Quando parliamo di omosessualità, di cosa stiamo parlando? La risposta parrebbe scontata, ma non è così. Spesso non è così nemmeno per colui che, come seminarista o come prete che si interroga sul proprio orientamento sessuale, vive in una condizione che, non di rado, non sa decifrare o ritiene di non riuscire ad affrontare. Confrontarsi, poi, dentro e fuori la Chiesa, è reso oltremodo difficile da un dibattito che oggi, frequentemente, scade nel conflitto e finisce per creare opposti schieramenti. Il fatto di riconoscersi in uno schieramento, apparentemente mette ordine; paradossalmente può condurre a maggiore confusione e disorientamento. Accade così ogniqualvolta si intende rinchiudere l'umanità di una persona - dunque pure la sua ricchezza e il suo carisma - negli spazi angusti delle «etichette». Siano quelle che siano. Il testo intende procedere in un senso interpretativo e non riduttivamente diagnostico. L'orientamento sessuale non può essere esaminato alla stregua di un tratto isolato della personalità, ma va compreso all'interno di un sistema i cui attori sono la persona, ma pure il suo contesto. La sua valutazione in una prospettiva vocazionale, perciò, non può prescindere dalla valutazione del bene evangelico che la persona nel suo contesto è condotta a esprimere. Prefazione di Luca Bressan.
Maturo è meglio di immaturo. Sembra un'affermazione ovvia e comunque necessaria se applicata all'umanità di un prete. Nel concreto, tuttavia, parlare di maturità comporta almeno un problema: non si sa bene in che cosa esattamente consista. Nel senso comune, il termine viene associato alla corrispondenza fra età anagrafica ed età psicologica: può ritenersi matura una persona che si comporta secondo i modi propri dell'età che ha, definizione che coinvolge anche aspetti culturali e solleva interrogativi sul peso della "normalità" e delle convenzioni sociali. Il Vangelo non chiede ai cristiani la maturità, ma la santità. E non si tratta della stessa cosa se anche tra gli apostoli e i molti santi di ieri e di oggi non sono mancate figure dalla psicologia "bizzarra" e tuttavia capaci di offrire con la loro vita un bagliore della perfezione evangelica. Gesù, oltretutto, ha espressamente e insistentemente rivolto l'invito a diventare come bambini. Slogan ad effetto oppure richiesta reale, ma non scontata, di allargare gli spazi della propria immaturità così da renderli luoghi dello Spirito? Ma in che modo? Un sacerdote-psicologo suggerisce alcune risposte, indagando luoghi di possibile immaturità che fanno parte della vita di un prete: la preghiera, la tentazione, l'inquietudine, la visione, la perversione, la bellezza, la trasgressione, l'appartenenza, la solitudine, la presidenza.
Descrizione dell'opera
Coloro che operano nel concreto della pratica pastorale, dall’accompagnamento alla direzione spirituale, dalla confessione alla semplice chiacchierata sul piazzale della chiesa, non avendo competenze specifiche di psicologia chiedono con insistenza strumenti per poter svolgere in maniera adeguata il loro impegnativo compito. Il dibattito sul rapporto della teologia con le cosiddette scienze umane sembra viceversa piuttosto concentrato sulla delimitazione dei saperi, al fine di evitare indebite commistioni.
L’autore rileva tuttavia che, di fatto, nella vita psicologia e spiritualità vengono consegnate insieme, nell’esperienza unica, originale, di ogni singolo credente. Egli procede in maniera induttiva, mostrando come sia decisivo ricorrere agli strumenti offerti dalle diverse teorie, segnalando allo stesso tempo le loro insufficienze di fronte alla complessità della realtà. Il suo scritto prende le mosse dall’unità del credente, mettendo a fuoco il rapporto «uno a uno», senza entrare per questo in contraddizione con gli apporti di un approccio allargato.
Sommario
Prefazione (L. Bressan). Introduzione. I. Psicologia e pastorale. 1. Oltre le parole. 2. Spiritualismo e psicologismo. 3. Alcune questioni fondamentali. II. La personalità. 4. Dentro una situazione. 5. I meccanismi della difesa. 6. La psicodinamica. III. La relazione. 7. Limiti e risorse di una prospettiva psicologico-individuale. 8. Le prime fasi dello sviluppo: alcune implicazioni. 9. Indicazioni per la relazione pastorale. IV. L’intervento. 10. Intersoggettività e sviluppo. 11. Intuizione vocazionale e accompagnamento. Riferimenti bibliografici.
Note sull'autore
Stefano Guarinelli, nato a Milano nel 1960, si è laureato in ingegneria presso il Politecnico di Milano. Ordinato sacerdote nel 1993, si è licenziato in psicologia e in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma e specializzato in psicoterapia presso la Scuola Adleriana di Torino. Insegna psicologia pastorale presso il seminario di Milano, psicologia dello sviluppo presso l’Istituto Superiore per Formatori, psicopatologia presso la Escuela de Formadores di Salamanca. È responsabile dell’équipe di consulenza psicologica del seminario di Milano. Ha curato, con A. Manenti e H. Zollner, il volume Persona e Formazione. Riflessioni per la pratica educativa e psicoterapeutica (EDB, Bologna 2007); è coordinatore di redazione della rivista Tredimensioni. Psicologia, spiritualità, formazione (Àncora).
Da diversi anni il Seminario di Milano ha inserito nella propria proposta formativa una serie di lezioni sul celibato aventi come destinatari, in particolar modo, i seminaristi del secondo anno di Teologia. Obiettivo delle lezioni è quello di mettere a fuoco le molte questioni connesse con il celibato a livello ecclesiologico e teologico-spirituale. Solo da alcuni anni si è focalizzato in modo più sistematico anche l'aspetto psicologico. Il presente volume ha a cuore i problemi di questa sfera umano-affettiva e raccoglie testimonianze, domande, preoccupazioni, perplessità di cui, negli anni di insegnamento, l'autore è venuto a conoscenza direttamente dai seminaristi. Non si tratta, però, di un saggio sui problemi del celibato o sui problemi nel celibato. Il volume intende seguire un percorso diverso, trattare cioè il celibato nella sua concretezza e cercare di rispondere a molte domande.
L’obiettivo di questo lavoro è quello di andare ad indagare in che modo i tre consigli evangelici (povertà, castità, obbedienza) interagiscono con l’identità personale del religioso o della religiosa.
La nostra personalità è un “guazzabuglio di tratti”, ma l’identità non pretende di mettere ordine, ma di dare armonia:
“Il dono di se stessi in una scelta di vita all’insegna dei tre consigli evangelici si armonizza in qualcosa di simile a un bel canto, se a cantare è realmente tutta la persona”.