Negli ultimi decenni del Novecento, quel secolo che è apparso il più secolarizzato della storia, in cui si è giunti a teorizzare la scomparsa delle religioni, in alcune regioni del mondo le fedi sono state di nuovo proiettate sullo spazio pubblico. Accompagnandosi talvolta alla rinascita delle passioni nazionaliste, altre volte alla protesta degli esclusi, ai conflitti o al ridisegnarsi delle identità. Nella condizione umana si sta imponendo la necessità di convivere, come ha messo in luce recentemente Andrea Riccardi. Una convivenza con troppe differenze, su orizzonti ampi quali quelli della globalizzazione, può indurre i fenomeni preoccupanti che sono sotto i nostri occhi: individualismi irresponsabili, tribalismi difensivi, nuovi fondamentalismi. Donne e uomini spaesati hanno paura del presente e del futuro; chiedono alle religioni di proteggere la loro paura, magari ergendo muri di diffidenza. Nei fondamentalismi vi è sempre una semplificazione che affascina i giovani, i disperati, la gente spaesata per la quale questo mondo è troppo complesso, inospitale. E i fondamentalismi hanno il marchio dell'odio, se non della lotta al diverso religiosamente o etnicamente. (Prefazione di Marco Impagliazzo)
"Lo studio di Paolo Gheda apre uno squarcio inusuale su un tema controverso, quello dei cristiani nella guerra civile in Irlanda del Nord, raramente frequentato dalla storiografia. In esso si dà conto dell'evoluzione dei rapporti tra le diverse Chiese che, su posizioni diverse, hanno dovuto affrontare l'epoca dei 'troubles'. Dalla trattazione emerge con chiarezza che lo sguardo delle gerarchie cristiane è stato principalmente rivolto ai problemi della popolazione sconvolta da una contesa annata che ne ha fortemente condizionato l'esistenza. Ma anche come, innanzitutto, l'intervento delle Chiese sia stato indirizzato verso una ricomposizione di divisioni settarie che erano degenerate in un clima di odio razziale che rischiava di diventare endemico. La 'politica' delle confessioni cristiane è stata quella di lavorare, superando anche numerose difficoltà interne, per una riconciliazione dà fondarsi sulla base della giustizia sociale e della comprensione delle motivazioni dell'altro. Il lavoro di Gheda non indulge in schematizzazioni e, quindi, non nasconde le inevitabili contraddizioni di questo itinerario trentennale. L'autore si è meritoriamente fatto carico di ricostruire alcuni aspetti determinanti di un conflitto in cui religione e politica sono state spesso confuse. Il risultato è un libro interessante, per molti aspetti nuovo, che prende vita dà fonti di diversa natura ed è soprattutto alieno da semplificazioni." (dalla prefazione di Luca Riccardi)