Scritta a Betlemme da san Gerolamo nel 393, l'opera rappresenta il primo tentativo di una biografia letteraria degli scrittori cristiani antichi e comprende 135 brevi vite di "uomini illustri", greci e latini, che si distinsero particolarmente per i loro studi biblici e letterari. Nonostante i limiti e le disuguaglianze tra le biografie letterarie, spesso condizionate dalla forte personalità dell'autore, De viris illustribus ha avuto una straordinaria diffusione nel corso dei secoli. L'edizione critica del testo prende in esame anche nuovi codici e la tradizione indiretta.
Pur essendo nato da una vivace polemica antipagana, il "De viris illustribus" di Gerolamo, composto a Betlemme nella primavera del 393, rappresenta il primo tentativo di una biografia letteraria degli scrittori cristiani antichi. Modellata sull'analoga opera di Svetonio, essa comprende centotrentacinque brevi vite di "uomini illustri", greci e latini, che si distinsero in modo particolare negli studi biblici e letterari. Ancor più di Origene, di cui era appassionato estimatore, Gerolamo è uno dei pochi scrittori cristiani ai quali la conoscenza della lingua latina, greca ed ebraica ha permesso di cogliere ed esprimere in modo efficace i vari e complessi aspetti della nuova cultura. Nonostante i limiti e le disuguaglianze delle biografie letterarie, spesso condizionate dalla forte personalità dell'autore, il "De viris illustribus" ha avuto una straordinaria diffusione nel corso dei secoli attraverso un'ampia tradizione manoscritta e un considerevole numero di imitatori. Premessa di Umberto Rapallo.
L'omelia "Sul Natale del salvatore nostro Gesù Cristo", censita anche con il titolo "Sul Natale di Cristo", è un testo molto conosciuto nell'antichità, tanto che se ne conserva una versione in armeno e altre in arabo, siriaco, georgiano e paleoslavo. Fin dalle prime parole, il testo mette al centro il tema che l'attraversa per intero: il mistero che avvolge la nascita divino-umana di Gesù in relazione al cosa, al come e al perché. «Osservo un mistero strano e paradossale: le mie orecchie risuonano del canto dei pastori che con la zampogna non modulano una melodia solitaria ma intonano un inno celeste. Gli angeli cantano, gli arcangeli celebrano, i cherubini inneggiano, i serafini rendono gloria, tutti fanno festa vedendo Dio in terra e l'uomo nei cieli». Dio che si fa uomo e il parto della Vergine aprono conflitti nella mente umana, suscitano aporie, possono condurre allo scetticismo e al rifiuto. Un conflitto tra ragione e fede che richiede di «non indagare con discorsi» quella nascita, quanto piuttosto di venerarla in silenzio.
Il Cantico spirituale del grande mistico spagnolo (1542-1591) - fondatore dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi, santo e dottore della Chiesa, considerato uno dei maggiori poeti in lingua spagnola - nasce come poesia nel carcere di Toledo, dove furono composte le prime 31 strofe, mentre le restanti (32-40) con il relativo commento dell'opera sono il lavoro svolto a Granada.
Il Cantico non viene composto come opera dottrinale, ma è, prima di tutto, un canto d'amore sgorgato nello spazio dell'orrore della prigionia, che narra l'esperienza dell'unione trasformante tra Dio e Giovanni a partire dall'interscambio dell'amore. Esso rappresenta l'icona più bella dell'uomo Giovanni della Croce, non solo perché riflette la bellezza della sua capacità di amare e di lasciarsi amare, richiamando l'esperienza biblica del Cantico dei cantici, ma anche per il fatto che comunica un clima positivo, rispetto a quello della Salita e della Notte, facendo trasparire che l'uomo mistico è uomo felice perché innamorato.
La specificità della traduzione di Luisito Bianchi sta nell'estrema fedeltà al pensiero dell'autore, ma soprattutto nello sforzo di aderenza al suo stile (rispetto dell'andamento sintattico, con tutte le subordinate, gli incisi, le ripetizioni, le riprese del pensiero).
Sommario
Nota preliminare (L. Bianchi). CANTICO SPIRITUALE. Prologo. Strofe tra l'anima e lo sposo. Argomento. Commento delle strofe d'amore fra la sposa e lo sposo Cristo. Giovanni della Croce (1542-1591). Notizia storica e letteraria.
Note sul traduttore
LUISITO BIANCHI è nato a Vescovato (CR) ed è sacerdote dal 1950. È stato insegnante e traduttore, prete-operaio e inserviente d'ospedale. Attualmente svolge funzione di cappellano presso il monastero benedettino di Viboldone, nel comune di San Giuliano Milanese (MI).
Descrizione dell'opera
La principale fonte di cui si dispone per la conoscenza della vita di san Benedetto è il II Libro dei Dialoghi di Gregorio Magno. Un grande maestro, quale Adalbert de Vogüé, già curatore dell'edizione dei Dialoghi per la collana francese «Sources Chétiennes», aiuta il lettore anche non specialista ad affrontare questo testo problematico. E lo si può definire tale sia in quanto "fonte unica", sia per l'andamento fortemente agiografico e i conseguenti interrogativi di ordine storico che ne scaturiscono, sia per le caratteristiche interne di stile.
«Confrontare: proprio questa è la risorsa del nostro metodo esplicativo. Il testo di Gregorio, accostato a un altro passo della stessa Vita, o di qualche opera simile, s'illumina mettendolo a confronto. Allora, nella stessa Vita di Benedetto, l'episodio studiato svela il suo significato e la sua funzione propria. Per contrasto, attraverso la Vita di un altro eroe, si vede apparire la fisionomia particolare del nostro santo e la maniera originale della sua biografia» (dalla Prefazione).
De Vogüé invita poi il lettore a non preoccuparsi di discernere tra loro eventi della realtà e prodotti dell'immaginazione umana, ma a porsi di fronte al testo con la domanda giusta, che non è «è vero questo?», ma piuttosto «che cosa vuol dire?». Solo così si potrà giungere a comprenderne il vero messaggio, cioè che Benedetto è davvero conforme all'immagine di santo descritta dalla Bibbia e dall'agiografia.
Sommario
Prefazione (A. de Vogüé). Bibliografia. 1. La conversione e il primo miracolo. Commento. II. L'eremita perduto e ritrovato. Commento. III. La tentazione del deserto. Commento. IV. La tentazione in mezzo agli uomini. Commento. V. I quattro miracoli di Subiaco. Commento. VI. Vittoria sull'odio: un coronamento. Commento. VII. La lotta con Satana. Commento. VIII. Il carisma di profezia. Commento. IX. Le profezie.. Commento. X. I tre ultimi miracoli del profeta. Commento. XI. I tre primi miracoli di potenza. Commento. XII. Al cuore dei segni di potenza. Commento. XIII. Potere e preghiera: una tesi, due esempi. Commento. XIV. Benedetto e Scolastica: ultimo miracolo, prima visione. Commento. XVI. La morte, la gloria e l'oltretomba. Commento.
Note sul curatore
Adalbert De Vogüé (1924) è monaco benedettino nell'abbazia Sainte-Marie de la Pierre-qui-Vire (Francia). Massimo studioso della Regula Magistri e della Regula Benedicti, ha dedicato la sua ricerca agli autori, alla dottrina e alle istituzioni dei primi secoli del monachesimo cristiano. Per molti anni è stato professore di teologia monastica presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo (Roma). Tra le sue opere in italiano: La Regola di S. Benedetto. Commento dottrinale e spirituale, Abbazia di Praglia 1988; Il monachesimo prima di S. Benedetto, Abbazia S. Benedetto di Seregno 1999; S. Benedetto uomo di Dio, Cinisello Balsamo 1999. Presso le EDB ha pubblicato Sguardi sul monachesimo (2006).
Grazie anche al ricco patrimonio letterario che ci ha lasciato, Leone Magno è uno dei Padri della Chiesa la cui voce è risuonata ininterrottamente nei secoli della storia cristiana. La dottrina, l’azione pastorale e la personalità di questo papa sono testimoniate soprattutto dai 98 sermoni pronunciati a Roma durante il pontificato (440-461), in occasione di varie ricorrenze liturgiche. "Biblioteca patristica" offre per la prima volta al lettore italiano l’intera raccolta, di cui sono già stati pubblicati I sermoni del ciclo natalizio (1998) e I sermoni quaresimali e sulle collette (1999). I 21 sermoni pasquali – l’insieme dei sermoni pronunciati nell’arco della settimana santa – si mostrano particolarmente indicati per osservare gli elementi che caratterizzano la predicazione di Leone, sia nel metodo che nel contenuto. Quanto al metodo, esso può essere rintracciato e compreso all’interno del triplice principio del reiterare, comprendere, sentire, che emerge a più livelli e ripetutamente nei sermoni. Circa il contenuto, il papa del concilio di Calcedonia affronta qui i nodi più complessi della dottrina cristologica: le invocazioni che Gesù rivolge al Padre nell’orto degli ulivi e sulla croce rappresentano un elemento centrale dell’elaborazione teologica che porterà alla definizione della perfetta natura umana e perfetta natura divina sussistenti nell’unica persona di Cristo.
L’introduzione critica e la costituzione del testo sono di Elio Montanari, mentre a Elena Cavalcanti si devono l’introduzione, la traduzione e il commento.
Note sui curatori
Elio Montanari è professore di Filologia classica all’Università degli Studi di Firenze.
Elena Cavalcanti è ordinario di Letteratura cristiana antica presso l’Università di Roma Tre.
Il volume raccoglie i diciannove sermoni del ciclo natalizio, che celebrano le solennità del Natale e dell'Epifania. In un tempo di grandi eresie (arianesimo, nestorianesimo, monofisismo), il grande pontefice spiega con solenne ed elegante chiarezza all'assemblea dei fedeli gli aspetti essenziali dell'Incarnazione: la reale compresenza delle due nature - umana e divina - nell'unica persona del Verbo.