussoliniano del 1919 ma dal fascismo che nel 1920 iniziò la guerra civile squadrista e la proseguì, diventando un partito di massa, fino alla conquista del potere, per istituzionalizzarla nel regime totalitario e riprenderla nell'ultimo momento dell'agonia. Nel raccontare la storia del fascismo, Emilio Gentile non ha seguito il copione del postero, che sa già come è andata a finire. Il caso, l'imprevisto, la scelta, l'iniziativa, fanno parte di questa nuova "Storia del fascismo", come fecero parte del fascismo durante la sua storia. Che era storia nuova, senza copione, anche per i suoi protagonisti.
All'inizio del XXI secolo, trapassato il comunismo, disperso il socialismo, rarefatto il liberalismo, il fascismo avrebbe oggi una straordinaria rivincita sui nemici che lo avevano sconfitto nel 1945. Ma cos'è fascismo? Si sta ripetendo aggiornato e mascherato? Oppure il 'pericolo fascista' distrae dalle cause vere della crisi democratica? Chi e cosa è fascista oggi? Stiamo assistendo al ritorno del fascismo? La nostra democrazia è in pericolo?
Alla fine del Novecento, fu annunciata in Italia la "morte della patria". Oggi assistiamo alla rinascita del culto della nazione, mentre molti temono tuttora una perdita dell'identità nazionale. Gli italiani, in realtà, non hanno mai avuto una comune idea di nazione, anche se fin dal Risorgimento il mito di una Grande Italia ha influito sulla loro esistenza. Sono state molte le Italie degli italiani, divisi da ideologie antagoniste, sfociate talvolta in guerra civile. Emilio Gentile narra la storia del mito nazionale nelle sue varie versioni fino a spiegare le ragioni per le quali la nazione è scomparsa dalla vita degli italiani per riapparire nell'Italia d'oggi, con un incerto futuro.
Emilio Gentile rievoca le principali esperienze di partecipazione delle folle alla politica dall'antichità all'età contemporanea ed esplora il rapporto che le ha legate a capi straordinari come Pericle, Cesare, Napoleone, Roosevelt, Churchill, De Gaulle, Kennedy, fino a Trump e Macron. Una riflessione sull'attuale tendenza a trasformare il 'governo del popolo, dal popolo, per il popolo' in una democrazia recitativa, dove la politica diventa l'arte di governo di un capo, che in nome del popolo muta i cittadini in una folla apatica o servile.
Cento anni fa, per tutto il 1921 e poi nel 1922, l'Italia fu investita da una guerra civile scatenata dal fascismo, autoproclamatosi 'milizia della nazione', contro tutti i partiti avversari. Da cento anni gli osservatori coevi e poi gli storici hanno cercato di spiegare un fenomeno così sorprendente, proponendo le più varie interpretazioni. In questo libro Emilio Gentile, avvalendosi di una vasta documentazione di archivi pubblici e privati, ricostruisce le vicende che provocarono il crollo della democrazia italiana e posero le fondamenta di un regime totalitario. Come ebbe inizio la marcia del fascismo? Chi erano i fascisti? Chi erano i finanziatori dello squadrismo? Chi si oppose e chi favorì la conquista fascista del potere? Fu Mussolini il duce che guidò il fascismo al potere o fu il fascismo che spinse Mussolini al potere, trasformandolo in duce? A queste domande Emilio Gentile ha cercato di dare risposte realistiche, documentate e argomentate. E con le sue risposte racconta una storia del fascismo che va oltre le interpretazioni tradizionali o convenzionali, perché i suoi protagonisti sono persone in carne e ossa e non astratte entità collettive.
Il principe Antonio De Curtis non era solito leggere i racconti degli storici. Lo appassionava solo la storia della sua famiglia, che risaliva all'imperatore Costantino. Non lo divertiva la Storia, cioè l'esistenza umana nel fluire del tempo, perché aveva una visione tragica della vita. Ma permetteva a Totò di spernacchiare tutte le persone che nella Storia, e quindi nella vita, si comportano da «caporali»: i prepotenti che tormentano gli «uomini» qualunque, costretti a vivere un'esistenza grama. Nei suoi novantasette film, ambientati nelle più varie epoche storiche, dall'Egitto dei faraoni all'Italia del 'miracolo economico' e all'Europa del Muro di Berlino, Antonio incarna nei personaggi di Totò sia i 'caporali' sia gli 'uomini', ma sempre con lo stesso proposito: «spernacchiare» i caporali, spiegando che la pernacchia «ha tanti scopi: deride, protesta, esplode con un grido di dolore». E difende così la dignità dell'uomo libero.
A marzo del 1912, il ventinovenne Benito Mussolini è solo un marxista di provincia. Appena quattro mesi dopo irrompe sulla scena nazionale, a capo della corrente rivoluzionaria che conquista la guida del partito socialista. Nei mesi successivi, come direttore del-l'«Avanti!», è idolatrato dalle masse. Ma nell'autunno del 1914 sostiene l'intervento nella Grande Guerra: allora, in pochi giorni, perde ogni sostegno e viene bollato col marchio del traditore. Quando fonda i Fasci di combattimento, nel marzo del 1919, raduna poche centinaia di affiliati: quel fascismo è un movimento rumoroso ma marginale. Nelle elezioni politiche di novembre, infatti, Mussolini prende meno di cinquemila voti, e ha la tentazione di abbandonare la politica. Emilio Gentile racconta la storia di un Mussolini per molti aspetti sconosciuto: non rivoluzionario, non anticapitalista, e neppure «duce»: un politico isolato, che si autodefinisce «avventuriero di tutte le strade». E con spregiudicatezza è pronto a rinnegarsi pur di conquistare il potere.
Dell'ultima seduta del Gran Consiglio, il 25 luglio del 1943, non fu redatto un verbale ufficiale. Non si sa, pertanto, che cosa effettivamente dissero e come si comportarono i partecipanti. Nelle tante memorie uscite negli anni successivi, il duce e i gerarchi hanno dato versioni contrastanti di quel che fu detto, come fu detto e perché fu detto. Molti sono gli interrogativi rimasti senza risposta: i gerarchi volevano veramente estromettere Mussolini dal potere? Volevano porre fine al regime per salvare la patria? Oppure furono dei traditori? Se il duce considerava l'ordine del giorno Grandi «inammissibile e vile», perché lo mise in votazione? Tutti i presenti rimasero stupiti dalla fiacca reazione del duce alle accuse che gli vennero rivolte durante la seduta. Era forse rassegnato a perdere? O addirittura voleva uscire di scena, come un attore che, dopo essere stato osannato per venti anni, alla fine era stato fischiato per aver perso la guerra? Congiura di traditori? Audacia di patrioti? O l'eutanasia di un duce? Documenti nuovi consentono finalmente di rispondere a queste domande, e a Emilio Gentile di raccontare un giorno cruciale della storia d'Italia con la suspense di un poliziesco.
Ci fu un tempo in cui l'Europa era il centro del mondo. La sua supremazia si estendeva su tutto il pianeta, in ogni campo del sapere e dell'agire. Accadeva cento anni fa, all'apice di un'ascesa iniziata quattro secoli prima, con la scoperta del Nuovo Mondo e la circumnavigazione dei continenti da parte di intrepidi navigatori. All'inizio del Novecento la guerra appariva un rischio evitabile con la diplomazia, dopo oltre quarant'anni di pace e di progresso che sembravano destinati a durare e a diffondersi nel mondo. Improvvisamente, con la Grande Guerra, l'ottimismo crollò e l'Europa mondiale naufragò nella tempesta che essa stessa aveva scatenato. Con verve narrativa e affascinante erudizione, Emilio Gentile ricostruisce l'apogeo dell'Europa e il ruolo di vero e proprio laboratorio che l'Italia giocò in quegli anni: il nostro fu uno dei paesi in cui si manifestarono i primi segnali della crisi di un intero continente e i sintomi del crepuscolo di una civiltà di cui ancora oggi, a distanza di un secolo esatto, viviamo le conseguenze. Ricostruire quel che accadde in quella stagione può aiutare a comprendere quel che succede oggi nel mondo del terzo millennio, in un momento in cui l'Europa, sempre più indecisa, rischia di scivolare verso una definitiva e pericolosa marginalità.
In occasione del centenario della rivoluzione d'ottobre, Emilio Gentile rovescia i giudizi correnti nella storiografia italiana e straniera sui rapporti fra Lenin e Mussolini e getta nuova luce sui due primi capi rivoluzionari del ventesimo secolo, artefici dei primi regimi totalitari, l'un contro l'altro armati per imprimere il proprio modello sulla civiltà moderna. I due regimi non furono fratelli-nemici: il primogenito comunista non insegnò al secondogenito fascista, divenuto suo rivale, il metodo per distruggere la democrazia e istituire il regime a partito unico. Mai Mussolini considerò Lenin, la sua rivoluzione, il suo regime come esempi da imitare. Al contrario. Fin dal 1920 Mussolini condannò il regime di Lenin come una dittatura di fanatici intellettuali imposta col terrore sul proletariato, considerò fallito l'esperimento comunista, giudicò liquidata la minaccia bolscevica in Europa. E un anno prima della conquista fascista del potere, il duce dichiarò pubblicamente che in Italia non c'era nessun pericolo di rivoluzione bolscevica. Ricostruendo l'attitudine e l'atteggiamento di Mussolini nei confronti di Lenin, la rivoluzione bolscevica e il regime comunista, emerge una nuova e originale lettura di due uomini che hanno fatto la nostra storia.
Per una casualità del destino, l'Unità d'Italia corrisponde cronologicamente all'affermarsi della fotografia. Questa coincidenza temporale ha fatto sì che le fotografie abbiano registrato fin dalle origini eventi e umori di una società in divenire e abbiano contribuito alla costruzione dell'identità nazionale. Presenti nella quotidianità come nella rappresentazione ufficiale, ci offrono testimonianze, icone, memoria. La particolarità dello svilupparsi di questo racconto è che, qui, lo sguardo del fotografo incontra quello dello storico. Ciascuna immagine, selezionata dalla photo editor Manuela Fugenzi, è accompagnata dalle interpretazioni, dai commenti e dagli approfondimenti della penna di quattro grandi storici: Vittorio Vidotto, Emilio Gentile, Simona Colarizi, Giovanni De Luna. Nasce così il circuito virtuoso tra il lavoro dello storico, con i suoi strumenti di analisi capaci di scavare nel profondo di un'epoca e lo sguardo di chi era dentro un evento e lo ha immortalato per sempre in un'immagine.
A 100 anni dalla nascita del movimento fascista, a oltre 70 dalla fine del regime, 'il fascismo è tornato'. In rete e nei media l'allarme è al massimo livello. Caratteristiche del nuovo fascismo sarebbero: la sublimazione del popolo come collettività virtuosa contrapposta a politicanti corrotti, il disprezzo della democrazia parlamentare, l'appello alla piazza, l'esigenza dell'uomo forte, il primato della sovranità nazionale, l'ostilità verso i migranti. Fra i nuovi fascisti sono annoverati Trump, Erdogan, Bolsonaro, Di Maio, Salvini. Insomma, all'inizio del XXI secolo, trapassato il comunismo, disperso il socialismo, rarefatto il liberalismo, il fascismo avrebbe oggi una straordinaria rivincita sui nemici che lo avevano sconfitto nel 1945. Ma cos'è stato il fascismo? È stato un fenomeno internazionale, che si ripete aggiornato e mascherato? Oppure il 'pericolo fascista' distrae dalle cause vere della crisi democratica?