Arrestato a Venezia nel maggio del 1592, Giordano Bruno é costretto a difendersi dall'accusa di eresia di fronte al Tribunale dell'Inquisizione: é l'inizio della lunga e dolorosa trafila processuale che, quasi otto anni dopo, lo condurrà sul rogo. Le sue prime deposizioni, sono la traccia di un profilo autobiografico intenso e sofferto, e ci aiutano a comprendere come la scelta di consegnarsi al martirio fu il risultato di una progressiva presa di consapevolezza del proprio ruolo di libero portatore di verità: un'estrema affermazione di autocoscienza.
Selezionata e commentata da Michele Ciliberto, questa insolita autobiografia, oltre che un'introduzione all'opera del filosofo notano, é così anche una chiave per decifrarne le complesse ragioni, al di là di stereotipi e mitologie consolidate.
Arrestato a Venezia nel maggio del 1592, Giordano Bruno è costretto a difendersi dall'accusa di eresia di fronte al Tribunale dell'Inquisizione: è l'inizio della lunga e dolorosa trafila processuale che, quasi otto anni dopo, lo condurrà sul rogo. Le sue prime deposizioni, raccolte in questo libro accanto agli interventi dei giudici e dei testimoni, sono la traccia di un profilo autobiografico intenso e sofferto, che del filosofo ci restituisce anche il carattere, lasciandolo emergere nella serrata corrispondenza tra le scelte di vita e gli sviluppi del pensiero. È una confessione resa sotto minaccia, un'abile mistura di verità, intelligenza oratoria e dissimulazione, eppure Bruno rimane orgoglioso anche nell'atto di chiedere perdono. Le sue parole, allora, ci aiutano a comprendere come la scelta di consegnarsi al martirio fu il risultato di una progressiva presa di consapevolezza del proprio ruolo di libero portatore di verità: un'estrema affermazione di autocoscienza. Selezionata e commentata da Michele Ciliberto, tra i maggiori studiosi del filosofo nolano, questa insolita autobiografia, oltre che un'introduzione all'opera del filosofo, è così anche una chiave per decifrarne le complesse ragioni, al di là di stereotipi e mitologie consolidate.
A lungo considerate dagli studiosi come oggetto misterioso che non si sapeva in quale modo trattare, le opere mnemotecniche di Bruno si sono rivelate, soprattutto dopo il libro di Frances Yates, L'arte della memoria, come il centro e il motore occulto dell'intera sua opera. Ma non per questo hanno perso il loro aspetto cifrato, che non finisce di stupire. Gli equivoci insorgono subito, già dalla definizione della disciplina. Nata come tecnica utilissima agli oratori per esercitare la memoria, la mnemotecnica è diventata nel corso dei secoli, e soprattutto nel periodo fra Raimondo Lullo e Bruno, che segna il culmine dell'arte, un nuovo regime delle immagini - intese come fantasmi mentali. Questo secondo tomo include testi che, sotto vari profili, possono essere considerati fra i momenti più elevati dell'intera speculazione di Bruno. In particolare, il "Sigillus sigillorum" inizia a porre, attraverso una serrata discussione con i massimi esponenti della tradizione filosofica antica e rinascimentale - a partire da Marsilio Ficino -, le basi dell'ontologia della materia-vita infinita, da cui trarrà origine la cosmologia dell'universo infinito e dei mondi innumerabili, mentre il "De imaginum composizione", vero punto d'arrivo di tutta la riflessione mnemotecnica di Bruno, sfocia in uno stupefacente uso delle immagini, che ripropone in termini nuovi e originali il problema del rapporto fra mente, figura e parola.
Giordano Bruno Guerri fa luce su una figura emblematica, sempre screditata, ma che ha anticipato di un secolo il modernista papa Francesco, preannunciandolo: Ernesto Buonaiuti. Un'indagine scrupolosa e approfondita dalla quale emergono molte scoperte inedite su un personaggio controverso e sulla sua drammatica vicenda, in particolare sui suoi rapporti con Mussolini e su quelli, davvero singolari, con padre Gemelli e due santi, don Orione e Giovanni XXIII: molte riforme del concilio Vaticano II, così come quelle di papa Francesco, si rifanno infatti alle idee di questo sacerdote, perseguitato da quattro papi nel Novecento. Chierico "irrequieto e di idee avanzate e pericolose", come lo definì una nota in seminario, Buonaiuti divenne il più importante esponente del modernismo italiano, il movimento di riforma del cattolicesimo condannato nel 1907 da Pio X. Docente di Storia del cristianesimo alla Sapienza di Roma, tentò di conciliare il ritorno ai valori della Chiesa primitiva con il pensiero moderno attraverso un'analisi critico-filologica del Vangelo. Nel 1926 gli venne inflitta la massima scomunica, che impediva a ogni buon cattolico di avvicinarlo. Accusato dal Sant'Uffizio, attaccato dall'Osservatore Romano e dalla Civiltà Cattolica, usato come oggetto di scambio tra il regime fascista e la Santa Sede durante la stesura del concordato del 1929, vittima di veri complotti ecclesiastici tesi ad allontanarlo dall'insegnamento, Buonaiuti rinunciò alla cattedra solo nel 1931, rifiutando di giurare fedeltà al regime. Neppure l'Italia nata dalla Resistenza gli rese giustizia: a causa delle pressioni del Vaticano, fu l'unico a non riottenere la docenza fra i dodici professori "non giuranti".
"Là dove io avevo nobilissimi oracoli, fani et altari, ora, essendono quelli gittati per terra et indegnissimamente profanati, in loco loro han dirizzate are e statue a certi ch'io mi vergogno nominare, perché son peggio che li nostri satiri e fauni et altri semebestie (...). Le leggi, statuti, culti, sacrificii e cerimonie, ch'io già per li miei Mercurii ho donate, ordinati, comandati et instituiti, son cassi et annullati; et in vece loro si trovano le più sporche et indegnissime poltronarie che possa giamai questa cieca altrimenti fengere: a fine che come per noi gli omini doventavano eroi, adesso dovegnano peggio che bestie". (Giordano Bruno, Spaccio de la bestia trionfante)
A lungo trattate dagli studiosi come un oggetto misterioso, le opere mnemotecniche di Bruno si sono rivelate come il centro e il motore occulto di tutta la sua opera. Il loro aspetto cifrato non finisce di stupire, sin dalla definizione della disciplina. Nata come tecnica utilizzata dagli oratori per esercitare la memoria, la mnemotecnica è diventata nel corso dei secoli un nuovo "regime delle immagini", intese come fantasmi mentali, una sorta di pratica teurgica, collegata a quella primordiale sapienza egizia che fu lo stendardo dell'ermetismo rinascimentale e che Bruno innova con tecniche appropriate alle sue teorie. All'edizione critica del testo latino si affiancano la traduzione italiana e il commento storico-filosofico.
Opera breve ma straordinariamente densa, la "Cabala del cavallo pegaseo" è il quinto dei sei dialoghi composti da Bruno tra il 1584 e il 1585, durante il suo soggiorno inglese. In essa si intrecciano temi di grande rilievo teorico: la satira, aspra e sostenuta da puntuali riferimenti al testo biblico, nei confronti della "santa asinità" cristiana; la critica di alcuni aspetti della filosofia antica, in particolare nei confronti di Aristotele e di Sesto Empirico; l'insistenza su una concezione dell'uomo e della natura che capovolge la visione umanistica; l'idea della trasmigrazione delle anime. Ma la vera protagonista del dialogo è l'ignoranza, che nelle sue molteplici forme rappresenta il più pericoloso nemico del pensare e dell'agire umani.
"Spaccio de la bestia trionfante" è apparso a Londra nel 1584. Le sue parole chiave sono: giustizia, legge e giudizio, nella prospettiva di una radicale riforma morale e civile, utile e pragmatica, che implica nel contempo un profondo rinnovamento interiore dell'uomo. La conquista di una rinnovata umanità comporta lo spaccio (l'espulsione) dei vizi/bestie che infestano l'animo umano, rappresentati nell'opera attraverso la personificazione delle costellazioni celesti, tramite cioè quelle figure mitologiche che sin dall'antichità erano assurte a simboli di specifici tratti caratteriali. Questa edizione offre al lettore il testo italiano curato da Canone mediante una collazione del testo critico con diversi esemplari della cinquecentina.