Questa Storia della Federazione – Compagnia di Sant’Orsola, l’Istituto fondato da Sant’Angela Merici nel Cinquecento, mette in luce la “connaturalità” della Federazione rispetto alla storia mericiana, confermata nel passaggio istituzionale che ha riconosciuto e formalizzato la rete spontanea, per quanto sino alla seconda metà del XX secolo ancora implicita che ha sempre legato tra loro le figlie di Sant’Angela delle varie diocesi. A un tempo, emergono nel volume le fasi di istituzione canonica e successivo sviluppo dell’Istituto federato, che hanno favorito una maturazione della consapevolezza del proprio stato di consacrate secolari – attraverso le revisioni costituzionali e il cammino di autoformazione carismatica e spirituale -, per tutte le Orsoline. Così come la Federazione si è trovata ad accompagnare le Compagnie della Penisola nel cammino di riassetto postconciliare aperto soprattutto alla nuova mondialità, favorendo la diffusione del modello di consacrazione secolare mericiano all’estero, in particolare nelle terre extraeuropee, su di un’ampiezza geografica e culturale mai registrata nei secoli precedenti. Come scrive Francesco Bonini nella Prefazione, «Paolo Gheda ricostruisce in questo pagine intense e vivaci» le vicende della Federazione attraverso «una rigorosa ricerca storica proposta con sicura e consolidata metodologia», avendo potuto per la prima volta attingere largamente a tutta la documentazione inedita conservata nell’archivio centrale della Federazione di Milano e presso molte Compagnie diocesane, in Italia e all’estero.
Ad appena ventotto anni, Giulio Andreotti si trovò a gestire una serie di problemi delicati, con evidenti ricadute sia sul piano interno che internazionale. Nel 1947 era stato infatti nominato sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio e, fra le varie competenze affidategli da Alcide De Gasperi, vi era la responsabilità politica dell'Ufficio per le zone di confine, un organo istituzionale sorto per coordinare l'attività del governo nelle complesse situazioni di frontiera. L'Ufficio era alimentato da ingenti fondi riservati, che Andreotti decideva di volta in volta come utilizzare. Le carte inedite dell'Archivio Andreotti, e di altri archivi consultati per questa indagine, rivelano un giovane all'inizio della carriera, già dotato delle qualità che contribuiranno a renderlo uno fra i politici più rappresentativi della storia italiana del dopoguerra. Nell'affrontare, le principali sfide poste dal suo compito - la propaganda in difesa dell'italianità, la tutela delle minoranze linguistiche, l'attuazione dell'autonomia speciale), i rapporti spesso difficili con la classe dirigente locale - Andreotti si dimostra già uomo di Stato e di governo più che di partito, di grande pragmatismo e con rapporti privilegiati con il mondo ecclesiastico.
l Cardinale Giuseppe Siri è stata senza dubbio una delle figure più incisive dell’Italia e della Chiesa universale nella seconda metà del Novecento. La sua presenza attiva e spesso determinante in passaggi chiave dell’epoca contemporanea, dalla ricostruzione al boom degli anni Sessanta, costituiscono l’aspetto forse più evidente di un ruolo che peraltro si è tradotto in primis in una lunga e intensa vicenda pastorale. Un’esperienza di servizio, quella di Siri, ampia e integrale rispetto al mondo incontrato, che si è esplicata a partire dalle alte responsabilità di conduzione dell’episcopato peninsulare sino al dialogo sempre aperto con la gente semplice del porto della sua diocesi. Dopo alcuni anni seguenti alla scomparsa nel 1989, l’interesse per la vicenda e l’opera dell’arcivescovo di Genova è progressivamente cresciuto, sollecitato innanzitutto dalla memoria dei testimoni diretti e dalle prime riflessioni di carattere storiografico. La sempre più larga disponibilità di fonti documentarie (l’archivio personale presso l’arcidiocesi di Genova, i fondi dei principali vescovi italiani, l’archivio centrale della Conferenza Episcopale Italiana) permettono oggi di approfondire e precisare la conoscenza della sua figura e della sua opera. Questo volume offre così un ritratto del celebre prelato ligure a più voci, dove ciascun specialista affronta un aspetto del suo pensiero e delle sue iniziative. Ne esce un quadro biografico articolato e ricco di novità, grazie all’uso ingente di fonti scritte e orali, in buona parte inedite, un profilo scientificamente fondato e documentato che rilancia l’attenzione sulla biografia di colui che è stato definito il “papa non eletto”.
Negli ultimi decenni del Novecento, quel secolo che è apparso il più secolarizzato della storia, in cui si è giunti a teorizzare la scomparsa delle religioni, in alcune regioni del mondo le fedi sono state di nuovo proiettate sullo spazio pubblico. Accompagnandosi talvolta alla rinascita delle passioni nazionaliste, altre volte alla protesta degli esclusi, ai conflitti o al ridisegnarsi delle identità. Nella condizione umana si sta imponendo la necessità di convivere, come ha messo in luce recentemente Andrea Riccardi. Una convivenza con troppe differenze, su orizzonti ampi quali quelli della globalizzazione, può indurre i fenomeni preoccupanti che sono sotto i nostri occhi: individualismi irresponsabili, tribalismi difensivi, nuovi fondamentalismi. Donne e uomini spaesati hanno paura del presente e del futuro; chiedono alle religioni di proteggere la loro paura, magari ergendo muri di diffidenza. Nei fondamentalismi vi è sempre una semplificazione che affascina i giovani, i disperati, la gente spaesata per la quale questo mondo è troppo complesso, inospitale. E i fondamentalismi hanno il marchio dell'odio, se non della lotta al diverso religiosamente o etnicamente. (Prefazione di Marco Impagliazzo)
"Lo studio di Paolo Gheda apre uno squarcio inusuale su un tema controverso, quello dei cristiani nella guerra civile in Irlanda del Nord, raramente frequentato dalla storiografia. In esso si dà conto dell'evoluzione dei rapporti tra le diverse Chiese che, su posizioni diverse, hanno dovuto affrontare l'epoca dei 'troubles'. Dalla trattazione emerge con chiarezza che lo sguardo delle gerarchie cristiane è stato principalmente rivolto ai problemi della popolazione sconvolta da una contesa annata che ne ha fortemente condizionato l'esistenza. Ma anche come, innanzitutto, l'intervento delle Chiese sia stato indirizzato verso una ricomposizione di divisioni settarie che erano degenerate in un clima di odio razziale che rischiava di diventare endemico. La 'politica' delle confessioni cristiane è stata quella di lavorare, superando anche numerose difficoltà interne, per una riconciliazione dà fondarsi sulla base della giustizia sociale e della comprensione delle motivazioni dell'altro. Il lavoro di Gheda non indulge in schematizzazioni e, quindi, non nasconde le inevitabili contraddizioni di questo itinerario trentennale. L'autore si è meritoriamente fatto carico di ricostruire alcuni aspetti determinanti di un conflitto in cui religione e politica sono state spesso confuse. Il risultato è un libro interessante, per molti aspetti nuovo, che prende vita dà fonti di diversa natura ed è soprattutto alieno da semplificazioni." (dalla prefazione di Luca Riccardi)